giovedì 2 ottobre 2008

COSA SUCCEDE SENZA IL "PIANO PAULSON"

Si difende il mercato, e le libertà che esso comporta, meglio se si interviene, a spese dei contribuenti, a sostegno di chi è stato temerario? O se , temendo l’”azzardo morale” – ossia che meditato sulla sanatoria altri terranno comportamenti iper-rischiosi – lo si lascia andare a fondo senza lanciargli un salvagente?
Questo è l’interrogativo principale che abbiamo davanti a noi. Non lo hanno unicamente gli americani , il cui Congresso dovrà, nei prossimi giorni, esaminare una versione modificata del “piano Paulson” (dal nome del Segretario al Tesoro in carica). Lo hanno anche gli europei che si baloccano con comitati di crisi mentre la bufera (che per mesi si diceva non avrebbe attraversato l’Atlantico e soprattutto la Manica) è già arrivata e messo in stato di allarme un numero crescente di istituti. In altra sede, ho spiegato il piano Paulson non deve essere letto come un intervento keynesiano ma come una misura per cercare di individuare l’elemento centrale per il funzionamento del mercato finanziario (in seguito alla crisi del subprime): quale è il “fair market value” (il valore appropriato di mercato) delle varie categorie di titoli strutturati nei forzieri e nei cassetti delle istituzioni finanziarie, delle imprese, dei molti enti locali e delle famiglie. Il metodo è quello del Buon Samaritano che acquista titoli considerati in varia misura inquinati da “subprime” sino a quando non si scoprirà quale è il prezzo che per ciascuna categoria (delle molte in circolare in questi ultimi anni) a cui domanda ed offerta si incontrano. Metodi analoghi (in misura ovviamente più limitata perché più circoscritti erano i problemi) ai tempi della crisi latino-americana (fine Anni 80) e di quella asiatica (fine Anni 90). Alla proposta “di mercato” e per “il mercato” si contrapponeva, però, un aspetto: nel disegno di legge bocciato dal Congresso si attribuivano al Segretario al Tesoro poteri da “dittatore benevole” – un Buon Samaritano che può fare il bello ed il cattivo tempo ed in effetti sospende, per un periodo più o meno lungo, il mercato (plurale e leale per definizione) per decidere quali titoli comprare ed a che prezzo. Una misura giustamente discutibile e che ha innescato l’opposizione del Congresso.
Ho la fortuna di conoscere Peter L. Bernstein, ottantenne direttore, e fondatore, del periodo Economic & Portfolio Strategy , a lungo docente a Harvard e creatore di uno dei maggiori fondi pensione degli Usa (e del mondo intero): quello degli insegnanti, Gestisce la sua piccola, ma prospera, società di consulenza da un appartamento di due stanze al Rockfeller Center. Ha idee molto chiare su come rispondere all’interrogativo posto all’inizio di questa nota: “I salvataggio spesso avvantaggiano chi non se lo merita , ma le conseguenze di un’epidemia di debiti inesigibili (quale quella che si è scatenata – n.d.r.) sono molto più gravi – devastano i creditori e possono essere la miccia per una conflagrazione tale da mettere a fuoco intere strutture economiche con danni pesanti per tutti”. E l’”azzardo morale”? “Occupiamocene dopo avere spento l’incendio soprattutto in quanto preservare il sistema economico in cui viviamo deve avere la più alta priorità”.
Gli economisti non sono bravi tanto quanto i militari (e le spie) a delineare scenari controfattuali. Peter L. Berstein ricorda di avere smesso di insegnare a tempo pieno nel 1951, quando gran parte dei lettori de L’Occidentale non erano ancora nati. Con pochi tratti, però, ha dipinto quale sono le prospettive di fronte a noi se non si finanzia un piano tanto ampio da andare nelle fogne dei tutoli strutturati con vari elementi di subprime per capirne quanto valgono oggi e quale è il loro potenziale di valere di più (o di meno) domani e dopodomani. Per farlo si incorre in una forte dose di “azzardo morale” e si deve pagare un prezzo elevato, poiché l’operazione è costosa, anzi costosissima. Marc Blondel, leader di Force Ouvrière (il sindacato anti-comunista francese), a chi gli evidenziava quanto sono alti i costi dell’istruzione, rispondeva come comunque l’ignoranza è ancora più cara. Per l’area dell’euro, si tratta probabilmente di ripensare il patto di stabilità. L’ignoranza che causa epidemie ha costi verosimilmente più alti. Con buona pace della Commissione Europea e della Bce.

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