lunedì 13 ottobre 2008

LE BASI PER LA ROMA TECNOLOGICA CI SONO:BASTA UTILIZZARLE Il Tempo 13 ottobre

Negli ultimi giorni due news importanti hanno avuto meno spazio di quello che meritano sulla stampa, non solamente romana. Soprattutto, nessun collega economista (neanche quelli specializzati in politica industriale ed in economia dell’innovazione) paiono averne visto la connessione. La prima, in ordine di tempo, è l’inchiesta pubblicata all’inizio del mese da un quotidiano economico sull’organizzazione territoriale del Cnr. La seconda - sui giornali nazionali e romani del 9 ottobre- è la nuova squadra che si accinge a guidare l’Unione industriali di Roma (Uir). L’inchiesta documenta come Roma abbia un tessuto di ricerca (e di innovazione tecnologica) importante – per la ricerca pubblica il più importante d’Italia in termini di personale, di risorse finanziarie e soprattutto di cervelli. L’inchiesta giornalistica è necessariamente incompleta; ai dati sui centri del Cnr, occorre aggiungere le risorse a disposizione d’istituti di ricerca che non fanno parte del Cnr, nonché quelle delle università (sia statali sia private). Il Comune dovrebbe metterli sul proprio sito, al posto di quelli su tante notti bianche e rosse che vi hanno trovato posto. Dall’inchiesta si ricava un quadro drasticamente differente di quello del “modello Roma” perseguito negli ultimi tre lustri (scassando, secondo la Ragioneria Generale dello Stato, i conti): una Roma Disneyland – spesso degradata a una Roma suk. Unicamente il Cnr dispone di circa 4500 ricercatori, 700 borsisti e oltre 1000 assegnisti , in gran misura impegnati in ricerche nei campi della medicina innovativa, dell’alimentazione e dell’energia. I numeri diventano almeno il doppio tenendo conto della ricerca al di fuori della rete Cnr. Un panel di valutatori stranieri (quindi non necessariamente appartenenti alle nostre beghe di bottega) controlla la qualità del lavoro. Che non si sia alle prese con manipoli di Eta Beta (per restare al “modello” da cartoni animati perseguito per tre lustri circa) alla ricerca di farfalle è dimostrato dai successi dell’export romano specialmente in farmaceutica ed in chimica documentato da Il Tempo due settimane fa. Occorre aggiungere le punte di eccellenza ottenute dalla ricerca romana in materia di diagnostica, campo sempre più importante per spostare la politica della salute verso la prevenzione , come in tutti i Paesi davvero moderni. Infine, la specificità romana in materia di beni culturali (qualcosa molto differente dall’effimero) è valorizzata dal polo di ricerca lungo l’asse Momtelibretti-Monterotondo.
I rapporti del mondo romano della ricerca con il sistema produttivo – lo ha sottolineato Alberto Quadro Curzio, che guida la Facoltà d’Economia non di uno degli atenei della capitale ma di uno milanese – ci sono già. Vanno rilanciati, potenziati. La nuova squadra alla guida dell’Uir –in gran misura giovane e proveniente dall’alta tecnologia – ha tutte le carte per farlo. Con gli oneri che competono a chi le gioca. Per dare una svolta effettiva all’economia ed allo sviluppo della capitale.

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