L’azione congiunta degli Stati Uniti, del Canada, dei Paesi del Pacifico meridionale e soprattutto dell’Ue hanno tonificato i mercati. Almeno nel breve periodo. Ciò non vuole dire, però, né che la crisi finanziaria sia stata superata né che sono stati risolti i problemi alla sua radice. Ciò non significa neanche che non ci saranno forti alti e bassi nelle prossime settimane. Victor Ricciardi, forse uno dei maggiori specialisti di “beharvioural finance” (la scuola che analizza i comportamenti di chi fa finanza) dedica un capitolo del secondo volume del Manuale di Finanza (a cura di Frank Fabozzi) appena pubblicato da John Wiley & Sons (pp.85-111) alla “psicologia del rischio finanziario”: l’analisi contiene una ricca rassegna della letteratura fiorente dalla metà degli Anni 70. L’impressione che si trae della rassegna è un parallelo tra la psicologia del rischio (finanziario) ed un fiume carsico – sparisce per riaffiorare soprattutto in una fase come l’attuale in cui si parla di nuove regole e di nuove prassi. Più positivo, per il medio periodo, un altro leader della finanza comportamentale, Lennart Erixon; in un saggio, in uno degli ultimi fascicoli, del Cambridge Journal of Economics (Vol. 31, n. 3 pp. 327-348) sottolinea come “anche i tempi infausti sono buoni perché spingono alla trasformazione” (di regole e prassi). Ma la trasformazione richiede tempo (e non è affatto facile). In questa fase è specialmente difficile fare scelte in materia di portafoglio: anche chi cautelativamente mente si tiene distante dall’azionario, è solo limitatamente attratto da “corporate bonds” sino a poche settimane di pregio ma che adesso si trattano a prezzi molto bassi. Neanche un comparto con un sottostante di pregio - il meglio dei quartieri residenziali di Parigi- attira più (lo documenta un saggio sul “Journal of Real Estate Finance and Economics” Vol. 37, N. 3, 2008)
Un’interessante analisi (ma non citata, nonostante la sua attualità, da nessun quotidiano o periodico italiano) è stata condotta da un team delle Università di Salerno, Napoli (Federico II) e Venezia (Cà Foscari) sul grado d’abilità cognitive, e di cultura finanziaria, nel costruire un portafoglio in una fase come questa. L’analisi (University of Venice Working Paper N. 19/WP/”008) esamina, in base a dati europei, lo stock di ricchezza e le scelte di portafoglio dei cinquantenni in 11 Paesi dell’Ue : quelle migliori sono di coloro con un alto grado di istruzione ed in particolare con il bernoccolo per la matematica. Se questa conclusione appare scontata – nessuna regolazione più difendere il selfmade home trader che opera in Borsa guardando con un occhio un canale televisivo finanziario e con l’altro la pentola dove bolle la pasta – e in aggiunta cullando tra le braccia il pargolo che strilla perché la poppata è in ritardo- , è meno prevedibile ciò che si apprende (e che può essere per la regolazione del futuro) da un lavoro di economisti della Bocconi pubblicato nel numero di luglio di “Corporate Governance- An International Review” (Vol. 16, Issue 4, pp. 312-325). L’analisi – si badi bene –non riguarda il settore finanziario ma la regolazione delle s.p.a in generale ; è stata pubblicata in luglio, quindi redatta diversi mesi prima di allora, ed utilizzando i dati 2000-2003. Soffermiamoci sulla sezione relative alla performance finanziaria: esaminate sulla base dei consuntivi, le imprese “familistiche” italiane (anche le maggiori) sembrano andare meglio delle public companies ad azionariato diffuso in quel mercato anglosassone che aveva fama di essere così ben regolamentato. A conclusioni non differenti giunge un lavoro del servizio studi della Banca centrale spagnola (Banco de Espaňa Working Paper n. 0820) in cui si analizza la posizione finanziaria e le decisioni in materia di investimenti di 120.000 aziende (non finanziarie) in sei Paesi Ue (Belgio, Germania, Francia, Italia e Paesi Bassi).
Queste citazioni non sono leccornie per ostentare erudizione ma mostrano come il dibattito sulla nuova era di regolazione poggi su basi fragili. Negli Usa è diventato molto intenso in questa fase di campagna elettorale. Ambedue i canditati alla Casa Bianca spingono per un’ondata di nuove regole tanto sulla “grande finanza” quanto su quella al dettaglio (carte di credito, aziende di contabilità e fatturazione). Robert Litan
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