mercoledì 27 maggio 2015

VERSO UN SISTEMA PREVIDENZIALE ‘EUROPEO’ in Formiche mensile giugno



VERSO UN SISTEMA PREVIDENZIALE ‘EUROPEO’
Giuseppe Pennisi
Si può rimettere mano al sistema previdenziale tenendo specialmente in conto le esigenze delle giovani generazioni? Il tema, centrale a questo seminario, è anche una chiave per la sopravvivenza dell’unione monetaria e della stessa Unione Europea (UE). Infatti, l’unione monetaria è stata concepita come un percorso a tappe obbligate per giungere a quella che gli economisti chiamano un’‘area valutaria ottimale’, caratterizzata da effettiva mobilità dei fattori di produzione (capitale e lavoro), oltre che di beni e servizi. Anche ove si superassero difficoltà linguiste e culturali, tale effettiva mobilità è impedita, per il lavoro, - ora che si sono superate quelli attinenti strettamente al diritto del lavoro--  a sistemi previdenziali profondamente differenti in termini di accesso, livello, ed amministrazioni delle prestazioni (per non citare che gli aspetti più salienti). Sono il frutto di percorsi storici e sistemi di sicurezza sociale molto diversi. Esiste è vero una rete (o meglio una ragnatela od un labirinto) di accordi bilaterali per le pensioni ‘statali’ o comunque pubbliche ed una direttiva europea per facilitarne in attuazione. Tuttavia se un lavoratore dell’UE in caso di difficoltà di occupazione , per la sua professione. in uno Stato dell’UE e richiesta , invece, n altro, si spostasse dove c’è domanda (come avviene , ad esempio, negli Stati Uniti) subirebbe molto probabilmente una perdita secca (ed anche forte) in termini di tutela previdenziale. Quindi, la sua mobilità verrebbe frenata. Con un costo, in termini di occupazione e reddito per l’individuo e di produttività, per l’intera UE.
Come uscirne? Da circa dodici anni , la strada è stata tracciata in una conferenza internazionale, organizzata dalla Banca mondiale e dall’istituto di previdenza sociale svedese (nonché con folta ed attiva partecipazione di esperti italiani), e tenuta nell’isola di Sandhamn, nell’arcipelago baltico a circa un’ora di navigazione da Stoccolma.
Il percorso è quello di una graduale convergenza dei vari Stati dell’UE verso quello che, in gergo tecnico viene chiamato un sistema Notional Defined Contribution (NDC), in effetti un sistema contributivo figurativo, modellato su quelli messi in atto da Italia e Svezia, quasi contemporaneamente, pur se distintamente (e senza consultazioni o coordinamento) nella primavera del 1995. E da allora adottato gradualmente da oltre una ventina di Stati, tra cui gran parte dei nuovi aderenti all’UE.
I messaggio principali delle maggiori organizzazioni è che , pure basate sullo NDC, le pensioni statali o comunque pubbliche solo solamente una promessa che non potrà essere soddisfatta se il quadro economico non migliora in misura significativo , sempre in balia di Governi e Parlamenti che guardano a riforme delle pensioni anche (ove non principalmente) per ‘fare cassa’.
Tale promessa, alle prese con un costante ‘rischio politico’, deve essere affiancata da fondi pensione anche essi gradualmente europei, soggetti sì al ‘rischio finanziario’ ma se sufficienti grandi e diversificati in grado di minimizzarlo, Cosa che non possono di fare i 700 lillipuziani fondi pensione nostrani, tra quelli di ‘vecchia’ e quelli di nuova generazione. Per di più, tali fondi andrebbero incoraggiati fiscalmente non penalizzati (come si è fatto di recente) per essere in linea con standard, criteri e direttive europea (una seconda direttiva europea sulla previdenza complementare è in avanzata fase di preparazione).
L’Italia è stato uno dei primi due Stati a mettere in atto un sistema previdenziale NDC. Ha l’opportunità di avere un ruolo importante nella costruzione di un sistema previdenziale NDC europeo se effettua i correttivi necessari per incoraggiare la previdenza privata.
Ovviamente, tenendo, come avviene nel resto del mondo, i conti previdenziali , pubblici o privati, BEN DISTINTI da spese assistenziali per anziani non capienti- che per loro natura devono essere a carico della collettività non di CONTRIBUTI alla previdenza per la tarda età.

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