Pensioni Inps, chi ciurla nel manico della Consulta
13 - 05 - 2015Giuseppe Pennisi
Da quando è iniziato il noir della
Consulta e della previdenza mi sono chiesto chi è Il Terzo Uomo di
questa puntata della saga pensionistica. Vi ricordate il film di Carol Reed da
cui Graham Green, autore della sceneggiatura, trasse un romanzo (uscito
un anno dopo il thriller cinematografico? Joseph Cotten ed Alida Valli sanno
che c’era certamente un “terzo uomo” accanto al carro funebre in cui sarebbe
stata la salma di Orson Wells. L’intero avvincente film riguarda la
ricerca del Terzo Uomo, il personaggio interpretato da Orson Wells
non solo non è stato ucciso come si pensava dopo le prime inquadrature ma sarà
lui ad assassinare il portiere dello stabile in cui abita poiché costui
era l’uomo che sapeva troppo.
Giuliano Cazzola ha messo a nudo il fatto che i tempi e i modi
della comunicazione della sentenza non collimano con la prassi istituzionale
secondo cui subito dopo il termine della Camera di Consiglio se la decisione
presa dalla Corte ha un impatto sui conti pubblici, vengono informati quasi
simultaneamente sia il Quirinale sia Palazzo Chigi. Sono stato direttore generale
di due ministeri; posso aggiungere che in un’occasione mi sono trovato nella
stanza del ministro di settore che veniva informato dalla Presidenza del
Consiglio della informativa informale avuta dalla Consulta.
Quindi, verosimilmente, anche in
questa occasione la telefonata c’è stata o meglio le due telefonate ci sono
state. Perché non se ne è tenuto conto nel predisporre il Documento di Economia
e Finanza? Chi aveva interesse a farlo? Perché, poi, uscita la sentenza i suoi
effetti sono stati mostrati come se avessero l’impatto di uno tsumani sui conti
pubblici? C’è – come nel film di Carol Reed – un Terzo Uomo interessato
a tale bailamme, un bailamme che in dialetto
napoletano verrebbe chiamato fare ammuina.
Come in ogni buon thriller, se non
si hanno prove gli indizi veri arrivano alla fine. Sono giunti l’11 maggio in
un seminario a Napoli organizzato da Alberto Brambilla, uno dei massimi
esperti previdenziali della Repubblica, e confermate il 12 maggio in un
servizio di cronaca de Il Sole 24 Ore. In breve
anche ove la sentenza venisse applicata automaticamente a tutta la platea dei
pensionati (anche a quelli – pochi – chiamati d’oro) al netto delle
imposte il costo sarebbe di 3.5-4.5 miliardi (non i 10-17 miliardi di cui si è
parlato nei giorni scorsi). Una somma che è pari a circa un decimo od un ottavo
di ciò che costerebbe ai conti italiani il default della
Repubblica Ellenica il cui leader viene coperto, ad ogni occasione, da baci ed
abbracci dal nostro.
Se l’impatto non è così
catastrofico, perché, prima, lo si è tenuto segreto e, poi, ci si è rotolati
per terra contro una Corte “cinica e bara”?
Chi conosce i misteri del Palazzo
sussurra che a metà marzo, l’idea, un po’ birba, sarebbe venuta al “giglio
d’oro”, il terzetto con i ricci biondi: fare ammuina sulla
sentenza sarebbe stato un modo furbetto per effettuare una “manovra in
maschera” dando la colpa ai giudici ed ai pensionati. Come ne Il Terzo
Uomo. Nel quale, però, finisce in una tomba nel cimitero
monumentale di Vienna. Mentre Alida Valli scompare – pare verso la
Cecoslovacchia comunista di Klement Gottwald – e Joseph Cotten torna a New
York.
Lo sappiano sia i pensionati sia il
“giglio d’oro”. Sia i cittadini in generale.
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