sabato 30 maggio 2015

Sui germogli di crescita già si addensano nubi internazionali in Avvenire 30 maggio



Sui germogli di crescita già si addensano nubi internazionali
Vale sempre la pena leggere le indicazioni dall’economia internazionale al fine di formulare stime sulla ripresa europea e sulle politiche economiche per incoraggiarla. Il primo indicatore riguarda il commercio mondiale, specialmente per un Continente (e un Paese come l’Italia) la cui crescita ha preso l’abitudine di essere al traino delle esportazioni. L’ultimo Rapporto dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) afferma che nel 2014 l’export mondiale è cresciuto appena del 2,8%. Per il 2015 si prevede un +3,3%, stima già rivista però due volte al ribasso e comunque inferiore a quanto necessario a fare da motore al Pil mondiale. Negli ultimi trent’anni il Pil mondiale è di solito cresciuto a un tasso pari a due terzi quello del commercio. Nel primo trimestre 2015 l’aumento del Pil mondiale ha riportato un tasso annuo appena dell’1,2% a ragione in gran parte del rallentamento negli Stati Uniti (di ieri la brusca frenata del Pil Usa), Cina e Giappone nonché della stagnazione europea. La Fed di Atlanta ha pubblicato una stima ancora meno incoraggiante: nel 2015 il Pil mondiale aumenterebbe meno dell’1% e già adesso la crescita nel secondo trimestre sarebbe appena dello 0,7%. Nel contempo, però, l’occupazione mondiale si sviluppa a un tasso dell’1,5% – più veloce, dunque, di quello del Pil. C’è da stare allegri? Non proprio: la differenza probabilmente rispecchia una contrazione della produttività. Così come avvenne in Italia una diecina di anni fa, quando il tasso di disoccupazione diminuiva e, dopo qualche tempo, ci si accorse di stagnazione e riduzione della produttività. Questi dati possono suggerire che l’economia mondiale è alla soglia di una nuova recessione, con insidie per chi – come l’Italia – ne sta uscendo adesso. Possono anche voler dire che le misure monetarie adottate negli Usa, in Europa e in Giappone stanno facendo sì che si operi quasi a piena capacità: tra breve lo si dovrebbe avvertire nei mercati del lavoro e ne risulterebbero aumenti delle retribuzioni e della domanda interna (che sostituirebbe almeno in parte l’effetto commercio internazionale). Dalle due interpretazioni derivano indicazioni di politica economica differenti – puntare sull’export (anche nel nuovo programma tornaround appena varato dal governo) oppure sulla domanda interna (riaprendo ad esempio la contrattazione per il pubblico impiego, ferma da sei anni).
Giuseppe Pennisi

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