CRISI GRECIA/ Il "gioco del coniglio" che può danneggiare
l'Italia
Pubblicazione: lunedì 11 maggio 2015
David Cameron (Infophoto)
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Ancora una volta, come duecento anni
fa, i greci hanno trovato un amico britannico per tirare via le loro castagne
dal fuoco. Allora fu un vero corpo di spedizione di (litigiosi) britannici, tra
cui il poeta (e non solo) George Gordon Byron che ci rimise la pelle. Corsero
in supporto della guerra d’indipendenza greca (o di liberazione dall’Impero Ottomano
di cui avevano fatto parte per alcuni secoli) nella speranza, o illusione, di
riportare la penisola ai fasti intellettuali (non certo economici) dell’età di
Pericle. Oggi, l’amico britannico è David Cameron, in gran misura,
inconsapevole del supporto che sta dando ad Alexis Tsipras, Yanis Varoufakis e
compagnia cantando, con la sua, in gran parte inattesa, elezione a Primo
Ministro del Regno Unito.
La vittoria Tory è sulla base di un
programma che contempla un referendum dei cittadini della Gran Bretagna sulla
loro permanenza o meno nell’Unione europea o, quanto meno, sulla rinegoziazione
dei trattati che li legano al resto dell’Ue. Nulla di più distante tra il
compassato Cameron, da un lato, e Tsipras, Varoufakis e i loro sodali,
dall’altro. Il primo è nato e cresciuto nella City da ricca famiglia
imparentata con la Corona, ha studiato a Eton e Oxford, a poco più di vent’anni
dirigeva il servizio studi Tory, a 25 era a Downing Street come assistente
dell’allora Premier John Major. Successivamente a capo del movimento giovanile
del Partito Conservatore, “rottamò” la “vecchia guardia” del Partito per non
lasciare a Tony Blair il monopolio della modernizzazione. Molto differente la
formazione di Tsipras e Varoufakis; in un gran misura nelle taverne della Plaka
a bere ouzo e mazbout (caffè turco con, relativamente, poco zucchero), a
discettare sulle contraddizioni del capitalismo. Non hanno mai gestito neanche
ciò che a Roma si chiama una pizzicheria, anche se il secondo, stanco di
tanto concionare, ha lasciato la Patria per andare a studiare nelle Università
di Exeter ed East Anglia ed è approdato a insegnare Econometria alla Lyndon B.
Johnson University of Texas ad Austin, una delle roccaforti accademiche dei
conservatori americani (strani giochi del destino!) da dove provengono numerosi
collaboratori del settimanale degli Stati Uniti The National Review,
definito dagli intellettuali italiani renziani (pochi e dubbiosi) come la
fucina della reazione.
Quali i benefici della vittoria di
Cameron per il Governo greco attualmente in carica? Lo si avverte da qualche
giorno, ma se ne avrà la dimostrazione alla riunione dell’Eurogruppo di oggi,
11 maggio. L’atteggiamento dei “Big” dell’Ue nei confronti della Grecia e dei
suoi debiti è cambiato più rapidamente di quanto si potesse immaginare.
Facciamo un passo indietro. Su
queste pagine abbiamo ricordato come la saga del negoziato sul debito greco, da
quando il Governo di Atene è guidato da Tsipras, si deve leggere con gli
stilemi della teoria dei giochi multipli a più livelli. A cavallo tra la fine
di aprile e l’inizio di maggio, la Grecia, da un lato, e i suoi creditori
“sovrani” (tra cui l’Italia), dall’altro, sono alle prese con il “gioco del
coniglio”. Per illustrarlo, senza ricorrere a equazioni, si ricordi il film del
1955 Gioventù bruciata che lanciò l’intensa ma breve carriera
di James Dean (un lavoro che torna spesso in televisione e che si può vedere in
DVD).
Due diciassettenni, Jim (Dean) e
Buzz fanno una gara per acquisire contemporaneamente “reputazione” e
“popolarità” - oggetti del gioco multiplo a più livelli - di fronte al loro
mondo di riferimento: una corsa automobilistica (su auto rubate) verso un
dirupo. Se uno dei due sterza all’avvicinarsi del burrone, mentre l’altro
avanza e riesce a saltare fuori dall’auto proprio prima che la vettura crolli
nel baratro, il primo fa la figura del coniglio mentre l’altro vince
“reputazione” e “popolarità”. Se entrambi corrono senza gettarsi fuori
dall’auto prima del burrone, moriranno ambedue e “reputazione” e “popolarità”
non serviranno a nulla, quanto meno a loro. Nel “gioco” nessuno dei due
giocatori ha una strategia dominante e vi sono due equilibri potenziali
(“sterza”-”continua dritto” o “continua dritto-sterza”). A ciascuno dei due
giocatori conviene adottare una strategia opposta a quello dell’altro. Se uno
dei due dichiara di “non sterzare” ed è credibile, l’altro verrà costretto a
sterzare per primo per evitare sia il burrone, sia un probabile scontro.
Sia Tsipras che Varoufakis hanno
affermato a gran voce di seguire la strategia “continua dritto-non sterzare”
nella convinzione (giusta o errata che fosse) del timore delle loro controparti
che ove la Grecia fosse precipitata nel burrone ne sarebbero seguiti altri
Stati Ue, con conseguente spappolamento dell’Unione. Le loro controparti
parevano convinte che Tsipras e Varoufakis sarebbero andati a capofitto senza
troppi danni per il resto dell’Ue.
La vittoria di Cameron, e le
prospettive di un referendum britannico sull’Ue, hanno cambiato i termini del
“gioco del coniglio”. Ora, per non finire nel baratro, il resto dell’Ue
potrebbe dover cambiare almeno parte delle proprie regole. Anche perché la Gran
Bretagna ha tessuto una rete di alleanze con numerosi Stati neo-comunitari.
Quindi, fa paura la prospettiva che la Grecia finisca del burrone; se il
referendum britannico lancia un forte messaggio anti-Bruxelles, altri si
accoderebbero e l’Ue o cambierebbe molti aspetti dei suoi connotati (e di
quelli dell’eurozona) o si sfarinerebbe.
Quindi, oggi tutti pronti a dare una
mano a Tsipras e Varoufakis, Come? Facendo proprio quando suggerito daIlSussidiario.net alcuni
mesi fa: effettuare puntualmente i pagamenti dovuti (da Atene) al Fondo
monetario (al mondo qualche certezza deve pur restare) e allungando le scadenze
nei confronti degli altri. Per via Venti Settembre ciò vuol dire un lungo
good-bye a quanto Atene deve al Tesoro italiano, un fardello molto più pesante
di quello derivante dalla sentenza della Corte Costituzionale. Ma sarebbe
“politicamente scorretto” parlarne. Quindi, come diceva Maurice Chevalier nel
capolavoro di René Clair del 1947, le silence est d’or.
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