La
rivoluzione de “Le nozze di Figaro”
16 - 05 - 2015Giuseppe Pennisi
Le Nozze di Figaro di Wolfgang A. Mozart torna al Teatro dell’Opera, se ben ricordo,
dopo dieci anni dall’edizione con la regia di Gigi Proietti, le scene ed
i costumi di Quirino Conti e la direzione musicale di Gianluigi
Gelmetti. Sarebbe dovuto essere un nuovo allestimento per mostrare al
pubblico romano Riccardo Muti alle prese con il repertorio mozartiano. Sappiamo
quello che è successo circa un anno fa alla fondazione, ora in netto rilancio.
Anche per motivi di economia, si vedrà un allestimento di Giorgio Strehler
ora di priorità del Teatro alla Scala dal 21 maggio al 3 giugno.
Il vostro chroniquer ha una certa età e lo vide nel 1976 a
Washington quando i maggiori teatri mondiali portarono nella capitale Usa le
loro migliori produzioni in occasioni del bicentenario dell’Indipendenza
americana. Allora non venne con la compagine della Scala ma con quella
dell’Opéra de Paris e con le indimenticabili Teresa Stratas e Fredirica
von Stade nei ruoli della Contessa e di Cherubino. In effetti, lo
spettacolo era stata concepito per il piccolo teatro di corte di Versailles e,
poi, ampliato per essere adattato al palcoscenico del Palais Garnier prima e de
La Scala poi. Una caratteristica è che le scene di ciascuno dei quattro atti è
ispirato ad un differente colore. Spettacolo bellissimo. Ora forse può sembrare
datata la regia, ma – mi si dice – è stata ritoccata. Allora, negli Anni
Settanta, sembrava echeggiare una lettura della grande commedia per musica
analoga a quelle consuete negli Anni Settanta: in breve, “la folle giornata” è
vista, da un lato, in chiave di lotta di classe e, dall’altro, di esplosione di
eros. La lotta, se non di classe, del terzo stato pre-rivoluzionario è,
d’altronde, centrale alla commedia in 5 atti di Beaumarchais a cui si ispira il
libretto di Lorenzo Da Ponte); nella Vienna del 1786 (anno in cui l’opera ebbe
la prima al Burgtheater); ciò, peraltro causò non poche perplessità (nei
confronti del progetto Da Ponte-Mozart) a Corte dove si esercitava una non
tanto discreta censura.
Al centro de “Le Nozze” di Da Ponte –Mozart c’ è una rivoluzione.
E’ una rivoluzione femminista che, in teatro, precede di 100 anni “Casa di
Bambola” di Henrik Ibsen e di 150 “Candida” di George Bernard Shaw. Una
fanciulla- cameriera, Susanna, ordisce, in combutta con la Contessa di cui è al
servizio, una rete di intrighi in modo che, al termine, della giornata,
ciascuno finisca sotto le lenzuola giuste. Siamo alla fine del Settecento: chi
può immaginare una rivoluzione più copernicana di quella pensata da Lorenzo Da
Ponte e Wolfgang A. Mozart prendendo spunto dalla commedia dell’aristocratico, ed
illuminista, Beaumarchais? All’inizio dell’opera, la mattina di una giornata
qualsiasi, tutti i protagonisti, tranne i due promessi sposi (Figaro e
Susanna), progettano di passare la notte con un partner differente da quello
loro preposto dalle regole e dalle convenzioni.
Nel corso della giornata e serata, tra inganni di ogni genere, due
donne – la Contessa e per l’appunto Susanna – riescono a far sì che ciascuno
finisca nel letto giusto e con la persona giusta. Ponendo al centro della
vicenda le due donne la rivoluzione diventa da politica (come intendeva
Beaumarchais) a universale. In aggiunta, Mozart rivoluziona la musica del
Settecento: abolisce “cavatine” (così care a Rossini, a Donizetti ed anche a
Verdi) ed altre convenzioni settecentesche. Scrive una partitura dal ritmo
incalzante in cui 14 arie si incastrano in ben 14 pezzi d’insieme in oltre tre
ore di musica. Strehler – lo si è detto – lesse l’opera in chiave socialista
inframmezzata con forti accenti erotici, Visconti la interpretò come un apologo
della decadenza borghese, Chundela come un’amara “black comedy”, Beixto (nella
versione in scena alla Komische Oper di Berlino) la vede addirittura come un
pretesto per mettere in scena un po’ di pornografia non tanto “soft”.
Soprattutto in Italia, solo di recente, (ad esempio, nell’edizione curata da
Gigi Proietti, Quirino Conti, e Gianluigi ed in quella allestita nel 2003 da
Gabriele Dolcini per il Lirico Sperimentale di Spoleto, nonché in quella di
Mario Martone e Jeffrey Tate al San Carlo nel 2006), le letture sceniche de “Le
Nozze” sono state scevre e di chiavi ideologiche e di un numero eccessivo di
gags, lazzi e frizzi.
Al centro de “la folle giornata” più che l’arguzia di Susanna, il
tentativo, coronato da successo, della Contessa di riconquistare il Conte (con
il marchingegno che si è riassunto). Il Conte, poi, non è la consueta
caricatura del tombeur de femmes di provincia, ma una complessa personalità,
scavata in profondità, di uomo di potere e di cure (e che nella corte a tutte
le fanciulle del castello cerca uno sfogo di relax.) Il complicato intreccio
(in cui non solo il Conte e la Contessa ma tutti i personaggi hanno una forte
carica di umanità) è immerso in un Settecento melanconico e crepuscolare.
Nella produzione a Roma dal 21 maggio al 6 giugno, concerta Roland
Böer, giovane e brillante direttore d’orchestra reduce di successi anche alla
Scala. Il cast è anch’esso giovane. Nei ruoli principali, include Alessandro
Luogo (Conte), Eleonora Buratto (Contessa), Markus Werba (Figaro), Rosa Feola
(Susanna), Michaela Sellinger (Cherubino), Isabelle de Paoli (Marcellina),
Carlo Lepore (Bartolo) e Matteo Falcier (Basilio).
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