Un’altra tegola incombe: a rischio il
'contributo' chiesto dal governo Letta
Quando a dicembre 2011 era in preparazione il
'Salva-Italia', con relativo blocco della perequazione sulle pensioni, furono
non pochi esperti ad avvertire che si rischiava una sentenza (totale o
parziale) negativa da parte della Corte Costituzionale, che già ben due volte
in passato ha censurato i 'contributi di solidarietà' sugli assegni
previdenziali, a partire da quello deciso dal governo Berlusconi. Ora che la
bocciatura è arrivata, ecco che già all’orizzonte se ne profila una seconda. E
nel mirino c’è di nuovo un contributo di solidarietà, quello 'riproposto' nel
2013 da Letta. Il verdetto starebbe per arrivare in giugno e produrrebbe un
ulteriore costo aggiuntivo, per circa 2-3 miliardi. Anche se una tesi (peraltro
condivisa da pochi giuristi) sostiene che, al contrario, questa volta il contributo
sarebbe giudicato 'legittimo', in quanto i fondi resterebbero dentro il pianeta
Inps (gli incassi sono destinati a favorire le pensioni dei più deboli).
Ad essersi espresse, in punto di diritto, sono
le Corti dei Conti della Calabria, del Lazio, dell’Emilia-Romagna, del Veneto
(nonché di altre Regioni). A fronte di ricorsi a loro rivolti da associazioni
di pensionati, hanno replicato che si tratta di misure già dichiarate
incostituzionali da parte della Consulta: violerebbero ben 8 articoli (3, 4,
35, 38, 53, 81, 96 e 137) della Costituzione. Non solo, la Corte dei Conti
aggiunge che le misure contrastano anche con 5 articoli della Convenzione
europea sui Diritti dell’uomo e che in materia la Corte di Strasburgo ha già
'sentenziato' nel 2013. Il nodo di fondo è che un’'imposta' - perché tale è da
fatto un contributo - sui soli pensionati è discriminatoria. In caso di
difficoltà a far quadrare i conti, sarebbe logica e legittima soltanto
un’addizionale, temporanea e progressiva, che colpisse tutti i redditi. Come
fatto in numerosi Paesi Ocse. Peraltro il tema della previdenza si va sempre
più 'europeizzando'. Nella Ue è infatti in fase di avanzata redazione una
'direttiva' per uniformare in qualche modo i sistemi previdenziali e rendere
più agevole la libera circolazione dei lavoratori (ora la totalizzazione dei
versamenti in vari Paesi Ue è basata su una rete di accordi bilaterali). Una
nuova condanna dalla Consulta renderebbe ancor più difficile, per l’Italia,
incidere 'politicamente' sui contenuti di questa direttiva.
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