Il caso.
Voci di un altro salvataggio da 50 miliardi
Atene deve all’Italia tra i 30 ed i
40 miliardi: ciò equivale a dieci volte circa l’impatto (al netto delle
imposte) sui conti pubblici, della sentenza della Corte Costituzionale sulle
pensioni
Anche se un bonifico di 757 milioni di euro è
partito dal Tesoro greco (grazie all’apporto di enti locali e di depositi di
istituti di credito) per il Fondo monetario internazionale (evitando il temuto
default), le cifre fanno accapponare in ogni caso la pelle: entro metà luglio
Atene dovrà trasferire al Fondo altri 3 miliardi di euro e farsi rifinanziare
11 miliardi in scadenza, nonché inviare alla Banca centrale europea 6,7
miliardi di euro. Se le casse sono vuote, il pagamento di stipendi e pensioni è
a rischio, con la prospettiva di nuovi disordini sociali. Gli altri creditori
di Atene – lo si mormorava nei corridoi della riunione dell’Eurogruppo – hanno
ingoiato la pillola di accettare una dilazione dei pagamenti (e forse anche una
riduzione). Fmi e Bce, invece, non possono ritardare e tanto meno ridurre i
pagamenti a loro dovuti a ragione della 'sa- cralità' delle istituzioni
finanziarie internazionali: si tratta infatti di creditori privilegiatissimi
che devono costantemente avere la fiducia dei mercati e collocare,
nell’interesse di tutti, le loro obbligazioni. In questo quadro, discettare su
un eventuale referendum greco sull’euro è un’inutile distrazione. Il nodo è
come fare fronte alla scadenze e inoltre trovare capitali stranieri (molti di
quelli greci sono in fuga) per riattivare l’economia. Secondo stime elaborate
da diversi centri studi americani, sarebbe necessario entro l’estate un nuovo
salvataggio. Di ben 50 miliardi di euro.
Nessun vuole scottarsi ancora una volta le
dita. Allo stesso tempo, però, nessuno vuole che la Grecia vada a picco. Non lo
vogliono neanche gli USA, in quanto temono sia lo spappolamento dell’eurozona
sia una liaisons dangereuses tra Atene e Mosca.
Si sta affacciando una nuova strada: varare per
la Grecia un programma analogo a quello che è stato attuato dal 1990 al 2010
con successo per i Paesi più poveri e più indebitati. In breve, parte dei
crediti bilaterali (come quelli dell’Italia) verrebbero non solo dilazionati,
ma anche 'rimessi'. Entrerebbe in gioco la Banca mondiale (che non fa prestiti
dal 1979 alla Grecia a ragione del reddito pro-capite allora raggiunto) con
operazioni a lungo termine (25 anni) per rimborsare Fmi e Bce e riattivare
investimenti. Un’operazione basata su un programma di politica economica
concordato e monitorato attentamente, nel caso, da una missione Banca mondiale
e Fmi residente ad Atene. La Grecia deve complessivamente all’Italia tra i 30
ed i 40 miliardi: ciò equivale a dieci volte circa l’impatto (al netto delle
imposte) sui conti pubblici, della sentenza della Corte Costituzionale sulla
perequazione delle pensioni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nessun commento:
Posta un commento