CRISI GRECIA/ Il "piano d'emergenza" che non basta per l'Italia
Pubblicazione: lunedì 4 maggio 2015
Infophoto
Approfondisci
NEWS Economia e Finanza
Dobbiamo temere di essere trascinati
da un tracollo della Grecia, ossia un’insolvenza seguita da un’uscita
(volontaria o forzata) dall’unione monetaria con implicazioni sulla stabilità
finanziaria dell’Italia? L’eventuale sfaldarsi dell’eurozona farebbe accanire
la speculazione nei nostri confronti? Lo spread tornerebbe a quota 500,
o anche più, a ragione pure del nuovo “buco” apertosi nei conti pubblici in
seguito a una sentenza della Corte Costituzionale prevedibile (e prevista da
tempo da parte di tutti coloro che si intendono di diritto previdenziale)?
Nell’infuocato fine settimana, le
voci della Banca centrale europea (Bce) e dei suoi accoliti hanno ribadito che
non c’è nulla da temere poiché dal 2009 a oggi è stata costruito un vero e
proprio “muro anti-incendio” (firewall): due pilastri dell’Unione
bancaria europea (il sistema di vigilanza e il meccanismo per risolvere gravi
crisi bancarie e potenziali dissesti), il Quantitative easing per
rilanciare la domanda aggregata, il Piano Juncker per dar vita a un
programma pluriennale di investimenti innovativi, nuove agenzie per monitorare
gli andamenti finanziari.
Quindi, dovremmo dormire tra due
cuscini di fronte alle minacce di Tsipras e Varoufakis di fare come il Sansone
della Bibbia: affermano che l’uscita della Grecia (o la cacciata) comporterebbe
il crollo dell’eurozona o almeno dei paesi meridionali più indebitati. Per tale
motivo, i baci e gli abbracci tra Renzi e Tsipras ostentati ogni volta che le
telecamere ne offrono il destro vorrebbero dire, secondo i greci, che il
Presidente del Consiglio italiano è consapevole che il destino dell’Italia
dipenderebbe, in buona misura, da scelte effettuate ad Atene.
Come spesso avviene, lo scenario più
probabile sta a metà strada. Inutile, dannoso, dare eccessiva retta agli
smargiassi e accarezzarli. Ingenuo, però, pensare che è stato messo in atto un
meccanismo di piombo, blindato, per impedire incendi e in caso che vengano
attizzati il loro diffondersi. In effetti, quello che si sta creando altro non
è che un sipario anti-incendio, come quelli montati in quasi tutti i teatri
negli anni Cinquanta - dal Settecento alla prima metà del Novecento i teatri
venivano spesso divorati dalle fiamme. È un sipario efficace e in grado di
contenere incendi nella maggior parte dei casi, ma che non ha impedito, ad
esempio, che andassero a fuoco la Fenice di Venezia e il Petruzzelli di Bari.
Spieghiamo perché. Anche se dal 2009
in Europa hanno tutti imparato molto su come trattare le crisi, molti strumenti
sono ancora in fase di messa a punto. Dei tre pilastri che avrebbero dovuto
reggere l’unione bancaria ne funziona solo uno, il secondo (il meccanismo per
risolvere i dissesti bancari) è così complesso che probabilmente non verrà mai
utilizzato, il terzo (la garanzia comune sui depositi) pare abbandonato. Il
Quantitative easing è appena iniziato e verosimilmente i suoi effetti si
avvertiranno maggiormente nei paesi con i più alti tassi di produttività che
sugli altri. Il Piano Juncker pare ancora nel grembo degli dei. Le nuove
agenzie sono in fase di allattamento.
Occorre quindi rafforzare questi
strumenti, ma ciò richiede tempo. Una società di ricerche tedesca, la Sintex,
ritiene che la Grecia sarò fuori dall’eurozona, volente o nolente, entro i
prossimi 12 mesi. In effetti, non ci sarebbe mai dovuta entrare se si fosse
ascoltato il parere tecnico dell’Eurostat. Le conclusioni della Sintex sono
risultato di analisi dell’azienda e di un sondaggio tra operatori finanziari.
Hanno una valenza politica importante.
Con Tsipras e i suoi colleghi,
occorre ora traccheggiare, non perdersi in baci e abbracci e altre scemenze. Da
un lato, si guadagna tempo per rafforzare il sipario anti-incendio. Da un
altro, si prepara un’uscita della Grecia meno dolorosa per tutti.
© Riproduzione Riservata.
Nessun commento:
Posta un commento