“Il
flauto magico” visto da Fanny & Alexander
Pubblicazione:
martedì 19 maggio 2015
Foto di Rocco
Casalucci
Approfondisci
NEWS Musica
“Il
flauto magico” ultima (o secondo alcuni penultima opera) di Wolfgang A.
Mozart tratta di un’iniziazione, al tempo stesso, all’amicizia, all’eros,
all’amore coniugale e alla società dei lumi della massoneria. Gli aspetti
massoni sono sottolineati in molte regie e trattati ampiamente nel libro
“Mozart Massone e Rivoluzionario” di Livia Bramani del 2005 che fu un successo
editoriale nel 2006, quando ricorrevano i 250 anni dalla nascita del
compositore austriaco.
Pochi
tengono conto che la massoneria a cui apparteneva Mozart (vi faceva parte lo
stesso Imperatore Giuseppe II) poco aveva a che vedere con quella violentemente
laicista ed anticlericale che divenne nei decenni successivi, specialmente
nell’Italia del Risorgimento e della ‘questione romana’. Nella seconda metà del
Settecento, nell’Imperio austriaco (e, quindi, anche nel Lombardo Veneto) era
l’espressione dell’illuminismo cattolico (come d’altronde rivelano altri lavori
dello stesso Mozart).
“Il
flauto magico” è stato concepito (come è noto) per un teatro di piccole
dimensioni dei sobborghi di Vienna. Con elementi scenici essenziali e giochi di
luci e di colori, lo spettacolo riempie tutto il potenziale del palcoscenico
del Teatro Comunale di Bologna per raccontare una fiaba d’amore (e di confronto
tra il Bene e il Male) vista attraverso gli occhi di due bambini vestiti alla
marinara che appaiono durante l’ouverture e fanno più volte capolino nel corso
dello spettacolo.
Non
c’è segno di massoneria nella produzione che è stata affidata al gruppo di
ricerca e sperimentazione teatrale Fanny & Alexander per la prima
volta alle prese con un’opera lirica. La regia è firmata da Luigi De Angelis,
affiancato da Chiara Lagani per la drammaturgia e i costumi e da Nicola Fagnani
per scene e luci. Ricorda la versione cinematografica di Ingmar Bergman (1974)
e anche il bellissimo spettacolo che Maurice Sendak, noto autore del secolo
scorso di libri per l’infanzia, propose alla Houston Grand’ Opera e portato con
successo in vari teatri americani (lo vidi a Washington nel 1981) e non solo.
Per inciso quando dopo trentacinque anni, la Houston Grand’Opera decise di
metterlo definitivamente in pensione, nel gennaio 2015 non tornò ad un ‘Flauto’
simbolico, e massonico, ma una nuova produzione di Ian Rutherford con scene e
costumi di Bob Crowley pensata per bambini e adolescenti, in traduzione ritmica
in inglese (e con soprattitoli pure in inglese) imperniato sull’iniziazione
all’età adulta e sul progressivo percorso verso la maturità.
Il
flauto magico” in scena a Bologna sino al 24 maggio (ma concepito per
essere trasportato agevolmente in altri teatri) è, per molti versi,
insolito rispetto a produzioni recenti viste in Italia (ad esempio, quella di
McVickar a Roma e quella di Pizzi a Macerata che pur si tenevano distinte e
distanti dalla parafernalia massonico-illuministica). Il flauto - come
si è detto – viene messo in scena semplicemente come una fiaba. Per accentuare
gli aspetti favolistici, la messa in scena utilizza proiezioni in
3D, scenari naturali, oggetti, forme e figure umane, si animano
fluttuando nello spazio tridimensionale generando uno straordinario e “magico”
effetto di coinvolgimento. I rami gli alberi, gli uccelli, lo stesso flauto
svolazzano per la platea a tempo di musica ed invitando quasi gli
spettatori a toccarli. Una trovata divertente e nuova, anche se da Fanny &
Alexander mi sarei aspettato maggiori guizzi di sperimentazione – dati il
libretto e la musica.
Mozart è soprattutto musica. Michele Mariotti, per la prima volta alle prese
con questa partitura, anche se ha già diretto con successo opere di Mozart,
sceglie di accarezzare quasi l’orchestra con una mano lieve e tiene molto bene
l’equilibrio tra buca a palcoscenico. I richiami ad inni massonici vengono
posti in secondo o terzo piano; l’enfasi è sui brani musicali che esaltano la
fiducia reciproca, l’amicizia, l’amore e soprattutto la preparazione alla vita
adulta. Paolo Fanale e Maria Grazia Schiavo (Tamino e Pamina) sfoggiano
registri vastissimi; Fanale, in particolare, è un tenore lirico che scende a
registri baritonali (sarà Pélléas a Firenze tra qualche settimana). Nicola
Uliveri è un esilarante Papageno. Christina Poulitsi
affronta con sicurezza le insidie vocali del ruolo della Regina della Notte,
Mika Kares è un Sarastro burbero piuttosto che severo. Di gran livello il coro.
In breve , uno spettacolo che merita di viaggiare verso altri teatri.© Riproduzione Riservata.
Nessun commento:
Posta un commento