Il Maggio fiorentino è partito col piede sbagliato
maggio 1, 2015 Giuseppe
Pennisi
Il Maggio ha come scopo riscoperte e novità. Ove
avesse voluto riproporre Fidelio sarebbe stato meglio riprendere quello del
2013 con allestimento di Carsen
Nonostante le ovazioni a
Mehta, ai cantanti, all’orchestra ed al coro al termine dell’inaugurale
Fidelio, in cui hanno lavorato in condizioni difficili, il Maggio fiorentino
(27 aprile-28 giugno) è partito con il piede sbagliato. La notizia di uno
sciopero dei tecnici ha fatto sì che diverse file fossero vuote. In pratica, lo
spettacolo aveva come scena fissa il primo quadro del secondo atto (la prigione),
nonostante gran parte dell’azione sia all’aperto, mancavano soprattitoli (sono
state sforbiciati alcuni dialoghi) e giochi di luci. Lo spettacolo, firmato
Pier’Alli, è stato rappresentato a Valencia nel 2006 e nel 2014, ne esiste un
DvD ed è apparso più volte in televisione. Uno spettacolo già vecchio nel 2006.
Il Maggio ha come scopo riscoperte e novità. Ove avesse voluto riproporre
Fidelio sarebbe stato meglio riprendere quello del 2013 con allestimento
di Carsen. Tanto più che le altre opere in programma (Candide Giro di
Vite e Pélléas) sono più adatte ad una stagione che ad un festival.
Ciò detto, occorre precisare che Zubin Mehta ha dato
il meglio di sé con una concertazione mozartiana nelle prime scene,
intensamente drammatica dal monologo di Leonore-Fidelio al quadro della
prigione ed eroica nella parte finale. Lo hanno aiutato, oltre ad un’orchestra
e coro smaglianti un cast vocale in cui spicca Ausrine Stundyte (Leonore)
mentre Florestano (Burkhard Fritz) avrebbe guadagnato da un timbro più brunito
e più eroici. Buoni gli altri gli altri, tutti da teatri tedeschi.
Occorre ricordare che il Maggio è nato con due
missioni specifiche: a) presentare riscoperte del passato accanto a nuovi
lavori; b) proporre un innovativo matrimonio tra musica ed arti visiva. Per
anni, tra gli scenografi del Maggio si contavano de Chirico, Sironi, Casorati,
Sensani, Conti, Bucci, unicamente per citare alcuni nomi. Esiste una ricca
bibliografia in materia. Il Maggio ha riscoperto il Rossini serio decenni prima
che nascesse il Rossini Opera Festival, ha lanciato Malipiero e Stravinsky.
Ancora negli Anni Ottanta era un punto di riferimento per “prime” esecuzioni
italiane (a volte mondiali) e regie tanto moderne da essere a volte contestate
dal pubblico più tradizionale. Poi è cominciato un declino accompagnato da
commissariamenti per evitare, più volte, il fallimento della fondazione,
commissariamenti, interventi straordinari dello Stato (mentre il Comune è di
solito stato parco di finanziamento ma in prima fila delle “geremiadi”
all’insegna del motto “Salvate il Maggio”, come se dovessero farlo divinità di
un immaginario Olimpo).
In effetti, se a Palazzo Vecchio ed ai fiorentini, il
Maggio interessa poco è meglio che la nuova Opera di Firenze faccia circuito
con gli altri teatri lirici della Toscana (Livorno, Lucca, Pisa) e mostri
repertorio a basso costo con interpreti giovani. Oppure tenti di costruire una
fondazione unica con il Teatro Comunale di Bologna (altra realtà in difficoltà
e che ha perso pubblico e sponsor).
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