Un ricordo
di Claudio Abbado
24 - 02 -
2015Giuseppe Pennisi
Con grande puntualità, ad un anno esatto dalla morte,
la casa editrice Zecchini ha inviato nelle librerie (specialmente in quelle che
trattano di musica) il volume Claudio Abbado Le Opere e i giorni di Alessandro
Zignani. Non – occorre chiarirlo subito – il consueto libro celebrativo su
carta patinata e denso di fotografie. E’ un lavoro scientifico di livello come
ci si poteva aspettare da Zignani, professore di ruolo in un importante
conservatorio, ed autore, oltre che di un’importante storia della musica, di
libri fondamentali su Gustav Mahler, su Carlos Kleiber, su Herbert
von Karajan e su Carlo Maria Giulini (per non citarne che alcuni).
Il volume non prende posizione nei confronti delle idee politiche di Abbado e
dello schieramento politico a cui faceva riferimento (un punto molto trattato,
in senso non affatto elogiativo, da Paolo Isotta nel suo recente best
seller ‘La Virtù dell’Elefante – La Musica i Libri gli Amici e San Gennaro,
Marsilio 2014). E’, invece, un ritratto musicale del musicista, la cui
vita viene raccontata non come biografia commentata ma per episodi di cultura
musicale non italiana ma europea.
Il libro descrive la parabola dell’avventura terrena
di Abbado ‘nell’edificare orchestre, teatri, progetti ed utopie’. Un’avventura
che si estende dalla fine della seconda guerra mondiale all’anno scorso e che
non può, quindi, non rispecchiare anche il contesto in cui evolva la musica
(dalla guerra fredda, al crollo dei muri, allo scontro tra civiltà). A Zignani
interessa principalmente ‘il cammino interiore’ in quanto ‘paradigma di una
progressiva scissione tra presente e memoria’, tra ‘il principio di piacere ed
il senso profondo delle corse’. E’ un percorso che sembra avere una conclusione
non lieta: Abbado ‘ultimo umanista’ ‘in lotta contro la globalizzazione delle
coscienze’, è pienamente consapevole dello sgretolarsi progressivo della musica
come elemento connettivo tra culture, lingue e destini (che caratterizzò i suoi
anni giovanili’. Tuttavia, la continua ricerca, la incessante riproposizione di
partiture sono indicative non solo di ciò che eravamo ma anche e soprattutto di
ciò ‘potremmo tornare ad essere’.
Ho avuto poche occasioni di ascoltare Abbado dal vivo:
nel 1976 il Simon Boccanegra di Verdi che, con i complessi della Scala
portò a Washington in occasione del bicentenario della Dichiarazione
d’Indipendenza degli Stati Uniti, un’Elektra con i complessi di Berlino
al Teatro Comunale di Firenze alla fine degli Anni Ottanta, un concerto di
musica sacra a Jesi nel 2010 per dare avvio alle celebrazioni pergolesiane, ed
un concerto, sempre nel 2010, alla Sala Santa Cecilia. Non ebbi la fortuna di
ascoltarlo nei suoi anni scaligeri in quanto vivevo nella capitale degli Stati
Uniti dove ho passato tre lustri.
Simon ed Elektra mi entusiasmarono. I due concerti del
2010 un po’ meno. Il volume di Zignani mi aiuta a porli nella giusta
prospettiva. Per questo, ne suggerisco la lettura.
La copertina integrale del libro:
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