Il
quarantunesimo parallelo incanta il Teatro Argentina
13 - 02 -
2015Giuseppe Pennisi
Una persona della mia età non poteva non essere
attratto da un complesso che si chiama Longitudine 41. Poco importa che il
parallelo di cui tanto si parlava quando ero poco più che un bambino era il
38simo Nord (la linea di demarcazione dell’armistizio tra le due Coree, un
armistizio ancora in vigore poiché formalmente i due Stati sono ancora in
guerra l’uno contro l’altro). Poco importa se il Trio abbia il proprio dal
41simo parallelo Nord, dove è Rhodes Island dove si sono esibiti la prima volta
insieme. Anche Roma e sul 41simo parallelo Nord. E, quindi, quel Teatro
Argentina che Stendhal – con un’iperbole- considerava il più teatro al mondo,
come scrisse nelle sua memorie di viaggio.
Nonostante i rifacimenti effettuati negli Anni
Sessanta e Settanta per renderlo sede ‘popolare’ del Teatro stabile di Roma
(alterando in maniera irrimediabile il foyer e le scale), è sempre una gioia
entrarci per un concerto. Soprattutto da quando è stato spostato l’improvvido
capolinea del tram e l’acustica, per quanto non riportata all’epoca di
Stendhal, è molto migliorata.
Ma andiamo al Longitudine 41- un trio composto dalla
violinista Livia Sohn, dal violoncellista Luca Piovano, e dalla pianista
Bernadette Blaha. Americane la prima e la terza, romanissimo il secondo (è uno
dei solisti prediletti da Antonio Pappano). Incrociatisi quasi per caso, come
spesso avviene nella vita professionale degli artisti, lavorano insieme dal
2009, principalmente negli Stati Uniti (dove hanno, tra l’altro, prodotto
numerosi CD) ma con frequenti tournée in Asia ed in Europa. L’indomani del
concerto del 12 febbraio al Teatro Argentina volavano per una tournée in
Spagna.
Il loro repertorio spazia dal romanticismo e
post-romanticismo al moderno. Sfiora appena la contemporaneità. Occorre dire
che il pubblico della musica da camera è molto affezionato al periodo che va
dal Settecento alla prima parte del Novecento. Soprattutto negli Stati Uniti,
c’è una separazione abbastanza netta tra le organizzazioni ed associazioni che
apprezzano la contemporaneità e quelle che prediligono la musica del passato.
Il concerto, tenuto nell’ambito della stagione
2014-2015 dell’Accademia Filarmonica Romana, ci dava tre assaggi del Trio. Il
primo è stato il notissimo Trio n.2 in mi bemolle maggiore di Franz Schubert,
uno degli ultimi lavori composti prima che l’autore, pur giovanissimo, morisse.
E’ un lavoro altamente drammatico (quasi un presentimento della fine) che
Longitudine 41 ha accentuando specialmente nel passaggio tra il terzo tempo
(Scherzando) ed il quarto (Allegro moderato).
Alcuni spettatori, conversando nell’intervallo, hanno
trovato troppo enfatizzato il passaggio. Credo, invece, che il Trio abbia
trovato il modo appropriato. Ricordiamo che di norma in quel periodo una
sinfonia od un concerto termina con un ‘Allegro Svelto’ o con un ‘Agitato’, un
movimento rapido quasi trionfale ed esaltante. L’’Allegro moderato’ è il
presagio della fine che contrasta con la vitalità dello ‘Scherzo’.
Molto semplice il My Blues composto da Lorenzo Ferrero
nel 1983, quando aveva 32 anni. Ferrero viene considerato un ‘neo-romantico’.
Il Blues è un grazioso saggio accademico quasi schiacciato tra il trio di
Schubert (che lo ha preceduto) ed il trio n.2 in mi minore di Camille Saint
Saens (che ha concluso il concerto)- opera colossale in cinque movimenti di
fine ottocento, densa di vivacità ed allegria, intensa ed incisiva.
Grande successo. Alle richieste di bis, Latitudine 41
ha risposto con lo ‘Scherzo’ del trio n.1 di Saint Saens composto trent’anni
prima del secondo.
Nessun commento:
Posta un commento