CAOS GRECIA/
Così il Piano Juncker può sbloccare la trattativa Ue-Tsipras
Pubblicazione: lunedì 9 febbraio 2015
Jean-Claude Juncker (Infophoto)
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NEWS Economia e Finanza
La prima notizia è senza dubbio buona: il tanto temuto
“mal di Grecia”, ossia il contagio della crisi finanziaria ed economica greca,
al resto dell’eurozona, non avverrà - oppure se ci sarà, sarà in forma molto
limitata blanda e l’Italia non ne sarà, come si era temuto, il vettore. I
mercati internazionali hanno reagito con calma e souplesse alle
richieste ad alta voce del nuovo Governo della Repubblica ellenica, anche a
quelle del pittoresco ministro delle Finanze Yanis Varoufakis. E, soprattutto,
la Banca centrale europea ha detto chiaro e tondo a tutti che “misure monetarie
straordinarie” non vuole dire accettare in garanzia, per nuovi prestiti, titoli
che domani possono essere carta straccia.
La seconda notizia è abbastanza buona. I nuovi
governanti della Repubblica ellenica hanno iniziato la trattativa con quello
che, in termini di “teoria dei giochi”, si chiama un gioco a ultimatum: un
duello in cui una delle due parti deve soccombere (quale quello tra Don
Giovanni e il Commendatore nelle varie versioni del mito del burlador de
Sevilla). Ma appena la Bce ha mostrato non un bazooka ma un
regolamento (e una dose di buon senso) hanno fatto marcia indietro, nonostante
ad Atene (e non solo) le piazze si agitassero. Ciò vuol dire che si sta aprendo
un negoziato che verosimilmente sarà lungo e difficile.
Le parti in causa sono numerose: i 19 Stati membri
dell’eurozona, gli altri dieci dell’Unione europea, la Commissione europea, la
Bce, il Fondo monetario internazionale e il resto del mondo in trepida e
nervosa attesa. Ciascuna parte deve massimizzare due obiettivi: “la
reputazione”, nel senso del rispetto delle regole nei confronti di tutti gli
altri, e “la popolarità” nei confronti del proprio elettorato. Il Prof. Pier
Carlo Padoan, attualmente ministro dell’Economia e delle Finanze dell’Italia, è
un maestro di “teoria dei giochi multipli a più livelli” e potrebbe dare
lezioni in materia. Potrebbe anche avere un ruolo centrale nella trattativa.
Tuttavia, le divergenze tra gli obiettivi sono tali e tanti che è arduo
prevedere che venga svolta unicamente sulla base della logica economica.
La terza notizia non è affatto buona. L’affaire
Grecia ha scoperchiato la pentola di tutte le contraddizioni di un’unione
monetaria (l’unica che io rammenti) effettuata non come conseguenza di
un’unione politica, anche solamente confederale, ma come disegno puramente a
tavolino tra Governanti di Paesi con storie, tradizioni, culture, strutture
economiche profondamente differenti nella speranza che il resto arrivi come
conseguenza del Trattato di Maastricht e degli accordi intergovernativi a esso
successivi.
Gli esiti sono stati tali che ne sono nati movimenti
che guardano con diffidenza (per parlare in toni gentili) alla moneta unica. La
ripresa in atto nel Nord America e l’andamento abbastanza buono dell’economia
mondiale mostrano che l’eurozona è il “grande malato” e che dal 2010 le
difficoltà in cui versa non possono essere attribuite alla crisi dei mutui
subprime venuta dagli Stati Uniti, ma, come ha chiaramente scritto
la Banca d’Italia, a “una crisi del debito sovrano europeo”. Per risolverla,
sarebbe auspicabile una conferenza dei debitori (numerosi) e dei creditori
(pochi) e un metodo condiviso per procedere. È difficile pensare che un’assise
del genere possa essere convocata in tempi brevi, anche e soprattutto poiché
manca un metodo condiviso.
Nel breve periodo preverrà un approccio
multi-bilaterale, termine elegante per dire di fare sì che tutti “salvino la
faccia”, senza incorrere in costi eccessivi, quali il Piano Marshall per la
Grecia che qualche anima bella ogni tanto evoca. Una soluzione potrebbe essere
quella di allungare le scadenze del debito greco e dare un’allocazione speciale
degli investimenti del “piano Juncker” alla Repubblica ellenica. Il
prolungamento delle scadenza pare, in ogni caso, necessario per evitare un vero
e proprio default: i greci lo presenterebbero al loro pubblico come una
riduzione del debito (in sostanza lo è), i “duri e puri” direbbero ai loro
elettori che non si è fatto alcun taglio ma soltanto somministrato un dosaggio
di vitamine e antibiotici, le anime belle (poche e dubbiose come le vergini
nelle processioni delle Pasque greche e non solo) inneggerebbero (a torto) alla
flessibilità. Un’allocazione straordinaria del “piano Juncker” non danneggia
alcun partner della Grecia (principalmente poiché il pipeline di
progetti di qualità ed effettivamente cantierabili non è affatto pieno) e
permetterebbe al Governo greco di annunciare di avere portato fresh
money a casa.
Nel complesso si metterebbe una pezza. Sempre che non
ci sia l’intenzione di acquistare un nuovo paio di pantaloni.
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