Gioco delle parti tra Italia e Grecia?
10 - 02 - 2015Giuseppe Pennisi
Come interpretare alla
vigilia della riunione dell’Eurogruppo dell’11 febbraio, le dichiarazioni di Tsipras,
Varoufakis, Dijsselbloem e di altri protagonisti e comprimari di
questa partita, ormai cruciale per il futuro non solo della moneta unica ma
della stessa Unione europea?
La teoria dei giochi
plurimi può essere utile ad interpretare le frasi anche roventi. Di che si
tratta? Di una disciplina di cui il ministro dell’Economia e delle Finanze
(Mef) dell’Italia è maestro. All’inizio degli Anni Ottanta, furono un libro ed
alcuni saggi di Padoan (scritti a quattro mani con Paolo Guerrieri,
ora senatore del Pd, entrambi professori alla Sapienza) a portare in Europa
questa teoria, che allora stava facendo i primi passi negli Usa. Padoan e
Guerrieri ne divennero “capi scuola”.
In sintesi,
nell’Eurozona è in corso il gioco a più livelli in cui ciascuno dei
partecipanti deve massimizzare obiettivi di “reputazione” e di “popolarità”
differenti (e in certi casi divergenti) di fronte alle altre parti in causa.
Tutti devono mantenere una buona “reputazione” rispetto agli altri soci
dell’eurozona e presentarsi come convinti assertori della moneta unica.
In termini di
“popolarità”, però, ciascun partner risponde alla propria opinione pubblica. I
“falchi” devono massimizzarla nei riguardi, ad esempio, di quel 73% di tedeschi
che secondo gli ultimi sondaggi sarebbero «stanchi e stufi» della Grecia. Le
“colombe”, invece, non possono non prendere l’affaire Grecia come strumento per
andare verso l’unione monetaria più flessibile chiesta da movimenti che
risultano vincenti alle elezioni. E la Grecia? Il governo, appena in carica, sa
che la propria popolarità’ dipende un elettorato arrabbiato al quale occorre
rispondere.
L’8 febbraio, in
Parlamento, Tsipras ha dichiarato che non farà un passo indietro rispetto al
programma presentato alle elezioni (rigetto dell’austerità, aumento dei salari
minimi e delle pensioni, assunzioni in massa nella pubblica amministrazione e
via discorrendo) ma ha utilizzato un lessico, in greco, per dire che ciò
avverrà “gradualmente”.
Nel frattempo, il
pittoresco Varoufakis ha accusato l’Italia, che pensava di avere come alleato,
di essere “alla bancarotta” come l’Ellade, salvo poi precisare e in parte
ritrattare; il Mef italiano nel frattempo aveva prontamente respinto l’accusa
al mittente, senza, però, utilizzare il bazooka (il debito italiano – come
certificato dall’Istat e verificato dal Centro Studi Impresa Lavoro – è
garantito dai 3800 miliardi di risparmi delle famiglie italiane). Alle
richieste greche per superare l’emergenza e predisporre un nuovo programma di
politica economica (tale da poter avere il supporto dell’UE), Dijsselbloem ha
risposto con un netto “non se ne parla proprio”.
In effetti, siamo
proprio al pirandelliano gioco delle parti. Per mantenere popolarità di fronte
ai suoi elettori, Tsipras (consapevole che dovrà fare numerosi passi indietro)
non poteva non tenere il punto (pur dando ad intendere che ci sarà
“gradualità”). Varoufakis non poteva non sparare su quell’Italia che considerava
alleato naturale (in termini di strategia militare) ma dove ha trovato solo tè
e simpatia (per ricordare il titolo di un celebre film americano). E
Dijsselbloem non poteva non affermare il proprio ruolo di guardiano e tutore
delle regole.
Invece, si sta lavorando
verso prestito ponte in maschera (un artificio contabile, probabilmente una
dilazione delle scadenze immediate) che salvi la faccia di tutti e consenta ad
Atene (con l’aiuto di Carlo Cottarelli) di presentare un programma di
riassetto strutturale che coniughi efficienza ed equità (e sia all’altezza
degli standard del Fondo monetario). Eloquenti gli articoli di Lucrezia
Reichlin (sino a poco tempo fa alla guida del servizio studi della Banca
centrale europea- Bce) sul Corriere della Sera e di Hugo Dixon
(direttore della Reuters) disseminati su un centinaio di quotidiani nel
fine settimana.
In questo quadro, si
spiega anche il “botta e risposta” con Padoan (a cui i greci guardano per la
messa a punto della soluzione tecnica, e politica).
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