OPERA/ Simon Boccanegra,
l'uomo del mare di Giuseppe Verdi
Pubblicazione:
sabato 12 ottobre 2013
Un momento del Simon Boccanegra
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Tra le 27
opere verdiane (o 29 se si includono Jerusalem e Aroldo, meri
adattamenti di lavori precedenti) Simon Boccanegra può essere
definita tra quelle “di tarda popolarità”. Verdi la amava moltissimo, tanto che
lavorò al testo e alla partitura per circa 25 anni, dal 1856 al 1881,
producendone tre edizioni. Solo la terza, anche grazie all’apporto di Arrigo
Boito alla drammaturgia, ebbe un fugace successo. Sparì, però, dai repertori
alla fine dell’Ottocento e i tentativi di Gino Marinuzzi (nonché – si dice – di
Benito Mussolini in persona) di rilanciare l’opera nel 1934 ebbero scarso
esito. Solo alla fine degli Anni Sessanta venne appropriatamente riproposta
grazie alla testardaggine di Gianandrea Gavazzeni che la “impose” in vari
teatri e ne fece due edizioni in studio. Nel 1971, grande ripresa alla Scala:
Claudio Abbado ne propose una lettura densa di colori chiari e di volumi
leggeri (impareggiabili le evocazioni marine) che in un allestimento
indimenticabile di Strehler e Frigerio ha viaggiato il mondo (non solo tutti i
maggiori teatri italiani ma anche Londra, Parigi, Mosca, Washington e Vienna)
ed è disponibile in cd e in video.
Ora è sulla
cresta dell’onda. Simon Boccanegra ha aperto il primo ottobre il
Festival Verdi a Parma e il 9 ottobre ha inaugurato la stagione del Teatro
Regio di Torino. In primavera 2014 si vedrà a Roma, diretta da Muti, e andrà in
Giappone con in complessi del Teatro dell’Opera. In ottobre 2014, chiuderà, con
Barenboim sul podio, la stagione della Scala – e gli anni di Lissner alla guida
del teatro milanese.
Su questa testata, le
ragioni della “maledizione” di Simon Boccanegra sono state esaminate più
volte, in
particolare nel novembre 2012 in occasione del debutto, a 71 anni, di Riccardo
Muti nella concertazione del lavoro al Teatro dell’Opera di Roma. Per chi vuole
saperne di più, ho anche affrontato il tema in un breve saggio apparso sul
fascicolo di giugno de La Nuova Antologia.
Nel
commentare allestimenti recenti, occorre partire dal fatto che Boccanegra è un
uomo (venticinquenne nel prologo, cinquantenne nei successivi tre atti) di
mare: viene dal mare, dove ha eccelso nella sua professione di difensore delle
coste tirreniche dai pirati arabi). E’ costretto ad entrare in politica, ma
vuole tornare alle sue navi, almeno per morirvi. Senza questa chiave è
difficile carpire il significato del testo e della partitura.
Al Teatro
Regio di Parma, “Boccanegra” è stato presentato con un allestimento monumentale
di Hugo De Ana, già visto una diecina di anni fa. Grandioso e imponente, gli
manca però il mare – così essenziale al lavoro. Buono il cast vocale: Roberto
Frontali, Carmela Remigio, Giacomo Prestia, Marco Caria e Diego Torre Sul podio
della Filarmonica Arturo Toscanini e del Coro del Teatro Regio di Parma,
l’emergente Jader Bignamini, bravo nelle tinte scure che richiede il lavoro ma
con difficoltà a concertare le vo
“Boccanegra”
non è lavoro per giovani: lo ha riconosciuto una delle migliori bacchette
italiane, Michele Mariotti (a 34 anni grande star internazionale), quando
debuttò a 27 anni proprio con “Boccanegra” al Teatro Comunale di Bologna.
Molto
differente il Simon Boccanegra di Verdi che ha inaugurato la
stagione 2013-2014 del Regio di Torino il 9 ottobre. E’ in scena a Torino sino
al 23 ottobre. Il Regio è un teatro ben gestito ed attento a non sforare i
budget, presenta pochi nuovi allestimenti, molte co-produzioni e titoli per lo
più tradizionali. E’ stata un’ottima idea quella di riproporre l’allestimento
firmato da Sylvano Bussotti nel 1979; vistosi all’epoca, anche in altri teatri,
pareva sparito dalla metà degli Anni Ottanta. Pone il Medio Evo genovese in
grandiose e luminose scene su tulle e bellissimi costumi; uno stile analogo a
quello utilizzato per mettere in scena il Medio Evo nelle tragedie di Gabriele
D’Annunzio. Soprattutto, meglio di produzioni più recenti, afferra il carattere
“marino” dell’opera . In tal senso appare l’unica vera sfida a quello del 1971
di Strehler e Frigerio alla Scala. La concertazione di Gianandrea Noseda
riflette il carattere “marinaro” del lavoro: le onde del Tirreno sembrano far
da contrappunto alla tragedia dei protagonisti; molto curati gli “a solo” di
strumentisti o loro gruppi in momenti quasi cameristici. Il 9 ottobre, il punto
debole sono state le voci: imponente il Boccanegra di Ambrogio Maestri (con
poca cura, però, alle mezze voci), efficace il Fiesco di Michele Pertusi (che
ha scansato i registri più gravi), probabilmente in serata poco fausta il Paolo
di Alberto Mastromarino, Maria José Siri, e in difficoltà nell’avvio della
cavatina “Come in quest’aura bruna”. Infine, nell’impervia aria “Cielo,
pietoso”, Roberto De Biasio è stato aiutato da Noseda che ha abbassato la
sonorità dell’orchestra. Grande successo, però, attribuito allo spettacolo dal
pubblico delle prime. Mi auguro che nelle repliche vengano fatte correzioni di
tiro.
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