OPERA/ La prima italiana de "La bohème" francese sbarca a Villa
Medici
Pubblicazione: martedì 22 ottobre 2013
Villa Medici a Roma
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NEWS Musica
Molti conoscono la splendida sede
romana dell’Académie de France: Villa Medici sulle pendici del Pincio con un
panorama mozzafiato sul centro storico della capitale. Essa ospita borsisti
(una quindicina per volta) della varie discipline artistiche (musica, scultura,
pittura, letteratura, archeologia, storia e via discorrendo) per periodi tra i
12 ed i 18 mesi. Sono spesso destinati a diventare eccellenze nei loro campi.
Pochi sanno che Villa Medici ospita, oltre a mostre, anche importanti Festival
di musica classica e contemporanea. E’ appena terminato il Festival “Autunno in
Musica”, che ha consentito di ascoltare opere note nelle rivisitazioni dei
migliori musicisti ed ensemble, ma anche di scoprire tesori nascosti del
patrimonio musicale, spesso legati alla storia del Prix de Rome.
La terza edizione di "Autunno
in Musica" ha ripercorso, attraverso un programma originale e ricercato,
una parte importante della storia della musica, dal Barocco al tardo
romanticismo, un periodo fondamentale per i rapporti artistici tra la Francia e
l'Italia. Il Festival è iniziato mercoledì 16 ottobre con un trio composto da
tre grandi specialisti del repertorio barocco, Atsushi Sakai (viola da gamba),
Julien Chauvin (violino) e Olivier Baumont (clavicembalo). Giovedì 17 ottobre è
stato di scena uno straordinario quartetto di violoncelli, composto da due
solisti di fama internazionale, François Salque e Xavier Phillips, e da due
giovani talenti, Héloïse Luzzati e Hermine Horiot. Protagonista del concerto di
sabato 19 ottobre è stata una figura prettamente romantica e spesso trascurata:
quella di Félicien David, che con le sue Mélodies orientales e Brises
d’Orient lanciò in Francia a metà XIX secolo la moda dell’orientalismo in
ambito musicale.
La vera chicca per gli appassionati
di teatro in musica è stata, venerdì 18 ottobre, l’occasione unica di ascoltare
l’opera La Villa Médicis, composta da Jules Mazellier (1879-1959),
vincitore del Prix de Rome nel 1909 e borsista dell’Accademia di Francia a Roma
dal 1910 al 1913. La Villa Médicis, “commedia lirica” in tre atti
dedicata a Villa Medici, in ricordo sempre presente e sempre più caro del suo
fascino, narra la storia d’amore tra un pittore in residenza alla Villa e la
sua modella. La pièce debuttò al Casinò di Nizza nel 1923, ma non fu mai
rappresentata a Roma. Riscoperta l’anno scorso nella biblioteca dell’Accademia
da un compositore in residenza, Francesco Filidei, l’opera viene allestita nel
luogo stesso in cui si svolge l’azione e permette al pubblico di calarsi
nell’atmosfera della Villa Medici dell’epoca. La Villa Médicis,
rielaborata da Alexandre Dratwicki, direttore scientifico della Fondazione
Palazzetto Bru Zane (anch'egli borsista a Villa Medici), si è tenuta nel Grand
Salon in versione da concerto, nell'esecuzione di Virginie Pochon
(soprano), Aurore Ugolin (mezzo-soprano), Florian Cafiero (tenore) e Jeff Cohen
(pianista).
Non si sa se dopo la prima mondiale
a Nizza, l’opera sia stata mai ripresa: non ce ne è traccia nei libri sulla
musica francese del “Novecento Storico”. Probabilmente, i teatri sono stati
dissuasi dal costo dell’intrapresa: 12 solisti, coro, grande organico
orchestrale. In effetti,della partitura nessuna traccia sino a quando Francesco
Filidei ne ha trovato, un paio di anni fa, un manoscritto coperto di polvere
negli archivi di Villa Medici. Nella versione da concerto, è stato presentato
solo il secondo dei due atti (e neanche per intero) per un 70 minuti circa
(mentre il lavoro originale comporta tre ore di musica). Di cosa si tratta?
Mazellier, autore anche del libretto, costruisce la propria opera su La
Bohème –una Bohème che ha luogo interamente nella
villa: il bosco, il parco, il “gran salon”, gli appartamenti dei borsisti (per
questo motivo l’esigenza di tanti solisti che esprimessero le varie discipline
artistiche).
Pur se l’opera è classificata come
“commedia lirica”, è un dramma tragico; la modella romana Fiorellina non segue
il pittore francese Gilbert a Parigi, quando quest’ultimo, ha terminato il
soggiorno romano, ma si suicida avvelenandosi – una morte che dura gli ultimi
quindici minuti del lavoro. Anche se ascoltata con solo l’accompagnamento del
pianoforte, la partitura è molto interessante: su una base pucciniana (con
un’evidente influenza anche di Massenet) si inseriscono richiami a Debussy
(come Puccini farà in Turandot) ed anche a Casella. Al pari di
quando avviene, ad esempio, in Manon Lescaut, le due scene del
secondo atto sono interrotte da un complesso intermezzo sinfonico. Difficile
dire quanto Mazellier chieda all’orchestra, è molto esigente, però, con le voci
in termini di tessitura e registro. Il ventiquattrenne Florian Cafiero ha
sfoderato un registro molto ampio da renderlo un perfetto interprete del
repertorio verista e delle opera di Massenet e Verdi che richiedono tenori
spinti. Il mezzo-soprano Aurore Ugolini, anche lei giovanissima, gli è stata di
pari livello. La non più giovanissima Virginie Pochon sembra avere un timbro
più adatto alla vocalità romantica, o anche barocca, che agli impervi ariosi e
duetti del Novecento Storico. Uno spettacolo di livello che potrebbe servire a
rilanciare Mazellier. E’ possibile che in questa versione da concerto l’opera
si veda ed ascolti a Palazzetto Bru Zane a Venezia.
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