Legge “Valore cultura”: perché i teatri protestano
12 - 10 -
2013Giuseppe Pennisi
Il Decreto Legge “Valore Cultura”
approvato l’8 agosto scorso è stato convertito in legge a tempo di record.
Suscitando il plauso di fondazioni liriche e case cinematografiche decotte e le
critiche (condite da scioperi) da parte di altre. Spieghiamo perché.
La nuova normativa, prodotta in
quattro e quattr’otto (forse troppo speditamente) e sull’onda del rischio di
liquidazione del Maggio Musicale Fiorentino, del Carlo Felice di Genova e di
qualche altro ente (nonché di case cinematografiche specializzate in film che
se arrivano alle sale ci restano un paio di giorni), è un provvedimento molto
vasto: vista la possibilità di finanziamenti (coperti in parte riducendo i
pagamenti alle imprese di crediti vantati presso la pubblica amministrazione),
si sono agganciati al carro un po’ tutti. Grande rilievo al sito archeologico
di Pompei per il quale è stata istituita la figura di un direttore
generale del ‘Progetto Pompei’ che dovrà definire le emergenze, assicurare lo
svolgimento delle gare, migliorare la gestione del sito e delle spese, nella
speranza che i restauri vengano effettuati presto e bene e senza il tam tam di
scandali che in passato li ha accompagnati.
I musei italiani aperti ai giovani
Incentivato lo sviluppo dei Musei
italiani e un accesso più ampio alla cultura da parte dei giovani con un
programma straordinario di inventariazione e digitalizzazione per il quale
saranno selezionati 500 laureati under 35 ai quali sarà data la possibilità di
accedere a un tirocinio di 12 mesi. Il progetto pilota partirà nelle regioni Puglia,
Campania, Calabria e Sicilia, con i primi 100 ragazzi. In
breve, un remake di leggi come la 285 del 1977 che immisero giovani precari nel
Ministero, senza concorso, in attesa di provvedimenti che li stabilizzarono. In
questi giorni, molti commentatori peccano pensando che si tratti di una manovra
clientelare. Forse qualcuno ci azzecca.
Cinema, teatro e attività musicali
Un’altra sezione riguarda il
“rilancio” rilancio del cinema, delle attività musicali e dello spettacolo dal
vivo. Garantito il tax credit per il cinema, come auspicato dagli
operatori del settore, per una cifra di 90 milioni di euro. Tax credit
che sarà introdotto anche per la musica per una cifra pari a 5
milioni di euro, per far fronte alla crisi del mercato musicale. Auguriamoci
che l’onere per i contribuenti serva a fare resuscitare cinema e canzonette di
qualità; la prova è in che misura “sfondano” sui mercati internazionali. Se il
pubblico volta loro le spalle, perché devono essere tenute a galla con le
nostre tasse? Gli enti culturali vigilati dal MiBAC e i teatri stabili pubblici
non dovranno più effettuare i tagli orizzontali sulle spese relative a
pubblicità e tournée come previsto dalla spending review e,
per risanare la situazione debitoria delle fondazioni lirico‐sinfoniche,
queste potranno accedere a un fondo di 75 milioni di euro di prestiti
agevolati, che sarà gestito da un commissario straordinario. Viene
anche introdotto l’obbligo di cooperazione tra le fondazioni.
Consigli di amministrazione pubblici
e privati
Nell’art.11, si riducono i
componenti dei consigli di amministrazione, riduzione che toccherà
soprattutto la presenza dei membri privati, ai quali si domanda una
“fidelizzazione” consistente e di durata quinquennale. Insomma un privato, per
avere un posto in consiglio di amministrazione della Scala, per esemplificare,
deve assicurare per un periodo di cinque anni un consistente apporto
finanziario. Nonostante da dieci anni al MIBAC si succedano commissioni
di studio per portare gli sgravi tributari per le elargizioni liberali alla
cultura, si resta alla detrazione del 19% prevista quando Prodi era Presidente
del Consiglio e Visco Ministro; essa sotto-intende che le elargizioni vengano
effettuate da chi un’aliquota marginale del 19%, quindi un reddito annuo
inferiore ai 20.000 euro. Però, le donazioni fino a 5mila euro in favore della
cultura potranno essere effettuate in maniera semplificata: senza oneri
amministrativi a carico del privato, con la garanzia della destinazione
indicata dal donatore e con la piena pubblicità delle donazioni ricevute e del
loro impiego. Altre norme specificano che alle fondazioni ed ai teatri si
applicano molte regole della pubblica amministrazione in materia di acquisti di
beni e servizi: ciò vuol dire gare d’appalto anche per un manifesto
pubblicitario. Gli amministratori saranno responsabili in proprio per disavanzi
e debiti. Spira aria di numerose rinunce agli incarichi in essere.
Inoltre, le pubblicazioni che documentino ricerche finanziate almeno per metà da fondi pubblici, saranno accessibili gratuitamente e telematicamente da chiunque e le esecuzioni, le rappresentazioni e le letture di una di queste opere, qualora avvenissero all’interno di una biblioteca, non saranno ritenute pubbliche se realizzate per promozione culturale e valorizzazione dell’opera stessa.
Inoltre, le pubblicazioni che documentino ricerche finanziate almeno per metà da fondi pubblici, saranno accessibili gratuitamente e telematicamente da chiunque e le esecuzioni, le rappresentazioni e le letture di una di queste opere, qualora avvenissero all’interno di una biblioteca, non saranno ritenute pubbliche se realizzate per promozione culturale e valorizzazione dell’opera stessa.
Nuovo metodo per l’assegnazione dei
fondi
Infine i fondi non saranno più assegnati
a pioggia, ma distribuiti in relazione alle attività svolte e rendicontate
e a fini di trasparenza sarà prevista un’anagrafe degli incarichi
amministrativi e artistici degli enti di spettacolo. Ma il MIBAC non si è mai
dato una struttura di valutazione; quella che aveva creato in base ad una legge
del 1999 valida per tutte le amministrazioni, la ha smantellata verso il 2005.
Sorpreso per gli scioperi, il Ministro Bray ha diramato un comunicato secondo cui le norme “sono a favore di tutte le fondazioni e il ministro intende, come loro naturale corollario, emanare al più presto tutti i regolamenti previsti dalla legge 100 di riforma della lirica del 2010, tuttora in vigore, con cui valorizzare le peculiarità di ogni singola realtà, a partire proprio dal Teatro alla Scala di Milano e dall’Accademia Santa Cecilia di Roma“.
Sorpreso per gli scioperi, il Ministro Bray ha diramato un comunicato secondo cui le norme “sono a favore di tutte le fondazioni e il ministro intende, come loro naturale corollario, emanare al più presto tutti i regolamenti previsti dalla legge 100 di riforma della lirica del 2010, tuttora in vigore, con cui valorizzare le peculiarità di ogni singola realtà, a partire proprio dal Teatro alla Scala di Milano e dall’Accademia Santa Cecilia di Roma“.
Vedremo, ma non può non esserci una
punta di scetticismo. Quindi, monitoreremo.
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