sabato 12 ottobre 2013

Legge “Valore cultura”: perché i teatri protestano in Formiche 12 ottobre

Legge “Valore cultura”: perché i teatri protestano
12 - 10 - 2013Giuseppe Pennisi Legge "Valore cultura": perché i teatri protestano
Il Decreto Legge “Valore Cultura” approvato l’8 agosto scorso è stato convertito in legge a tempo di record. Suscitando il plauso di fondazioni liriche e case cinematografiche decotte e le critiche (condite da scioperi) da parte di altre. Spieghiamo perché.
La nuova normativa, prodotta in quattro e quattr’otto (forse troppo speditamente) e sull’onda del rischio di liquidazione del Maggio Musicale Fiorentino, del Carlo Felice di Genova e di qualche altro ente (nonché di case cinematografiche specializzate in film che se arrivano alle sale ci restano un paio di giorni), è un provvedimento molto vasto: vista la possibilità di finanziamenti (coperti in parte riducendo i pagamenti alle imprese di crediti vantati presso la pubblica amministrazione), si sono agganciati al carro un po’ tutti. Grande rilievo al sito archeologico di Pompei per il quale è stata istituita la figura di un direttore generale del ‘Progetto Pompei’ che dovrà definire le emergenze, assicurare lo svolgimento delle gare, migliorare la gestione del sito e delle spese, nella speranza che i restauri vengano effettuati presto e bene e senza il tam tam di scandali che in passato li ha accompagnati.
I musei italiani aperti ai giovani
Incentivato lo sviluppo dei Musei italiani e un accesso più ampio alla cultura da parte dei giovani con un programma straordinario di inventariazione e digitalizzazione per il quale saranno selezionati 500 laureati under 35 ai quali sarà data la possibilità di accedere a un tirocinio di 12 mesi. Il progetto pilota partirà nelle regioni Puglia, Campania, Calabria e Sicilia, con i primi 100 ragazzi. In breve, un remake di leggi come la 285 del 1977 che immisero giovani precari nel Ministero, senza concorso, in attesa di provvedimenti che li stabilizzarono. In questi giorni, molti commentatori peccano pensando che si tratti di una manovra clientelare. Forse qualcuno ci azzecca.
Cinema, teatro e attività musicali
Un’altra sezione riguarda il “rilancio” rilancio del cinema, delle attività musicali e dello spettacolo dal vivo. Garantito il tax credit per il cinema, come auspicato dagli operatori del settore, per una cifra di 90 milioni di euro. Tax credit che sarà introdotto anche per la musica per una cifra pari a 5 milioni di euro, per far fronte alla crisi del mercato musicale. Auguriamoci che l’onere per i contribuenti serva a fare resuscitare cinema e canzonette di qualità; la prova è in che misura “sfondano” sui mercati internazionali. Se il pubblico volta loro le spalle, perché devono essere tenute a galla con le nostre tasse? Gli enti culturali vigilati dal MiBAC e i teatri stabili pubblici non dovranno più effettuare i tagli orizzontali sulle spese relative a pubblicità e tournée come previsto dalla spending review e, per risanare la situazione debitoria delle fondazioni liricosinfoniche, queste potranno accedere a un fondo di 75 milioni di euro di prestiti agevolati, che sarà gestito da un commissario straordinario. Viene anche introdotto l’obbligo di cooperazione tra le fondazioni.
Consigli di amministrazione pubblici e privati
Nell’art.11, si riducono i componenti dei consigli di amministrazione,  riduzione che toccherà soprattutto la presenza dei membri privati,  ai quali si domanda una “fidelizzazione” consistente e di durata quinquennale. Insomma un privato, per avere un posto in consiglio di amministrazione della Scala, per esemplificare, deve assicurare per un periodo di cinque anni un consistente apporto finanziario. Nonostante da dieci anni al MIBAC si succedano commissioni di studio per portare gli sgravi tributari per le elargizioni liberali alla cultura, si resta alla detrazione del 19% prevista quando Prodi era Presidente del Consiglio e Visco Ministro; essa sotto-intende che le elargizioni vengano effettuate da chi un’aliquota marginale del 19%, quindi un reddito annuo inferiore ai 20.000 euro. Però, le donazioni fino a 5mila euro in favore della cultura potranno essere effettuate in maniera semplificata: senza oneri amministrativi a carico del privato, con la garanzia della destinazione indicata dal donatore e con la piena pubblicità delle donazioni ricevute e del loro impiego. Altre norme specificano che alle fondazioni ed ai teatri si applicano molte regole della pubblica amministrazione in materia di acquisti di beni e servizi: ciò vuol dire gare d’appalto anche per un manifesto pubblicitario. Gli amministratori saranno responsabili in proprio per disavanzi e debiti. Spira aria di numerose rinunce agli incarichi in essere.
Inoltre, le pubblicazioni che documentino ricerche finanziate almeno per metà da fondi pubblici, saranno accessibili gratuitamente e telematicamente da chiunque e le esecuzioni, le rappresentazioni e le letture di una di queste opere, qualora avvenissero all’interno di una biblioteca, non saranno ritenute pubbliche se realizzate per promozione culturale e valorizzazione dell’opera stessa.
Nuovo metodo per l’assegnazione dei fondi
Infine i fondi non saranno più assegnati a pioggia, ma distribuiti in relazione alle attività svolte e rendicontate e a fini di trasparenza sarà prevista un’anagrafe degli incarichi amministrativi e artistici degli enti di spettacolo. Ma il MIBAC non si è mai dato una struttura di valutazione; quella che aveva creato in base ad una legge del 1999 valida per tutte le amministrazioni, la ha smantellata verso il 2005.
Sorpreso per gli scioperi, il Ministro Bray ha diramato un comunicato secondo cui le norme “sono a favore di tutte le fondazioni e il ministro intende, come loro naturale corollario, emanare al più presto tutti i regolamenti previsti dalla legge 100 di riforma della lirica del 2010, tuttora in vigore, con cui valorizzare le peculiarità di ogni singola realtà, a partire proprio dal Teatro alla Scala di Milano e dall’Accademia Santa Cecilia di Roma“.
Vedremo, ma non può non esserci una punta di scetticismo. Quindi, monitoreremo.

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