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Mingardi e Tremonti, vizi e virtù del mercato mi annoiano
12 - 02 - 2013Giuseppe Pennisi
Il direttore del pensatoio liberista Istituto Bruno Leoni (IBL), Alberto
Mingardi, ha riassunto il succo del suo pensiero (spesso già proposto in quotidiani
e periodici di cui è brillante collaboratore) in un saggio recente: “L’intelligenza del denaro. Perché il mercato ha ragione
anche quando ha torto” Marsilio Editori 2013 pp. 336 euro 21,00.
Il libro è stata recensito su Formiche.net del
5 febbraio. Questo intervento non vuole essere una
contro-recensione, ma ha l’obiettivo di stimolare un dibattito in una fase in
cui si sta concludendo una campagna elettorale e presto un governo dovrà
predisporre un programma di politica economica.
Vorrei precisare che a differenza di Mingardi (che è uno studioso di
filosofia e di scienza della politica) sono un semplice economista che ha
passato gran parte della vita a tentare di insegnare i rudimenti della “triste
scienza” a generazioni di studenti.
Voglio aggiungere che le diatribe tra i vizi e le virtù del mercato – quale
quelle cui dedica molto tempo e sforzo il fine tributarista Giulio Tremonti –
mi annoiano: quando ero giovane, iniziava in Italia l’esperienza dei governi di
centro-sinistra e tali dibattiti hanno inondato letteratura di ogni ordine e
grado (dall’accademia più raffinata al “Radiocorriere”), creando, a chi ha
vissuto quegli anni, una vera e propria insofferenza nei confronti
dell’argomento. Tuttavia, il saggio di Mingardi è scritto in una prosa brillante,
si legge bene ed è pieno di esempi di vita corrente oltre che basato su una
buona, pur se essenziale, bibliografia.
Ciò che al lavoro di Mingardi manca – e quel che è più grave – al dibattito
elettorale, gettando una luce piena di presagi inquietante non tanto sul
lontano programma di governo, è una discussione sulla fragilità del
libero mercato, una fragilità rivelatasi tanto più severa da
quando si è via via passati da mercati chiusi nazionali, a mercati regionali
(come quello europeo) a mercati internazionali (come quello del mondo
‘globalizzato’).
In effetti, perché il mercato svolga il suo ruolo di fornitore spedito ed
efficace di informazioni su cui plasmare domanda ed offerta ci vogliono
condizioni di parità dai partner, soprattutto sotto il profilo
dell’informazione, raramente riscontrabili in mercati “nazionali” e ancora più
raramente in quelli “regionali” e “internazionali”. Spesso i protezionismi e
gli eccessi di regole sono tentativi per “rafforzare” il mercato renderlo meno
fragile: sovente in questo come in altri campi le vie dell’Inferno sono
pavimentate di buone intenzioni.
Tutto ciò – è ver o- si apprende nelle prime lezioni di qualsiasi corso di
economia politica. Non è certo questa la sede per parlarne a proposito del
saggio di Mingardi. In queste settimane, però, Formiche.net può
prendere spunto dal libro per aprire un dibattito su come rafforzare il
mercato, o curarne la fragilità, in alcuni comparti specifici.
Il primo che mi viene in mente è quello dell’informazione, sotto due profili:
a) l’informazione essenziale per un adeguato funzionamento del mercato in
generale e b) l’industria dell’informazione (in gravi difficoltà perché non
riesce a metabolizzare il profondo cambiamento tecnologica e la perdita del
monopolio della tecnologia di cui Europa e Usa han goduto per due secoli).
In Italia solo in poche università di insegna quella teoria economica
dell’informazione che consentirebbe alla politica economica di mettere in atto
incentivi “a basso potenziale” (nel lessico della professione) quali
l’istruzione per migliorare la situazione generale del Paese, coniugandoli, di
tanto in tanto, con “incentivi ad alto potenziale” e “atti irreversibili”
(quali l’euro), per migliorare il funzionamento del mercato in generale. I
programmi elettorali brillano per il loro assordante silenzio. Cosa si può
suggerire?
L’industria dell’informazione pare dibattersi in mezzo al guado una palude
piena di risucchi. Cosa fare per agevolarne la transizione verso nuovo sponde
(dato che è difficile concepire di tornare sulle vecchie)?
Cominciamo da queste due provocazioni che emergono dalla lettura del libro
per mettere a confronto idee e progetti.
2 commenti:
Condivido pienamente la noia di Pennisi verso l'argomento generico delle virtu' e vizi del mercato. E sovvente una discussione tra politici che non capiscono cosa significa "mercato". Il mercato, quando funziona (informazione, verita' delle ipotesi necessarie al suo funzionamento) ha pochi difetti. I difetti si manifestano quando non ci sono le basi per far funzionare un mercato competitivo, cosa piu' frequente di quanto si pensasse... e per questo "insight" hanno dato un Nobel a Stglitz...
I mercati inperfetti, incompleti, inesistenti... rendono un sistema Walrasiano insolubile.. cioe' non esite soluzione.. al problema economico, quindi.. non si accreditano le virtu' del mercato...
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