venerdì 22 febbraio 2013

A Palermo va in scena la «Valchiria» clochard in Avvenire del 23 febbraio



A Palermo va in scena la «Valchiria» clochard


DA PALERMO

GIUSEPPE PENNISI


C

on Valchiria , prima giornata del wagne­riano Anello del Ni­belungo , la drammaturgia dell’intero ciclo portato a Palermo con la regia di Graham Vick e scene e co­stumi di Richard Hudson diventa chiara. Ci si ispira ai canoni della tragedia greca (tre parti con unità ari­stoteliche di tempo e di luo­go) e 'dramma satiresco' (ossia la commedia). In questo ciclo quest’ultimo viene presentato all’inizio: il prologo de L’oro del Reno, recensito su Avvenire il 24 gennaio scorso, che si svol­ge in un mondo di Dei ger­manici visto, nell’allesti­mento, con ironia. In Val­chiria (in scena sino al 3 marzo) siamo nel mondo delle passioni umane (a­more, sesso, potere) anche se ci sono presagi della fine delle vecchie divinità, or­mai ridotte a vivere in un camper parcheggiato ac­canto a una discarica. Non manca il coro: 40 mimi che prendono pure le guise di cavalli e sostituiscono ad e­lementi scenici. La tragedia (in cui si intersecano quat­tro vicende di coppia) si svolge in una squallida, cu­pa e violenta periferia in quello che sembra essere un Land settentrionale del­la Germania orientale dove ci sono anche resipiscenze di neonazismo: solo alla fi­ne un campo fiorito indica la speranza. Sono molto cu­rati recitazione, movimen­ti dei corpi e numerosi det­tagli. È una Valchiria im­perniata sui drammi della famiglia di Wotan (il Re de­gli Dei ridotto a poco più di un barbone) in un ambien­te in cui manca la trascen­denza tipica di tutte le ope­re di Wagner. È una lettura originale e non priva di for­za drammatica ma desti­nata a fare discutere in at­tesa della messa in scena (da parte della stessa squa­dra) in autunno, delle altre due opere del Ring, Sigfri­do

e Il Crepuscolo degli Dei.

Rispetto a L’oro del Reno è decisamente migliorata la concertazione di Pietari Inkinen: i tempi sono tenu­ti con puntualità quasi pi­gnola e vengono sottoli­neati gli abbandoni lirici. Buone le sonorità orche­strali, nonostante l’organi­co sia meno numeroso da quello previsto dal compo­sitore e l’orchestra pare in qualche momento aver perso la disciplina acquisi­ta nel recente passato. Tra le voci spicca il gruppo fem­minile: Lise Lindstrom de­butta molto efficacemente nell’impervio ruolo di Brünnhilde, Ausrine Stundyte è una Sigliende appassionata e generosa ed i panni di Fricka vestono Anna Maria Chiuri a pen­nello. John Treleaven fu un grande Tristano trent’anni fa; corso a sostituire, per tutte le recite, un collega, non ha più la presenza e la vocalità di Siegmund , spe­cialmente nei legati e negli acuti e fa leva, quindi, sul fraseggio. Frans Hawlata è uno stanco Re degli Dei che ha tenuto le forze per il lun­go monologo del terzo atto. Successo di pubblico, ma alla prima, al terzo atto non mancavano file vuote. Non tutti sono usi a cinque ore in teatro con due brevi in­tervalli.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Dopo «L’oro del Reno» prosegue al Massimo il Ring di Graham Vick che fa sprofondare Wotan e gli altri personaggi in una periferia squallida e violenta Cresce la direzione di Inkinen



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