A Palermo va
in scena la «Valchiria» clochard
DA PALERMO
GIUSEPPE PENNISI
C
on Valchiria , prima giornata del wagneriano Anello del Nibelungo , la drammaturgia dell’intero ciclo portato a Palermo con la regia di Graham Vick e scene e costumi di Richard Hudson diventa chiara. Ci si ispira ai canoni della tragedia greca (tre parti con unità aristoteliche di tempo e di luogo) e 'dramma satiresco' (ossia la commedia). In questo ciclo quest’ultimo viene presentato all’inizio: il prologo de L’oro del Reno, recensito su Avvenire il 24 gennaio scorso, che si svolge in un mondo di Dei germanici visto, nell’allestimento, con ironia. In Valchiria (in scena sino al 3 marzo) siamo nel mondo delle passioni umane (amore, sesso, potere) anche se ci sono presagi della fine delle vecchie divinità, ormai ridotte a vivere in un camper parcheggiato accanto a una discarica. Non manca il coro: 40 mimi che prendono pure le guise di cavalli e sostituiscono ad elementi scenici. La tragedia (in cui si intersecano quattro vicende di coppia) si svolge in una squallida, cupa e violenta periferia in quello che sembra essere un Land settentrionale della Germania orientale dove ci sono anche resipiscenze di neonazismo: solo alla fine un campo fiorito indica la speranza. Sono molto curati recitazione, movimenti dei corpi e numerosi dettagli. È una Valchiria imperniata sui drammi della famiglia di Wotan (il Re degli Dei ridotto a poco più di un barbone) in un ambiente in cui manca la trascendenza tipica di tutte le opere di Wagner. È una lettura originale e non priva di forza drammatica ma destinata a fare discutere in attesa della messa in scena (da parte della stessa squadra) in autunno, delle altre due opere del Ring, Sigfrido
e Il Crepuscolo degli Dei.
Rispetto a L’oro del Reno è decisamente migliorata la concertazione di Pietari Inkinen: i tempi sono tenuti con puntualità quasi pignola e vengono sottolineati gli abbandoni lirici. Buone le sonorità orchestrali, nonostante l’organico sia meno numeroso da quello previsto dal compositore e l’orchestra pare in qualche momento aver perso la disciplina acquisita nel recente passato. Tra le voci spicca il gruppo femminile: Lise Lindstrom debutta molto efficacemente nell’impervio ruolo di Brünnhilde, Ausrine Stundyte è una Sigliende appassionata e generosa ed i panni di Fricka vestono Anna Maria Chiuri a pennello. John Treleaven fu un grande Tristano trent’anni fa; corso a sostituire, per tutte le recite, un collega, non ha più la presenza e la vocalità di Siegmund , specialmente nei legati e negli acuti e fa leva, quindi, sul fraseggio. Frans Hawlata è uno stanco Re degli Dei che ha tenuto le forze per il lungo monologo del terzo atto. Successo di pubblico, ma alla prima, al terzo atto non mancavano file vuote. Non tutti sono usi a cinque ore in teatro con due brevi intervalli.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Dopo «L’oro del Reno» prosegue al Massimo il Ring di Graham Vick che fa sprofondare Wotan e gli altri personaggi in una periferia squallida e violenta Cresce la direzione di Inkinen
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