Il grande spreco
Un problema centrale dell’economia e della società italiana
Il 7 febbraio è stato presentato nella Sala Aldo Moro della
Camera dei Deputati (priva di parlamentari a ragione della sospensione dei
lavori per la campagna elettorale) il Rapporto sulla Sussidiarietà 2012-2013
che in questa tornata ha come tema ‘i neolaureati sul mercato del lavoro’. Il
documento ne anticipa un altro che verrà presentato, a Venezia, il 12 marzo dal
Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. La sala era piena ma sarebbe
stata auspicabile una maggiore presenza di deputi perché tratta di un tema che
tra una ‘manovra’ e ‘l’altra’ ed una spending review e l’altra viene spesso
trascurata: il ‘grande spreco’ delle scarse risorse destinate alla formazione
‘di terzo livello’ (ossia quello universitario) delle risorse umane.
Nelle ultime settimane abbiamo appreso che il numero complessivo degli iscritti alle università ha subito un vero e proprio tracollo negli ultimi dieci anni, ma ci siamo consolati con altri dati in base ai quali la produzione annuale di laureati aumenta (anche grazie a riforme Ue che incoraggiano a terminare ogni anno il programma di studi rendono più difficile la vita dei ‘fuori corso’). Il Rapporto, però, pone in primo piano un aspetto inquietante: nel 2012 , in uno dei maggiori Paesi del mondo occidentale e nel secondo Paese, meno del 30% di coloro che avevano 19 anni si sono iscritti all’università. Il documento sviscera la varie determinanti: la bassa scolarizzazione universitaria delle famiglie dei diciannovenni (il 75% dei neolaureati vengono da famiglie in cui né padre né madre hanno un diploma di laurea), il sostanziale fallimento di avere dato un carattere professionalizzante al triennio, la mancanza di un efficace orientamento agli studi, le ristrettezze nell’immediato e le apprensioni per il futuro a causa della crisi economica in corso ormai da anni. Al tempo stesso, elimina alcuni pregiudizi: appena il 4% dei giovani insistono per trovare lavoro nella provincia di residenza. Molti sono pronti ad andare anche lontano. E chi va all’estero e soprattutto fa ‘stage’ formativi ha maggiori e migliori possibilità d’impiego.
Non è questa la sede per entrare negli aspetti tecnici e nei dettagli del ‘grande spreco’. Tuttavia non pare che i programmi elettorali ne tengano adeguatamente conto. Eppure proprio in questi giorni un lavoro dagli Stati Uniti (lo IZA Discussion Paper No 7089) ci ricorda che questo il problema centrale dell’economia e della società italiana.
Nelle ultime settimane abbiamo appreso che il numero complessivo degli iscritti alle università ha subito un vero e proprio tracollo negli ultimi dieci anni, ma ci siamo consolati con altri dati in base ai quali la produzione annuale di laureati aumenta (anche grazie a riforme Ue che incoraggiano a terminare ogni anno il programma di studi rendono più difficile la vita dei ‘fuori corso’). Il Rapporto, però, pone in primo piano un aspetto inquietante: nel 2012 , in uno dei maggiori Paesi del mondo occidentale e nel secondo Paese, meno del 30% di coloro che avevano 19 anni si sono iscritti all’università. Il documento sviscera la varie determinanti: la bassa scolarizzazione universitaria delle famiglie dei diciannovenni (il 75% dei neolaureati vengono da famiglie in cui né padre né madre hanno un diploma di laurea), il sostanziale fallimento di avere dato un carattere professionalizzante al triennio, la mancanza di un efficace orientamento agli studi, le ristrettezze nell’immediato e le apprensioni per il futuro a causa della crisi economica in corso ormai da anni. Al tempo stesso, elimina alcuni pregiudizi: appena il 4% dei giovani insistono per trovare lavoro nella provincia di residenza. Molti sono pronti ad andare anche lontano. E chi va all’estero e soprattutto fa ‘stage’ formativi ha maggiori e migliori possibilità d’impiego.
Non è questa la sede per entrare negli aspetti tecnici e nei dettagli del ‘grande spreco’. Tuttavia non pare che i programmi elettorali ne tengano adeguatamente conto. Eppure proprio in questi giorni un lavoro dagli Stati Uniti (lo IZA Discussion Paper No 7089) ci ricorda che questo il problema centrale dell’economia e della società italiana.
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