Vincitori (Merkel e Cameron) e vinti (Monti) del nuovo bilancio Ue
09 - 02 - 2013Giuseppe PennisiSi può immaginare che cosa avviene al termine di un negoziato su un bilancio settennale tra 27. Le possibili soluzioni 27 alla ventissettesima potenza: svariate centinaia di milioni. Ciascuno dei 27 ha almeno una funzione obiettivo (ossia una serie di obiettivi) da massimizzare, soggetti ai vincoli delle regole europee. Sarebbe necessario un calcolo matematico molto complicato per giungere a stime professionali credibili.
Il senatore Mario Monti lo sa, ma, dato che è “salito in politica” ed è in piena campagna elettore, è giocoforza che dimentichi quanto i suoi colleghi insegnano in Bocconi. Quindi, anche lui, è entrato del “coretto a cappella” a 27 voci inneggiando alla vittoria dello Stato chiamato a rappresentare.
Ma – si chiederebbe Bertoldo – se le risorse sono diminuite del 7% in termini nominali e del 20% circa in termini reali – è la prima volta che il bilancio europeo viene ridotto rispetto a quello del settennato precedente – come sono riusciti a vincere tutti i 27?
Senza ricorrere a calcoli complessi, basta fare quello del fruttivendolo. Nella battaglia sul bilancio 2014-2020 dell’Unione europea (UE), hanno vinto Angela Merkel e David Cameron e perso quasi tutti gli altri dai fautori della crescita euro-keynesiana, a cominciare da François Hollande e José Manuel Barroso (in Italia il più determinato in materia il responsabile dell’economia del Pd, Stefano Fassina) e coloro che volevano “più Europa” verso lidi federalisti da ottenere con un trasferimento di risorse dagli Stati nazionali all’UE.
Mario Monti, e pensatoi come lo IAI e l’ISPI (nonché il comitato italiano del movimento federalista europeo, a lungo presieduto da Giorgio Napolitano, sono i perdenti sia politicamente sia contabilmente.
Quando si perde è meglio ammetterlo, chiedersene le ragioni, vedere come mutare obiettivi e strategia, piuttosto che stappare bottiglie di campagne.
L’Italia è tra i perdenti perché, come abbiamo documentato su Formiche.net dell’8 febbraio, gli stessi indicatori Ue indicano che, a ragione della nostra situazione economica e sociale, dovremmo essere tra i beneficiari netti del bilancio europeo.
Invece, ci viene data la possibilità di restare tra i tre maggiori contributori netti (con uno sconto nominale del 20% ma reale del 5% ) rispetto al settennato precedente; tale sconto sarà effettivo solo se le amministrazioni statali e regionali diventeranno da tardocrati a corridori di fondo nella gestione dei fondi strutturali e dei fondi di coesione. Chi crede che ciò possa avvenire, è un’anima bella, destinata, in questa terra di lacrime, ad altre batoste. In particolare, dopo tanta retorica su crescita, innovazione e investimenti.
Lo sottolinea lo stesso Presidente del Parlamento Europeo che fa trapelare la possibilità di un veto al termine del voto segreto con cui, senza disciplina di partito e senza perimetri nazionali, proprio perché nell’austerità complessiva si è difesa la politica agricola ed i fondi strutturali e di coesione a danno dell’innovazione e dei giovani.
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