La Primavera
delle Arti di Montecarlo
La Piazza del Casino di Monte-Carlo
Festival • Dal
15 marzo al 14 aprile, nel corso di quattro weekend il festival che ha sede nel
Principato di Monaco propone omaggi a Beethoven e a Bartók, musiche e danze
cambogiane e congolesi, oltre a pagine di quella che il nazismo bollò come
“musica degenerata”
di Giuseppe Pennisi
N ella vulgata giornalistica il Principato di Monaco è
spesso visto come un Paese da operetta: è una delle perle (ove non la perla per
eccellenza) della Costa Azzurra, non si pagano imposte sul reddito, ha
palazzi e strade eleganti, uno sporting club con un porticciolo pieno di yacht,
vi abita gente ad alto reddito, ha un circuito automobilistico famoso, viene
scelto per film eleganti (quasi sempre in chiave di “commedie per adulti”). È
noto che ha un Teatro dell’Opera importante, una riproduzione in miniatura di
quello eretto a Parigi dall’architetto Charles Garnier ai tempi della borghesia
trionfante del Secondo Impero: in quel teatro ebbe la prima mondiale La
Rondine di Puccini ed ancora c’è una stagione lirica con quattro-sei
produzioni l’anno, a volte in collaborazione con enti italiani (il Bellini di
Catania, il Regio di Parma, il Festival Puccini di Torre del Lago). È meno noto
che da circa trent’anni si tiene anche un festival importante, il Printemps des
Arts de Monte-Carlo (La Primavera delle Arti di Montecarlo), che attrae
pubblico da tutto il mondo. È una rassegna di cameristica e sinfonica che si
svolge nei fine settimana (anche per rendere più facile l’arrivo di spettatori
da Parigi, Bruxelles, Milano, Torino, Ginevra). Non è strettamente un festival
a tema, ma ogni modulo, quindi ogni week end, ha un suo proprio argomento.
Quest’anno il festival apre e chiude con Le
Portrait Beethoven, un omaggio ad uno dei più grandi compositori della
storia della musica, alternando lavori notissimi (come la Sonata “a
Kreutzer”) ad altri meno eseguiti (i trii con pianoforte e le variazioni
per violoncello). Il resto del festival è in gran misura dedicato a due
compositori dell’Europa centrale ed orientale (Bartók e Stravinsky) messi
a confronto con musiche di terre molto lontane (la Cambogia e l’Africa). Ci
sono ragioni puntuali come il centenario della prima esecuzione del Sacre du
Printemps di Stravinsky e l’approssimarsi di quello del Principe di
Legno di Bartók. Ma ci sono nessi più profondi: Bartók fu uno dei primi
compositori ad interessarsi sistematicamente come studioso alla musica etnica e
proprio con il Sacre Stravinsky portò in Occidente la musica russa. Cosa
meglio che confrontarli con la musica e le danze dell’impero cambogiano Khmer e
con le danze e sinfonie congolesi, oltre che con quella che il nazismo bollò
come “musica degenerata”?
Protagonisti del primo fine settimana, a partire dal
15 marzo nel Salon Debussy dell’Hôtel de Paris, saranno il pianista
François-Frédéric Guy, il violinista Tedi Papavrami e il violoncellista Xavier
Phillips. All’inaugurazione di venerdì seguiranno due concerti nella giornata
di sabato, ospitati nella magnifica Salle Empire dell’Hôtel de Paris, per
chiudere con due appuntamenti pomeridiani domenicali all’Opéra. Tra gli
interpreti dei weekend successivi, il Quartetto Arditti, il Balletto Reale
della Cambogia, l’Orchestra del Teatro Mariinskij diretta da Valery Gergiev,
l’Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo con Frank Peter Zimmermann al
violino, Mervon Mehta voce narrante e sul podio Lawrence Foster. Per il
programma completo, consultare qui il sito del Printemps des Arts.
© Riproduzione riservata
Nessun commento:
Posta un commento