Quando il
Reno diventa d’oro
Omaggio a Wagner (di cui ricorre il
bicentenario dalla nascita) da parte dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
di Hans Sachs - 26 febbraio 2013
17:12 fonte ilVelino/AGV NEWS Roma
L'omaggio a Wagner (di cui ricorre
il bicentenario dalla nascita) da parte dell'Accademia Nazionale di Santa
Cecilia è stato offrire al pubblico romano, ed a coloro accorsi a Roma per
l'occasione, la produzione in forma di concerto de ‘L’Oro del Reno’ con una
formazione analoga a quella che in luglio si ascolterà a Bayreuth (e che nella
cittadina della Baviera settentrionale resterà in scena per quattro anni) .
Alla prima del 23 febbraio seguono due repliche il 25 ed il 27 febbraio. Dirige
il giovane siberiano Kirill Petrenko, che nel 2010 entusiasmò il pubblico
romano con la sua concertazione di Stravinski e Šostakovi . A soli 27 anni
Petrenko è balzato agli onori della cronaca musicale per aver eseguito l’intera
Tetralogia in quattro serate consecutive con quattro differenti orchestre (una
vera esibizione di virtuosismo). Interpreti di rango sono impegnati in questa
produzione dell’Accademia come Wolfgang Koch (Wotan) Martin Tzonev (Donner)
Endrik Wottrich (Froh) Peter Galliard (Loge) Andreas Scheibner (Alberich) Kurt
Azesberger (Mime) Roman Astakhov (Fasolt) Dirk Aleschus (Fafner) Ulrike Helzel
(Fricka) Nina Bernsteiner (Freia) Andrea Bönig (Erda) Talia Or (Woglinde)
Dagmar Peckova (Wellgunde) Hermine Haselböck (Flosshilde). A Bayreuth,
l’allestimento scenico (sui cui contenuti vige il top secret) verrà firmato da
Frank Castorf, uno dei più apprezzati registi della Germania federale Ero alla ‘prima’,
il 23 febbraio. Dopo due ore e mezza di silenzio assoluto in quanto irretito
dalla magia dell’orchestra e delle voci, il pubblico dell’Accademia (di solito
compassato e frettoloso) è esploso in quindici minuti di applausi, seguiti da
una lunga standing ovation – tutti in piedi ad applaudire. Il chroniqueur ha il
dovere di spiegare ai lettori il perché. In primo luogo, come diceva il mai
troppo compianto Giuseppe Sinopoli, “eseguire Wagner in forma di concerto non è
una maniera per risparmiare le scene ma un modo molto profondo per liberarsi
dal e raggiungere una comprensione più esaltante , più visionaria del tutto”.
Ciò si applica specialmente a ‘L’Oro del Reno’ il cui testo comporta
cambiamenti di ambiente a scena aperta (dalle profondità del fiume, alle vette
del Regno dei Dei , alle viscere della terra dove regnano i nani e di nuovo
nelle montagne degli elfi bianchi), trasformazioni a vista , elementi
primordiali e via discorrendo. Delle numerose edizioni che ho visto soltanto
poche sono riuscite a rendere in forma scenica il significato del tutto. In
secondo luogo, Petrenko, che tra breve sarà Generalmusikdirektor della
Staatsoper di Monaco di Baviera e che tra il 2002 ed il 2007 ha fatto diventare
quello che era un teatro secondario (la Komische Oper di Berlino) uno dei più
importanti palcoscenici della Germania, ha concertato l’opera in modo
straordinario. A questo punto, occorre dare ai lettori un termine di paragone.
‘L’Oro del Reno’ è – come è noto- il ‘Prologo’ in un atto della tetralogia ‘L’Anello
del Nibelungo’. Nel ‘Prologo’- come è d’uopo- si presentano i caratteri
fondanti di tutto il lavoro: la brama di potere che porta alla trasgressione
delle regole e , quindi, al crepuscolo ed alla fine delle antiche divinità
germaniche, la maledizione che il potere comporta, la rinuncia all’amore per
avere il potere, l’esigenza di un ‘redentore’ innocente per andare verso un
mondo nuovo e differente, la presenza costante della natura delle foreste, dei
boschi, delle radure, delle acque, e via discorrendo. Esistono un’ottantina di
versioni discografiche tramite le quali raffrontare gli stili personalissimi
dei maestri concertatori, alcuni dei quali hanno cambiato approccio negli anni
– ad esempio, Mehta, a Firenze, ha offerto una lettura maestosa nel 1979-82 ed
una romantica nel 2006-2009. Sin dalle prime battute (il misterioso mi bemolle
dei contrabbassi ai cui si unisce, nei fagotti, la quinta, si bemolle, e alla
17 battuta un leggero e progressivo moto fluttuante ), ci accorgiamo che non
siamo in una lettura eroica alla Furtwängler , o intimista alla Karajan , o
psicoanalitica alla Sinopoli (per citare soltanto alcune delle più note) ma ad
una interpretazione simile a quella effettuata negli studi della Decca tra la
fine degli Anni Cinquanta all’inizio degli Anni Sessanta da Solti con la
Filarmonica di Vienna in pieno fulgore ed un cast d’eccezione – un prodigio
tecnologico (curato da John Cushlaw ) che segnò una svolta nella stereofonia ma
anche un miracolo musicale che mostrò, pure grazie ad un cast eccezionale, un
Oro del Reno (ed un Anello del Nibelungo) cesellato, quasi cameristico, ma con
volume sonoro ampio e spaziato. E’ questo il tratto della edizione di Petrenko,
possibile grazie all’ampio spazio dell’Auditorium Santa Cecilia a Roma –ed in estate
a quello di Bayreuth- che rendono fattibili sia effetti stereofonici (ad
esempio, nella scena di Erda e nella discesa al mondo dei Nibelunghi e nelle
successiva ascesa all’altopiano degli Dei), nonché ad un cast eccezionale
perché scelto con molta cura tra specialisti dei vari ruoli. In sintesi, una
grande esperienza emotiva,oltre che musicale, per chi in sala alle recite
romane e per chi avrà la fortuna di andare a Bayreuth. Senza dubbio, ne uscirà,
un CD ed un DVD.
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