LA LIRICA ITALIANA SI FA EUROPEA
Beckmesser
Beckmesser
Il prossimo
Governo ed il prossimo Parlamento erediteranno dal precedente il testo unico
sulla lirica (e, per certi aspetti, per la grande concertistica). Definire l’articolato,
è stato un lavoro immane, iniziato quando Sandro Bondi era Ministro e terminato
alla fine del 2012. Si è trattato di dare un senso a molteplici norme (spesso
contraddittorie) ed armonizzarle guardando al futuro ed al resto d’Europa non
al passato oppure ad un presente ancora pieno di incrostazioni
particolaristiche. I testi unici hanno comunque il vantaggio di semplificare
normative di settore accavallatesi negli anni, spesso per rispondere a questa
od a quella esigenza (anche pi che legittima) ma senza tener conto del sistema
nel suo complesso. Quello per la lirica un testo complesso, sul quale si sono
divisi i sovrintendenti dei maggiori teatri e che ha incontrato l’opposizione
dei 5.000 dipendenti delle fondazioni lirico- sinfoniche, i quali perderebbero
alcune posizioni di vantaggio rispetto ai colleghi di teatri di tradizione.
Il suo punto forte è che porta la legislazione italiana in linea con quella di Stati europei come la Germania, l’Austria e la Francia dove la lirica non è una sorella povera dello spettacolo dal vivo ma una realtà viva e vivace. Al pari di quanto avviene nei maggiori Paesi europei pone un vincolo al finanziamento dello Stato: per essere tale una fondazione dovrà coprire il proprio bilancio con entrate proprie (biglietteria, sponsorizzazioni) e contributi da enti locali (Regioni, Province, Comuni) , nonché l’apporto di soci privati. Gli enti locali protestano di essere già troppo oberati: ciò però li costringere se utilizzare gli stanziamenti per la cultura a pioggia, se finanziare la fiera del carciofone o della patata rossa o se contribuire al loro teatro, spesso un gioiello architettonico ricevuto in eredità dalle generazioni precedenti. Ciò costringerà anche a mettere bocca nella programmazione del teatro, in cercare sinergie, ad attivare circuiti con istituzioni simili in Italia ed all’estero. Chi non può non vuole sostenere la propria fondazione lirica a non sentirla radicata nella propria comunità o subirà un declassamento: la fondazione (con finanziamenti statali triennali) diventer࠵n teatro di tradizioni (con finanziamenti statali basati sul numero delle rappresentazioni effettive. Il punto debole di questo accorgimento è che non si prevedono incentivi europei per la deduzioni dei contributi privati dall’imponibile- nel resto d’Europa si aggirano sul 30% dell’elargizione filantropica mentre in Italia si è sul 19%. Non è, quindi, detto che il numero delle attuali fondazioni (14) resti tale e quale; alcune, a mio avviso, diventeranno teatri di tradizione a ragione del basso numero delle alzate di sipario (la media italiana sulle 80 l’anno rispetto alle 150 dell’UE a 15 ed alle 180 dell’UE a 27) , dei pochi abbonati e spettatori in generale e della scarsa qualità cori ed orchestre.
In effetti,
il testo unico prevede la sostituzione della contrattazione nazionale
collettiva con contrattazioni dei singoli corsi ed orchestre con le fondazioni.
Questo è l’aspetto che pi irrita le maestranze. Però anche un aspetto che ci
avvicina all’Europa dove in molti casi cori ed orchestre hanno personalità giuridica
autonoma che negozia con i teatri. E senza dubbio un tema difficile dove non è
semplice individuare soluzione equa ed efficiente.
Altro punto
difficile è la valutazione della qualità
della programmazione, elemento che entra nelle decisioni sull’entità dei
finanziamenti. Si punsare di affidarla alla Consulta per la Musica del
Ministero, ma sono essenziali criteri trasparenti quali il numero di Premi
Abbiati ricevuti, le coproduzioni con grandi teatri stranieri, le prime
mondiali. Ci sono, senza dubbio, miglioramenti da fare. Speriamo che non
finiscano con snaturare il disegno complessivo.
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