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domenica 17 febbraio 2013
La Valchiria arriva a Palermo in Formiche del 17 febbraio
La Valchiria arriva a Palermo
17 - 02 - 2013
Giuseppe Pennisi
“La Valchiria” di Richard Wagner va in scena (dal 21 gennaio) dopo quasi un mese dall’inaugurazione del Teatro Massimo di Palermo con “L’Oro del Reno” che ha raccolto interesse, ma anche qualche dissenso, soprattutto per la regia di Graham Vick. Anche questa volta le scene e i costumi sono di Richard Hudson, i movimenti mimici di Ron Howell e le luci di Giuseppe Di Iorio. Sul podio dell’Orchestra del Massimo il finlandese Pietari Inkinen. Fra interpreti vocali, specialisti di questo repertorio, ritroviamo Franz Hawlata come Wotan, Anna Maria Chiuri come Fricka e poi Lise Lindstrom nel ruolo della valchiria Brünnhilde e John Treleaven come Siegmund; Alexey Tanovitski è Hunding e Ausrine Stundyte è Sieglinde. Le otto valchirie sono: Brigitte Wohlfahrth (Gerhilde), Julia Borchet (Ortlinde), Nydia Palacios (Waltraute), Annette Jahns (Schwertleite), Nadine Weissbach (Helmwige), Kremena Dilcheva (Siegrune), Eva Vogel (Grimgerde), Manuela Bress (Roßweiße). Il “Ring”, interamente prodotto dal Teatro Massimo, ritornerà poi in scena in autunno con le ultime due opere, “Sigfrido” (19-30 ottobre) e “Crepuscolo degli Dei” (23 novembre-4 dicembre).
Per mera coincidenza, dal 23 ottobre a Roma, viene presentato “L’Oro del Reno”, in versione da concerto, con l’orchestra sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta da Kirill Petrenko. Nato in Russia nel 1972 e ospite regolare sul podio delle maggiori orchestre del mondo come i Berliner Philharmoniker e dal prossimo settembre assumerà l’incarico di Generalmusikdirektor dell’Opera di Stato Bavarese a Monaco. In estate, nel pieno delle celebrazioni del bicentenario della nascita di Wagner, Petrenko dirigerà la nuova produzione della tetralogia dell’”Anello del Nibelungo” nel “tempio” wagneriano di Bayreuth. E la settimana seguente, alla Scala, iniziano le rappresentazioni di un’altra opera wagneriana, “L’Olandese Volante” che quest’anno – dato che è il lavoro del compositore sassone meno costoso da allestire – si vedrà, in varie versioni, in circa venti città italiane. E’ proprio l’anno del bicentenario dalla nascita di Richard Wagner.
Delle quattro opere che compongono ‘L’Anello del Nibelungo’ di Wagner, la Valchiria
è quella più frequentemente rappresentata al di fuori del resto del ciclo. E’ anche, dopo Lohengrin
,
l’opera più spesso sulle scene tra quelle del genio sassone che rivoluzionò tanto il modo di comporre quanto la maniera di pensare cosa è il teatro in musica. Ci sono varie spiegazioni per la popolarità di La Valchiria. In primo luogo, è un’opera relativamente compatta: tre atti, ciascuno di un’ora e venti minuti circa nonché diviso, sotto il profilo drammaturgico, in tre parti (nonostante il continuo flusso sinfonico orchestrale). In secondo luogo, La Valchiria racconta una storia d’amore (come nella tradizione operistica più antica); anzi molteplici storie d’amore sovrapposte – lo stupro di Sieglinde da parte di Hunding, la passione totalizzante ed innocente (nonostante sia adultera ed incestuosa) di Siegmund e Sieglinde, il rapporto coniugale consunto tra Wotan e Fricka, l’amore paterno di Wotan per Siegmund, Siglinde e soprattutto per Br nnhilde, l’amore filiale di Br nilde per Wotan, il rapporto tra Br nnhilde e le sue sorelle. L’intreccio di amore (anzi di amori) è frammisto ad una complessa vicende di potere (sia nel mondo degli Dei sia in quello degli uomini sia nei nessi che collegano i due); anche il potere è da sempre ingrediente essenziale della tradizione secolare del teatro in musica. In terzo luogo, La Valchiria
è lavoro denso di azione; se si eccettua il monologo di Wotan al secondo atto (15 minuti di tormento per i registi), le vicende avvengono sulla scena (e comprendo tanto slanci appassionati quanto battaglie) non tramite racconti (come nelle altre opere della tetralogia wagneriana). In quarto luogo, “La Valchiria” è ancorata per molti aspetti alla convenzione dell’opera romantica tedesca nella scrittura sia orchestrale sia vocale; non è stato compiuto il vero e proprio salto che, dopo 12 anni di interruzione nella composizione de ‘L’Anello’, Wagner effettuò nel terzo atto di Sigfrido quando, abbandonata la scrittura diatonica, spinse il cromatismo alle soglie della atonalità.
Tuttavia la scrittura comporta equilibri delicatissimi sia nel golfo mistico sia nelle voci. Il sinfonismo è protagonista: l’orchestra ha un grande organico con flauti, oboi e clarinetti a quattro, fagotti a tre, otto corni di cui quattro alternati con le tube, quattro tromboni, quattro tromboni e basso tuba, sei arpe, timpani, percussioni e ben 62 archi. Questa massa strumentale permette la più ampia delle prospettive sonore. Sotto il profilo vocale, il declamato di varia tensione canora si accompagna a clamorose espressioni liriche (quali la scena di passione tra Siegmund e Sieglende al primo atto e lo struggente dialogo tra Br nilde e Wotan che chiude l’opera.
In questi ultimi anni, si sono visti, anche in Italia, allestimenti importanti dell’opera, specialmente a Firenze (dove quello del 2006 è stato appena riportato in scena) ed alla Scala (dove si rivedrà in giugno). Il Massimo di Palermo ha, quindi, di fronte a sé una sfida importante da raccogliere.
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