Il MiTo, ossia la festa musicale che in settembre porterà a Milano ed a Torino pubblico da tutto il mondo, fa un salto importante rispetto al 2007: da una kermesse organizzata con molto entusiasmo ma anche con una buona dose d’improvvisazione, diventa l’ultimo festival. Non solo in senso cronologico – chiude l’estate festivaliera ed fa da preludio alle “stagioni” (operistiche, concertistiche) dell’autunno-inverno. Ma anche nel senso di “ultime” in francese e “ultimate” in inglese – ossia il più complesso ed il più completo dei festival italiani del 2008. Offre ben 230 eventi, la metà dei quali gratuiti e molti i cui biglietti costano, di massima, 10 euro o poco più. Si rivolge al tutto il “popolo della musica” – dalla classica tradizionale a quella contemporanea, dal jazz al country. Compie, in tal modo, un’operazione culturale importantissima: si rivolge ai giovani, che già hanno caratterizzato il MiTo 2007 e che dovrebbero essere ancora più presenti nelle prossime settimane. I 230 eventi, però, non sono una proposta casuale, portando a Torino ed a Milano artisti comunque in giro per l’Italia. Hanno due – tre fili conduttori importanti: la personale di Harrison Birtwhile (uno dei massimi compositori contemporanei), il barocco (nel senso etimologico di musica che non segue regole prestabilite) e nelle sue espressioni attraverso i secoli, il nesso con il visivo.
Come orientarsi in tanta offerta? In gran parte dipende dai gusti di ciascuno: chi ama la grande classica non perderà i concerti della Royal Concertbow Orchestra di Amsterdam e della Cleveland Orchestra (in luglio ed agosto in residenza a Salisburgo); chi predilige il virtuosismo cameristico correrà ad ascoltare Sayaka Shoi, chi è appassionato di jazz o il rock ha un menù vasto sia italiano (Rea e Sellani) sia straniero (Reed, Anderson e Zorn).
Occorre scegliere con cautela per non andare incontro ad emozioni inferiori alle attese. Ad esempio, Cecilia Bartoli è un mezzosoprano d’agilità tra i migliori su piazza: un conto ascoltarla al Teatro dell’Opera di Zurigo od al Massimo Bellini di Catania (due meraviglie acustiche di 800 posti), un altro nel grande spazio del Lingotto. Inoltre, “Gesualdo considered as a murderer” di Luca Francesconi è lavoro ambizioso ma può essere ostico al pubblico meno avvezzo alla traslazione dei madrigali in linguaggio musicale contemporaneo. Infine, “Book of Longing” di Philip Glass per musica, parole ed immagini sarà senza dubbio apprezzato (con una punta di nostalgia per l’avanguardia-che-fu) da chi ha più di 65 anni ma ai giovani può sembrare un glaciale gioco intellettuale.
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