martedì 26 agosto 2008

ECCO PERCHE’ IL PETROLIO STUPIRA’ ANCORA Libero 20 agosto

I prezzi del greggio hanno fatto, negli ultimi giorni, una leggera marcia indietro. E’ l’indicazione di una svolta oppure la domanda (principalmente da parte dei Paesi emergenti) tornerà ad avanzare rapidamente ed a riportare i prezzi alle stelle? Che influenza hanno le grandi compagnie petrolifere internazionali (le “sette sorelle” di una volta) nell’allocare produzione e nel determinare i prezzi? Quanto incidono, invece, l’Opec e le grandi imprese pubbliche nazionali , come la russa Gazprom e la società petrolifera iraniana? Quali sono le prospettive per l’Europa di aggirare il giogo russo- ed anche quello dell’Opec?
Queste domande sono collegate l’una con l’altra. Le rende di estrema attualità non soltanto l’inversione di tendenza dei corsi del petrolio degli ultimi giorni ma anche un’inchiesta del “New York Times” pubblicata lo scorso fine settimana ; in essa si mette in rilievo come le “sorelle” di un tempo siano in quelle che esse considerano gravi difficoltà industriali (non certo finanziarie): i profitti sono elevatissimi (il consuntivo Exxon Mobil segna un margine operativo lordo di 57 miliardi di dollari) a ragione degli alti prezzi ma la produzione sta facendo marcia indietro (sempre la Exxon Mobil la ha ridotta di 650.000 barili al giorno) e soprattutto la loro incidenza sul mercato è sempre più debole. Vengono citati studi della Rice University a Houston, dove il Dipartimento energia è particolarmente autorevole. Una tesi analoga, e per certi aspetti ancora più radicale, è in due lavori di John Simpson della Curtis University of Technology: il primo studia gli effetti delle decisioni Opec (e sostiene che il cartello potrà avere in questi anni implicazioni sulla stabilirà finanziaria mondiale analoghe a quelle che ha avuto negli anni 80 e 90); il secondo documenta, con un’approfondita analisi statistica, che le“major” (le “sorelle”) non sono state in grado, negli ultimi dieci, ad anticipare le mosse dell’Opec.Negli anni 70, le “sorelle” pompavano la metà del greggio mondiale; adesso, appena il 13% e controllano soltanto il 10% delle riserve accertate. Inoltre, mentre nel 1994 spendevano il 15% dei loro utili non distribuiti agli azionisti in ricerca e sviluppo, oggi ne impiegano appena il 6% (mentre il 34% va in diversificazione in altri settori ed in buyback – allo scopo, dicono i maligni, di tenere alte le quotazioni delle loro stesse azioni). Inoltre, l’attacco non viene solo dall’Opec ma soprattutto dalle nuove imprese pubbliche nazionali (ovviamente a carattere monopolistico) che stanno mettendo a soqquadro la stessa vecchia Opec quando sono di Paesi che del cartello dei 13 esportatori non fanno parte.
Il quadro, però, è probabilmente meno fosco di quanto non sembri. In primo luogo, un’analisi di Ed Morse, capo del servizio studi energia di Lehman Brothers, sottolinea come, in termini reali, le quotazioni del petrolio sono destinate a diminuire gradualmente (nonostante l’aggressività nei nuovi monopoli nazionali). Lo dicono non soltanto le previsioni dell’Ocse e dell’Agenzia Internazionale per l’Energia , ma soprattutto l’esperienza delle crisi precedenti – sempre seguite da un rallentamento della domanda. Questa volta è specialmente la Cina (responsabile di oltre la metà della domanda addizionale negli ultimi tre anni) a fare marcia indietro: da 490.000 barili al giorno (in media) negli ultimi tre anni a 390.000 previsti per il 2009. Secondo Morse i prezzi si stabilizzeranno sui 90 dollari al barile. Il rapporto revisionale dell’Opec pubblicato a Vienna il 14 agosto traccia un quadro ancora più ottimista (per i Paesi importatori): “la crescita domanda globale di greggio nel 2009 sarà al livello più basso dal 2002” poiché “la domanda, tradizionalmente forte in estate in Cina e nel resto dell’Asia, non è stata in grado di controbilanciare la caduta della domanda di petrolio nei Paesi Ocse”.
.Una conferma indiretta viene da un’analisi del servizio studi della Banca centrale spagnola (Banco de España Research Paper N. WP 0731) relativa alle risposte all’aumento dei prezzi del petrolio in Francia, Germania, Italia e Spagna. Nel complesso gli effetti sono stati meno devastanti di quanto inizialmente temuto.
Altro aspetto interessante (e poco studiato) è l’efficienza relativa nei nuovi entranti (i monopoli nazionali, specialmente quelli non-Opec). Un’analisi di Christopher Wolf della Università di Cambridge diffusa il 14 agosto (EPRC N. 0813) esamina 1001 osservazioni di efficienza organizzativa nel periodo 1987-2008 (in basa ad una banca dati unica e costruita con pazienza certosina); il risultato è che rispetto alle “sorelle” i monopoli nazionali mostrano scarsa efficienza nell’impiego del lavoro e del capitale, nella generazione di reddito e nella profittabilità in generale: “la preferenza per il petrolio di Stato – dice Wolf – ha un costo molto chiaro”:
Un altro lavoro utile viene dal servizio studi della Bce (Ecb Occasional Paper n. 92). Mette in evidenza come i Paesi del Consiglio per la Cooperazione nel Golfo Persico abbiano in atto non solo un vasto programma di diversificazione interna ma anche di più stretto collegamento con l’Ue, pure al fine di non accentuare il loro ruolo di finanziatori della bilancia dei pagamenti Usa. E’ proprio nel numero di giugno della “Opec Energy Review” un saggio quantitativo di Carole Nahkie che strizza gli occhi all’Ue: smentisce le profezie secondo cui le riserve tradizionali del Mare del Nord: ce ne sarebbero maggiori, anche se ancora non accertate tecnicamente nel Mare di Bering e nell’area regionale artica:
Il supporto non viene unicamente dal Nord, ma anche dal Sud – dalla rete di nuovi gasdotti ed oleodotti per collegare direttamente l’Europa con i bacini dell’Asia centrale (in primo luogo il Kazkhstan quali il TGI (Turchia, Grecia, Italia), il Nabucco ed il White Strema. Non è un caso che nel recente conflitto tra Russia e Georgia non una sola bomba russa sia caduta nei pressi del BTC (la condotto che collega Baku in Azebarjan con Tiblisi e con il porto di Ceyhan in Turchia. I russi sanno che la reazione occidentale sarebbe stata immediata in quanto un eventuale attacco avrebbe messo a repentaglio uno schema su cui si è ormai definito un consenso.
Questa geopolitica economica sarà il fondale dell’evoluzione del mercato del petrolio nei prossimi anni. E’ bene averne chiari i punti essenziali.

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