Quando, circa otto anni fa, il musicologo Vincenzo De Vivo mi parlò dell’organizzazione di un festival (a Jesi e dintorni) dedicato a Spontini e a Pergolesi mostrai perplessità. Jesi è rimasta nei libri di storia per avere dato i natali a Federico II ma è anche il luogo di nascita di due musicisti che in modo, misura ed epoche differenti hanno trasformato il teatro in musica europeo: Gaspare Spontini e Gian Battista Draghi (o Drago, le fonti documentarie non collimano) detto Pergolesi in quanto discendente da una famiglia di Pergola. L’occasione erano i 150 anni dalla morte di Gaspare Spontini, il quale a cavallo tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento fu vero e proprio Titano nel teatro lirico francese e tedesco. Tuttavia un festival Spontini (dati i pochi lavori prodotti e la sostanziale impossibilità di metterli in scena per il loro carattere monumentale e gli enormi organici richiesti) doveva includere anche Pergolesi di cui il 4 gennaio 2010 si celebrano i 300 anni dalla nascita. Sorgeva un altro problema: in 26 anni vita, di cui soltanto sette di professione, Pergolesi ha composto piuttosto poco (nonostante molti lavori gli siano stati attribuiti). C’era il rischio che nell’arco di pochi anni venisse a mancare la materia prima. Tuttavia, l’entusiasmo non mancava, la manifestazione veniva finanziata quasi interamente dagli enti e dalle imprese locali, per effettuare economie si fondeva con l’esistente “teatro di tradizione” (il “Pergolesi” di Jesi), valorizzava i magnifici piccoli teatri di Maiolati Spontini, Monsano, Montecarotto, Monte San Vito e San Marcello, si poneva come strumento di marketing territoriale, dava vita ad un circuito teatrale-musicale marchigiano, lanciava collaborazioni internazionali (anche intercontinentali). C’erano le carte per tentare.
Siamo alle soglie della Ottava Edizione che, dal 5 al 13 settembre 2008, in co-produzioni con il Festival di Radio France et Montpellier e l’Accademia della Pietà dei Turchini di Napoli, promette di portare alcuni dei suoi spettacoli in giro per l’Europa. Il tema è “opera prima, alle radici del genio”. Presenta “opere prime” non solo dei due compositori jesini ma anche di Mozart, Scarlatti, Soler, Vivaldi ed altri. L’evento centrale è la prima rappresentazione in tempi moderni de “La Salustia”, dramma per musica, composto da Pergolesi a 21 anni.
Un cenno a Spontini, di cui nel festival si esegue io giovanile “Li Puntigli delle Donne”. Il compositore appartiene alla schiera degli “esuli” che, a cavallo tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, cercarono la loro fortuna al di fuori dei confini degli statarelli della Penisola ed emigrarono presso le più grandi corti europee (Parigi, Vienna, San Pietroburgo, Piccini): Piccini, Salieri, Morlacchi, Paisiello. Il loro impatto, quindi, si esplicò su tutto il teatro in musica europeo; rappresentano l’anello di congiunzione tra la tragédie lyrique gluckiana e post-gluckiana, da un lato, il “bel canto” neoclassico, da un altro, e il melodramma italiano, da un altro ancora. A differenza degli altri, nell’arco della sua lunga vita, una volta effettuata la propria svolta artistica (con “La Vestale”), Spontini fece evolvere il proprio linguaggio non per successiva rigenerazione ma per consolidamento, perfezionamento e proliferazione dei germi innovativi scoperti; un’evoluzione per molti aspetti analoga a quella di Wagner (dal “Lohengrin” in poi) che forse anche per questa ragione lo considerò suo maestro. Con Wagner, c’è un altro parallelo: il pessimo carattere, che lo reso straniero non solo in Patria ma anche all’estero, in quella Parigi del Primo Impero e della Restaurazione ed in quella Berlino di Federico Imperatore dove fu molto più del musicista di corte diventando il vero leader di scuole, che presero orientamenti così differenti approdando, ad esempio, a Meyerbeer , a Berlioz ed allo stesso Wagner.
Differente ed ancora maggiore l’impatto di Pergolesi. Napoletano di formazione ( al “Conservatorio dei poveri di Gesù Cristo), le sue prime opere di composizione furono a carattere religioso - "La fenice sul rogo, ovvero la morte di San Giuseppe, oratorio in 2 parti", "Li prodigii della Divina Grazia nella conversione di San Guglielmo Duca d'Aquitania, la "Messa in Re maggiore"."Salustia" con cui Pergolesi esordisce al Teatro di San Bartolomeo avrebbe dovuto lanciarlo sulla scena teatrale, ma non fu il successo sperato anche perché, venuto a mancare, alla vigilia della prima rappresentazione, il cantante per cui era stata scritta (il Nicolino), dovette essere riscritta per più giovane , e meno abile, (Giocacchino Conti). In effetti, quella che si ascolterà a Jesi è una “prima assoluta” poiché viene eseguita la scrittura vocale originaria del lavoro. “La Salustia” segue i canoni dell’”opera seria”: passioni smisurate, calunnie, pure combattimenti con le fiere, ed immancabile lieto fine. Un’analisi della partitura documenta come in questa e nell’”opera seria” successiva (“Il Prigionier Superbo”) , Pergolesi facesse uno sforzo non solo di assimilare ma di rendere chiaro e trasparente il linguaggio dei musicisti allora all’avanguardia (Leo, Hasse, Vinci). In “Adriano in Siria”, visto ed ascoltato a Jesi l’autunno scorso e grande successo del festival di musica barocca di Beaune questo luglio, Pergolesi affronta tutte la opportunità che il “sistema melodrammatico” può offrire. Ne “L’Olimpiade” (che da Jesi è andato in una lunga tournée nel 2003) effettua una scelta stilistica intimista. Accanto a questo percorso nel teatro serio, ne svolge uno parallelo nella musica sacra (“Salve Regina”, “Stabat Mater”) e soprattutto nella commedia in musica (“”Lo’ Frate Innamoratu”, “La Serva Padrona”, “Livietta e Tracollo”, “Il Flaminio”). In tutte queste composizioni, anche le più religiose o le più esilaranti, pone al centro “il palpito dell’anima” (come ha acutamente scritto Francesco Degrada).
Fu questo “palpito dell’anima”, ancor più della rappresentazione a Parigi nel 1752 de “La Serva Padrona” (peraltro già messa in scena nella capitale francese nel 1746) a scatenare “la querelle de bouffons”, la polemica durissima fra tradizione francese e musica italiana che segnò un punto di svolta non solo nella storia della musica ma nell’evoluzione dell’illuminismo (Russeau si schierò sul fronte italianofilo e compose un’opera, “Le Devin du Village”, di stile pergolesiano, oltre che un breve trattato di estetica, “Lettre sur la Musique”). La “querelle” influenzò la musica, e la politica, anche Oltrereno. Pergolesi era morto di tisi a Pozzuoli da circa tre lustri ma la sua musica e la sua leggenda (recenti analisi concludono che solo 8 dei 21 pezzi utilizzati da Stravinkij per il suo “Pulcinella” ufficialmente basato su trascrizioni da Pergolesi, sono stati compositi dalla jesino).
Una leggenda priva di basi? Non solo le edizioni critiche e le esecuzioni avviate a Jesi ci permettono di apprezzare quanto riuscì ad anticipare ma la frequenza con cui sue composizioni sono utilizzate come musica da film (non solo in Europa occidentale ma anche negli Usa ed in Russia) ci dicono come questo malaticcio autore della prima metà del Settecento sappia parlare anche al grande pubblico di oggi. Un impatto maggiore di quello del conterraneo Spontini.
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