lunedì 25 agosto 2008

QUANTO POCO ROMANTICO ERA QUEL PRESAGIO, Il Velino 11 agosto

Il Rossini Opera Festival 2008 (ROF 2008 per gli amici) è stato inaugurato il 9 agosto con un concerto incentrato su Juan Diego Flçrz (JDF per gli amici) ed intitolato “Il Presagio Romantico). JDF – come vedremo meglio nel resto di questo servizio – è da dodici anni il maggior esponente della vocalità tenorile adatta ai lavori (non solo rossiniani ma anche belliniani e donizzettiani) del primo scorcio dell’Ottocento: un “tenore di grazia”, si sarebbe detto in altri tempi, con anche, però, una grandissima agilità che gli permette di “sparare” un “do di petto” in fila all’altro, di volare dal “mi bemolle” al “si naturale” e dall’emettere un “legato” dolcissimo. Soprattutto, sa gestire con cura la propria vocalità; da quando nel 1996 è esploso all’improvviso al ROF in “Matilde di Shabran” non ha accettato un ruolo che potesse metterle a rischio ed ha declinato, di recente, di esordire nel verdiano “Rigoletto”, affermando che affronterà la parte del Duca di Mantova quando sarà più anziano ed il suo timbro si sarà brunito.
Concerto attesissimo. Tanto che gli sponsor del Festival si sono dovuti accontentare di un passi a testa per la prova generale in quanto i biglietti erano esauriti dalla primavera scorsa.
Il titolo – si è detto – è “il presagio romantico” poiché il concerto è costruito su brani tratti da due opere (“La donna del lago” e “Guillaume Tell”) che precorrerebbero il romanticismo, specialmente a ragione d’una scrittura musicale che enfatizza le descrizioni paesaggistiche. Chiunque abbia letto una vita di Gioacchino Rossini (anche in un’edizione Bignami) sa che il nostro chiuse la porta di fronte al romanticismo. Anzi dal 1829 fu incapace di comporre di fronte al romanticismo che avanzava. Reazionario, più che conservatore, e , dopo una giovinezza un po’ libertina, sempre più bigotto, il nostro trovò tranquillità (e poté curarsi dalla nevrosi che lo affliggeva dall’età di 37 anni) soltanto con il Secondo Impero. Una scelta di ordine. Così come fu l’iscrizione, nel 1923, di Giacomo Puccini al Partito Nazionale Fascista. Nulla di più.
Trovare “presagi” romantici nella musica “pittorica” è una grande corbelleria. “L’Orfeo” di Monteverdi e “La Vera Storia” di Berio sono densi di “musica pittorica” ma non hanno nulla a che vedere con il romanticismo. Interessante, però, imperniare il concerto su due opere tra le più innovative e relativamente meno rappresentate (per l’impegno produttivo che richiedono) di Rossini. Difficile comprendere perché invece di dedicare una parte del concerto ad un’opera ed una all’altra, i brani delle due opere siano intercalati e si dia spazio ai “ballabili” di “Tell”- tra la musica più di maniera composta dal pescarese.
JDF è stato sgargiante. Ha interpretato più volte “La donna del lago” (al ROF in un’indimenticabile allestimento del 2001) e ha affrontato con grande bravura sia “Tu sorda ai miei lamenti” sia “Oh fiamma soave”, nonché il duetto “Le mie barbare vicende”. Accanto a lui la diciannovenne russa Julia Lzehneva ha fatto del proprio meglio, spesso forzando (probabilmente anche perché intimidita dall’occasione). JDF non ha mai rappresentato in scena “Guillaume Tell”; in un’intervista ha ribadito che non intende farlo. Il ruolo di Arnold è faticosissimo (nella versione italiana ancora di più che in quella francese) e richiede un’ampiezza di registro che soltanto pochi hanno (Pavarotti da giovani; oggi, forse, John Osborn è l’unico su piazza). E’ un scelta giudiziosa quella di JDF che ha svettato in “Asile héréditaire”.
Meno brillante l’Orquesta de la Comunitat Valenciana, una di quelle intraprese di Lorin Maazel- ormai tornato l’”enfant prodige” capriccioso che era a 6 anni quando genitori ed agenti lo facevano volare da una sala di concerto ad un’altra. Alcune sezioni funzionano meglio delle altre .E ‘ comunque “a long way to Tipperary”. E la concertazione di Alberto Zedda? Lo ho sempre preferito come studioso che sul podio.

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