Si vede luce alla fine del tunnel della lunga vicenda Alitalia. C’è una compagine d’azionisti italiani pronti a versare un miliardo d’euro per fare volare la parte giudicata tecnicamente sana dell’azienda. Si profila la possibile concorrenza tra due grandi vettori internazionali (AirFrance-Klm e Lufthansa) per diventare partner di un’Alitalia risanata. Se queste prospettive si materializzano, il Governo potrà affermare di avere, ancora una volta, fatto centro.
Il tunnel è, però, ancora lungo. Il decollo della nuova Alitalia richiede, in primo luogo, una svolta sindacale: non tutte le sigle sembrano avere metabolizzato il rischio che a soffrire non siano 5-7.000 esuberi (in parte ricollocabili) ma 20.000 lavoratori e le loro famiglie (ed un numero analogo nell’indotto). Gli investitori, in secondo luogo, chiedono garanzie per impedire che si trasferisca sulle loro imprese il costo delle perdite e dei debiti accumulati da Alitalia; tali garanzie potrebbero fare sì che (se le cose non vanno per il verso giusto) a pagare siano ancora una volta i contribuenti. Ci sono, poi, trabocchetti. Il primo è la possibilità che la discontinuità aziendale (con lo scorporo d’attività in perdita) venga impugnata dall’Ue , oppure da uno o più concorrenti nei confronti dell’Ue; ne risulterebbe una vertenza complicata da cui l’Italia potrebbe uscire perdere. Il secondo è la necessità di una deroga alle norme anti-trust. Tale potrebbe non essere concessa o, se concessa, rappresentare un precedente pericoloso.
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