Il 29 scade il termine per la rinegoziazione dei mutui “prima cas”a – una delle prime misure, si ricorderà, decise dalle banche, non senza qualche invito da parte del nuovo Governo in carica (per questo è formalizzata in una convenzione del 19 giugno tra Abi e Ministero dell’Economia e delle Finanze), sulla scorta di crescenti difficoltà di famiglie caricatesi, quando gli interessi era raso-terra, di mutui indicizzati oppure, in qualche modo, a tasso variabile. Sembrava stesse per ripetersi un film già visto: quello dei mutui in “ecu” conclusi alla fine degli Anni 80 quando la moneta unica cominciava a profilarsi all’orizzonte ma il differenziale tra i tassi d’interesse dell’Italia e quello di altri Paesi (specie Germania, Benelux, Francia ed Austria) era elevato. Le banche hanno in gran misura già inviato la modulistica agli interessati e la stampa specializzata sta compiendo un’opera, al tempo stesso doverosa e meritoria, di divulgazione.
Non siamo alle prese con un fenomeno analogo alla “crisi subprime”. La natura è differente poiché gli intermediari finanziari italiani (in particolare le banche) utilizzano criteri e parametri molto rodati e molto prudenziali per valutare l’affidabilità e le garanzie (reali e personali) dei mutuatari. Gli effetti, però, hanno alcuni punti in comune: famiglie che hanno contratto un mutuo (pur se indicizzato) pensando che un terzo del loro reddito disponibile dovesse essere impiegato per il pagamento degli interessi e l’ammortamento (ossia il servizio del debito), si sono trovate con un servizio del debito che supera la metà delle loro entrate. Lo scoppio di una crisi non giovava a nessuno: se gli intermediari finanziari avessero fatto valere i loro titoli ed ottenuto la proprietà della casa, il mutuatario sarebbe finito per strada e le banche con un patrimonio immobiliare la cui valorizzazione sarebbe stata in caduta. La rinegoziazione, e la convenzione Abi-Ministero dell’Economia, conviene a tutti.
Detto questo, però, occorre scavare un po’ più a fondo e porsi due domande a cui dare quella risposta professionale (ove non scientifica) che pochi oggi sembrano fornire. In primo luogo, le innovazioni nel campo del credito ipotecario immobiliare sono proprio un Belzebù trita-famiglie (è tesi oggi frequentemente proposta da giornali vicino al centro sinistra)? In secondo luogo, quale è il ruolo che ha l’immobiliare nello stock di ricchezza (non nel flusso di reddito) delle famiglie italiane? Provo a rispondere, invitando lettori e collaboratori di “Libero Mercato” a contribuire ad un dibattito che può essere molto utile per le strategia di ripresa del nostro Paese.
Indicazioni utili per dare una risposta alla prima domanda vengono da due saggi (con tesi contrapposte) apparsi sulla “Oxford Review of Economic Policy” Vol. 24 N. 1 2008 pp:145- 179. Nel primo, si esaminano i mercati immobiliari di Belgio, Regno Unito, Spagna e Svezia per studiare in che misura le aspettative di futuri aumenti delle valorizzazioni abbiano drogato il mercato ed inciso sui prezzi di compravendita delle prime case più di altri parametri come la dinamica demografica e i cambiamenti dei redditi reali. La risposta è “sì” : le aspettative (spesso gonfiate dai media e dagli agenti immobiliari) hanno contribuito al caro-casa. Le innovazioni nel comparto dei mutui (ossia i mutui indicizzazione) non sono, però, da biasimare; hanno vantaggi per gli individui e per la collettività quando le valorizzazioni immobiliari sono alte rispetto ai redditi e tendono ad essere “volatili” , ossia a fluttuare. Il secondo saggio non contraddice questa conclusione ma la qualifica: in un mercato finanziario sempre più integrato, il differenziale dell’innovazione finanziaria nel campo dei mutui (una variabile che dipende sia dalle banche sia dalla regolazione – quindi dalla mano politica), spiega le differenze che la “bolla immobiliare” ha assunto in vari Paesi. I rischi connessi all’innovazione, inoltre, variano seconda della robustezza o meno di un’economia rispetto a shock macro-economici. In parole povere, i due saggi (corredati da un ricco apparato statistico) dicono che i mutui indicizzati non sono Belzebù; anzi, in certe condizioni, possono essere un angelo custode che diventa, però, un diavoletto in Paesi (come l’Italia) poco robusti a fronte di shock macro-economici e con la mano politica pesante.
Ciò ci porta direttamente a tentare di rispondere alla seconda domanda. Un’analisi della Banca d’Italia compara lo stock di ricchezza delle famiglie negli Usa, Regno Unito, Giappone, Francia, Germania, Spagna ed Italia. Le famiglie italiane (nonostante ciò che dicano recenti indagine campionarie) hanno, grazie all’indebitamento relativamente basso, uno stock netto di ricchezza mediamente tra i più bassi tra quelli dei Paesi Ocse a più alto reddito. E’ caratterizzato da una ricchezza finanziaria minore di quella delle famiglie americane, inglesi o giapponesi ma maggiore di quella delle famiglie di qualsiasi altro Paese europeo. Un’analisi del servizio studi della Banca centrale europea scava più a fondo in base all’analisi sui bilanci delle famiglie 1989-2002 (un periodo lungo e precedente la “bolla” immobiliare). Da un lato, la casa in proprietà rappresenta una proporzione importante del loro stock netto di ricchezza, ma le famiglie italiane reagiscono in modo molto simile (in termini di consumi) agli andamenti del mercato mobiliare ed a quelli delle valorizzazioni immobiliari. Ciò le caratterizza rispetto alle famiglie di altri Paesi europei. Un lavoro recente della Banca d’Italia (relativamente specificatamente a questo punto) conferma l’analisi Bce.
Tiriamo le somme. I mutui “indicizzati” non sono un male, ma possono diventarlo in un Paesi poco robusto ed in cui la casa è uno dei cespiti di ricchezza a cui le famiglie danno più valore. Forse maggiore di quello di mercato. Il dibattito è aperto.
PER SAPERNE DI PIU’
Bartiloro L, De Bonis R., Coletta M:"Italian Household Wealth in a Cross-Country Perspective" , Banca d’Italia , 2008
Cannari L., Faiella I House Prices and Housing Wealth in Italy" Banca d’Italia 2008
Grant Ch, Peltonen T Housing and Equity Wealth Effects of Italian Households" ECB Working Paper No. 857
Honohan P. "Discussion of Financial Innovation and European Housing and Mortgage Markets , by David Miles and Vladimir Pillonca" Oxford Review of Economic Policy, Vol. 24, Issue 1, pp. 176-179, 2008
Pillonca V. "Financial Innovation and European Housing and Mortgage Markets" Oxford Review of Economic Policy, Vol. 24, Issue 1, pp. 145-175, 2008
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