venerdì 29 agosto 2008

OMABA ALLA CASA BIANCA? ALL’EUROPA CONVIENE L'Occidentale , 30 agosto

Ho studiato e lavorato negli Stati Uniti per oltre tre lustri, i miei figli sono cittadini degli Stati Uniti, alcuni dei miei migliori amici vivono Oltreoceano, ho insegnato dieci anni in un’Università americana, il prossimo anno accademico tornerò ad insegnare in un’Università anglosassone. Quindi, mi sento emotivamente coinvolto ad ogni elezione presidenziale Usa. Mantenendo, però, la razionalità illuministica dell’europeo. Non ero presente all’incoronazione di Barack Obama a candidato alla presidenza negli Usa allo stadio di Denver il 28 agosto. Vi era una folta delegazione della sinistra italiana corsa alla corte di quello che già ritiene essere il vincitore delle elezioni Usa del prossimo novembre. A commento dell’adunata oceanica, i leader del PD hanno formulato l’ipotesi (un po’ peculiare) secondo cui una svolta a sinistra negli Usa renderebbe più facile un’analoga svolta in Europa (come si fosse parte di un Impero di cui Washington è la capitale).
L’Occidentale ha chiaramente preso posizione per il candidato repubblicano. Se fosse stato “Condi” Rice avrebbe avuto il mio voto senza esitazione (nell’ipotesi che avessi diritto di voto). Nella scelta tra McCain e Obama, tuttavia, voterei, se potessi, per il Senatore dell’Illinois per queste ragioni:
· In primo luogo, dal 1980 la Casa Bianca è abitata da repubblicani (fatta eccezione del periodo, peraltro piuttosto farsesco-boccaccesco, della Presidenza Clinton). L’alternanza è il sale della democrazia. Specialmente quando manca un candidato decisamente superiore, come sarebbe stata “Condi”. Mi auguro che pure in Italia tra due-tre lustri (ossia dal 2020 o giù di lì) la sinistra abbia le carte (in termini di uomini e di programmi) per potere assumere responsabilità di governo.
· In secondo luogo, all’interno degli Stati Uniti, una vittoria di Obama potrà una volte per tutte esorcizzare le tensioni razziali : gli afro-americani saranno fieri del loro Paese e l’integrazione farà un salto davvero irreversibile. Gli ispano-americani (ed altre minoranza come gli italo-americani) penseranno, a ragione, che in una prossima volta l’inquilino della Casa Bianca sarà uno dei “loro”. Un’America integrata e coesa conviene a tutto il mondo. Pure all’Europa.
· In terzo luogo, il “capitalismo reaganiano” (per utilizzare il lessico di un fortunato libro di Michel Albert) ha svolto la propria funzione e si è affermato, in vario modo, ovunque (pure in Paesi refrattari al liberismo come l’Italia). C’è bisogno di un cambiamento di orientamento che McCain, per età e radicamento culturale, non offre (ma che forse “Condi” avrebbe potuto offrire).
· In quarto luogo, Obama ha, sotto il profilo economico, un’offerta ancora più polverosa di quella di McCain: disavanzi di bilancio (e della bilancia dei pagamenti) a go-go, protezionismo durissimo (che farà esplodere tensioni con la Cina, con il Canada, con il Messico, con l’Ue e rischierà di seppellire il Wto), centralizzazioni delle funzioni “sociali” a livello del Governo federale (mettendo in crisi i rapporti con gli Stati dell’Unione). Basta scorrere l’elenco di chi lo ha finanziato per avere un’idea che la sua politica economica “prammatica” (così la ha definita) è un’insalata mista di vecchio ideologismo di sinistra (che negli Usa non è mai arrivato alla Casa Bianca) e concessioni alle lobby più disparate e più contraddittorie. Per l’Europa ciò è un rischio (tensioni nel riassetto degli squilibri finanziari mondiali) ma anche un’opportunità (assumere di nuovo un ruolo di rilievo nel contesto economico mondiale).
· In quinto luogo, in politica estera, Obama è chiaramente poco interessato all’Europa ed all’Asia. Il suo marcato ideologismo lo spinge ad un ritiro immediato dall’Iraq, ad una resa senza condizioni nei confronti dell’Iran, a concessioni a Hamas, a posizioni decisamente anti-Israele. Non sta a me, in questa sede, se ha torto o ragione. Occorre, però, sottolineare che non tutti gli americani la pensano come lui. La politica estera è competenza non solo della Casa Bianca ma anche del Senato. E’, dunque, facile prevedere una paralisi. Ciò sarebbe un’opportunità per l’Europa. Se ne è avuta un’anteprima nella recente crisi Russia-Georgia dove il Presidente del Consiglio Europeo, Nicolas Sarkozy, ha svolto un ruolo chiave, proprio in quanto gli Usa erano alle prese con le loro questioni interne.
Quindi, da europeo non posso non essere per Obama. Pur se per ragioni non necessariamente collimanti con quelle di WV (Walter Veltroni).

Nessun commento: