Oggi 7 agosto, si riunisce il Consiglio della Banca centrale europea (Bce). E’ molto probabile che segua il consiglio del Fondo Monetario di lasciare il tasso di riferimento (o pronti contro termine) inalterato al 4,25% deliberato il 3 luglio nonostante il tasso armonizzato di aumento dei prezzi al consumo sia aumentato del 4,1% negli ultimi 12 mesi nell’area dell’euro – e l’aumento segnato in luglio sfiori il 6% su base annua. Quindi i tassi reali potrebbero essere negativo. In effetti, oltre al rallentamento dell’economia europea, si staglia un nuovo fenomeno, poco notato sulla stampa economico-finanziaria ma analizzato a fondo dal servizio studi dell’istituto di Francoforte per le sue implicazioni sul sistema finanziario europeo ed internazionale : sta iniziando una seconda ondata della crisi finanziaria – quella in cui debitori considerati “prime” 12-18 mesi fa stanno adesso scivolando nella categoria “subprime”.
Eloquenti alcuni dati provenienti da oltreoceano; la percentuale dei mutui per i quali le rate non sono pagate alle scadenze (classificati alt-A dalle agenzie di rating) , nonostante i loro titolari siano generalmente considerati clienti affidabili, è quadruplicata (raggiungendo il 12% del total) nei 12 mesi terminati in aprile; i ritardi “significativi” nel rimborso di prestiti a clienti “prime” – un volume di 12.000 miliardi di dollari – è nello stesso arco di tempo raddoppiato (ora sfiora il 3% del mercato). Inoltre, ci sono circa 6,3 miliardi di mutui “option adjustable” che consentono a clienti considerati affidabili (e con buone prospettive di carriera) non solo un periodo di grazia relativamente esteso (sino a cinque anni) prima di cominciare a rimborsare ma anche di non rimborsare nei primi anni l’interesse; ciò comporta, in effetti, ratei più forti dopo un certo lasso di anni quando – si presume- le prospettive di carriera hanno dato i frutti sperati ed anche il valore dell’immobile cresciuto. Con la recessione (che, comunque, frena le carriere e spesso comporta disoccupazione) alle porte e con i valori immobiliari in caduta, il castello frana. Ed il “prime” diventa “subprime”.
Da queste cifre, alcune considerazioni d’osservatori privilegiati; James Dimon, Presidente ed Amministratore Delegato di J.P. Morgan afferma che nei prossimi mesi le perdite della banca relative a clienti “prime” triplicheranno. Ancora più preoccupante la newsletter di First Pacific Advisors, un gruppo di consulenti finanziari della California: “i mutui subprime sono solo la punta dell’iceberg; le vere difficoltà saranno palesi quando ci accorgeremo che moli clienti prime non sono solvibili”.
Esagerazioni? Problemi caratteristici unicamente del mercato americano? Pochi mesi fa, Christopher Whalen dell’Institutional Risk Analytics lo aveva avvertito nello studio "The Subprime Crisis: Cause, Effect and Consequences" diramato su Internet come Networks Financial Institute Policy Brief No. 2008-PB-04 (chi desidera può scaricarlo dal web o chiederlo a cwhalen@istitutionalriskanalytics.com) . Il lavoro suggerisce anche rimedi (per evitare trappole analoghe in futuro): una riforma del sistema di regolazione e di vigilanza, coniugato con maggiore trasparenza, con la standardizzazione dei contratti, e soprattutto un’analisi più accurata delle garanzie reali e personali. Un’analisi quasi parallela (di un team americano e tedesco proveniente da varie università oltre che dal servizio studi della Deutsche Bank, Nber Working Paper No. W13978- scaricabile da Internet) si sofferma sugli aspetti internazionali della trasmissione della crisi , ed anche di come prestiti prime stanno scivolando in “subprime”; il lavoro è caratterizzato da una nota d’ottimismo- tassi d’interesse bassi nei Paesi industriali e forti tassi di crescita dell’economia dei Paesi emergenti ne limiterebbero i danni. Un lavoro del servizio del Fondo Monetario (IMF Working Paper No 08/93), basato su crisi bancarie in 50 Paesi (sviluppati ed emergenti) nel periodo 1990-2005 (prima quindi degli sviluppi degli ultimi due anni e mezzo) propone un migliore e maggiore impiego di strumenti di vigilanza disponibili (come il Binary Classification Tree, Bct) per contenere i rischi. Victor Vaugirard della Sorbona, in un saggio apparso sulla “Louvain Economic Review” ci ricorda come in ogni caso, il rischio di contagio è forte.
In breve, non sono soltanto gli operatori a vedere come la seconda ondata potrà approfondire ed allungare la crisi ma anche numerosi accademici, usi più allo studio che al lavoro quotidiano di mercato. Un aumento dei tassi renderebbe ora la vita più difficile a tutti ed aggraverebbe la discesa da “prime” a “subprime” per molti. In Italia, amiamo dire che i nostri intermediari finanziari sono molto prudenti; ciò nonostante i clienti in difficoltà stanno aumentando.
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