martedì 25 marzo 2008

UN ALLESTIMENTO DA SPIAGGIA PER “COSI’ FAN TUTTE” DI MOZART DA L'OCCIDENTALE DEL 23 MARZO

Considerata “indecente” sino quasi all’inizio della seconda guerra mondiale, la mozartiana “Così fan tutte (ovvero la scuola degli amanti)” si è potuta vedere in autunno e in inverno in varie edizioni. In Lombardia, la Scala ed il Piccolo hanno ripreso regie storiche (ed eleganti) di Michael Hampe e Giorgio Strehler, mentre il circuito lombardo ha presentato un nuovo allestimento di Mariano Dammarco. Nonostante l’ottima bacchetta di Ottavio Dantone alla Scala, si è trattato di saggi di fine corso degli allievi delle rispettive accademie- garbati e promettenti, ma niente affatto sexy ed ancor meno filosofico-politici. L’impianto complessivo è ispirato alla tradizione. Non tale da attrarre un pubblico giovane.
A Roma è stato ripreso un allestimento di successo che ha debuttato nel 2005 ed in cui l’azione viene trasferita dal Settecento in lascive terme pompeiane nel 60 dopo Cristo. L’abile bacchetta di Gianluigi Gelmetti e l’affiatato cast (Anna Rita Talento, Laura Polverelli, Giacinta Nicotra, Michele Angelini, Massimiliano Galiardo, Bruno Taddìa) ne fanno un esilarante farsa. Affolla il teatro anche in quanto viene rappresentata a prezzi competitivi con i biglietti del cinema.
Il “dramma giocoso” scritto da Da Ponte per la musica di Mozart è, però, una commedia amara, con forti risvolti politici – come rileva Lidia Bramani nel suo lavoro fondamentale “Mozart, massone e rivoluzionario” edito dalla Bruno Mondadori. Convinti della fedeltà delle loro fidanzate ferrraresi, due bei giovanotti napoletani tentano ciascuno di sedurre la donna dell’altro (sperando di fare cilecca non a in tema di virilità ma a ragione della virtù delle loro donne e quindi della loro capacità di resistere alle tentazioni).Loro malgrado, riescono nell’intento; ciascuno dei due finisce nelle braccia della donna dell’altro. Quando, nel finale, tutti e quattro finiscono nei letti giusti, tutti hanno consapevolezza della fragilità del gioco dell’amore e degli inganni. E’ un gioco- sottolinea Livia Bramani – non soltanto erotico: il lavoro mette in scena i tradimenti alla Corte Reale tra confraternite massoniche (per di più cattolicissime) ed il percorso iniziatico per non cadere nei numerosi tranelli tesi a chi entra in un “giro” in cui il potere è importante tanto quanto il sesso- ove non di più. Siamo, quindi, a lotte tra correnti. Inoltre, avverte acutamente Patrice Chéreau, si svolgono in un’atmosfera in cui si sente “puzza di morte”: è la fine non solo di un secolo, il Settecento, ma di un’epoca, si avverte l’approssimarsi di una Rivoluzione che trasformerà tutto, anche i costumi di una Vienna che da molto licenziosa e libertina sarebbe diventata bacchettona.
“Cosi fan tutte”, quindi, è opera di equilibri difficilissimi (tra commedia e dramma, tra eros e politica, oltre a quelli meramente musicali – come lo scivolare dei recitativi in arie e numeri a più voci). La principale difficoltà di realizzazione (sia scenica sia musicale) di “Così” consiste nel fatto che mentre la prima parte è brillante ed ironica, la seconda è un’amara riflessione in cui ciascuno è, al tempo stesso, infedele e geloso. Allestimenti recenti o scivolano nella commedia farsesca (quale quello di Gelmetti oppure (quelli di Martone, Strehler, Hampte e Ronconi) trasformano il lavoro in un gioco di eleganza simmetrica alla Marivaux.
Probabilmente, in questo primo scorcio di XXI secolo, le messe in scena definitive sono state quelle di Jűrgen Flimm e Nikolaus Harnoncourt a Zurigo e quella di Patrice Chéreau e Daniel Harding che nel 2005-2007 ha debuttato a Aix en Provence ed è stata replicata a Vienna, Parigi, New York, Baden-Baden, nonché in altri teatri della Francia, dell’Europa centrale e del Giappone. L’allestimento di Zurigo è non solo consegnato ad un pregevole DvD ma anche spesso nella programmazione del canale televisivo “Classica”. Anche quello di Aix (che avrebbe dovuto approdare alla Scala) si può gustare in Dvd. L’idea di fondo di Chéreau è quella di porre l’accento sul sottile ricamo di finzioni sin dalla prima battuta. L’intreccio si svolge sul palcoscenico nudo di un teatro – è in effetti, quello del Teatro Valle a Roma- ,quasi a voler accennare al teatro-nel-teatro (finzione per eccellenza), senza , però, svelarlo a pieno. Alla “scuola degli amanti” si apprende che l’amore è libertà, ma che proprio in quanto libertà non può non comportare dolore ed inganno. Harding ha assecondato questa chiave di lettura guidando la Mahler Chamber Orchestra in modo che si vada con grande dolcezza (e senza quasi avvertirne il passaggio) dai recitativi, alle arie, ai duetti, ai terzetti, ai quartetti ed ai concertati. Il vostro chroniqueur ha assaporato la versione Chéreau-Harding tre volte.
L’allestimento firmato da Adrian Noble (a lungo alla guida della Royal Shakespeare Company) per l’Opéra National de Lyon , Parma sino al 30 marzo, si situa più nella scia della messa in scena di Flimm che in quella di Chéreau. La vicenda si svolge ai giorni nostri. Interamente in una spiaggia piena di dune da cui si scorgono , a distanza, le luci di una città. Potrebbe essere la Camargue oppure le “outer banks” della North Carolina. I sei protagonisti, quindi, indossano costumi di questi anni: dal bikini alla bandana. Il mare è sempre presente , ma l’atmosfera è tesa: dai rossi infuocati dei tramonti alle notti buie in cui la spiaggia si riempie di falò. Il tema di fondo è il consiglio dato da Despina (la cameriera factotum) alle due ferraresi: “fate l’amor come assassine!”. Quindi, accento sugli aspetti erotico-sensuali , molto sesso (anche senza i nudi che ormai pervadono i teatri tedeschi e spagnoli, ed anche quelli svizzeri) ma poca politica e storia- insomma siamo distanti dalle letture leziose ed eleganti che imperversavano sino agli Anni 70 ma non sentiamo “la puzza di morte” dello spettacolo firmato Chéreau. Il pubblico di Parma, dove “Così” non si rappresentava da 40 anni, ha reagito con applausi di cortesia ma è rimasto abbastanza perplesso, Nel foyer, si ascoltavano pezzi di conversazione in base ai quali ci si aspettava qualcosa di simile ad un’operetta, non oltre 3 ore e mezzo di spettacolo con una scena unica, sei cantanti ed un piccolo coro in cui viene fatto un ritratto spietato della vita e dell’umanità.
Ha complicato un po’ le cose la parte strettamente musicale. Di buon livello i sei cantanti (Irina Lungu, Serena Gamberoni, Stefanie Iráni, Alex Esposito, Francesco Meli, Andrea Concerti), specialmente il gruppo di voci maschili. Tutti dotati del “physque du rôle”, essenziale in un mondo di bikini e bandane, nonché tutti abili attori e molto bravi nei duetti e numeri a più voci. Discutibile, però, la direzione musicale di Marco Zambelli, caratterizzata da un piglio duro (come quello, per intenderci, della registrazione scaligera di Riccardo Muti), ed a volte anche pesante. Pur se allievo di John Elliot Gardiner, Zambelli non è specializzato nel repertorio mozartiano ma salta con disinvoltura dal melodramma al verismo, da Gluck al repertorio tedesco. A sua giustificazione il fatto che è arrivato a Parma all’antivigilia della prima : avrebbe dovuto concertare Attilio Cremonesi che , allievo di René Jacobs, ha riaperto molti tagli “di tradizione” da cui la durata dello spettacolo. Altra attenuante: l’orchestra del Regio, diventata molto più versatile negli ultimi anni, è di impianto verdiano e veristico non mozartiano. Pur se sfoltita, evidenziava in buca un organico che era forse il doppio di quello in uso alla fine del Settecento. Con le difficoltà che si possono immaginare nel governo degli impasti tra strumenti e voci.

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