martedì 18 marzo 2008

SIAMO AL SUK DELLA FINANZA INTERNAZIONALE

L’operazione, orchestrata dalla Federal Reserve Bank di New York con il supporto di Constitution Ave. N.W. (il palazzone in stile tardo fascista dove ha sede il Federal Reserve Board ed il cui inquilino attuale è Ben Barnanke) ci riguarda da presso per tre ordini di motivi:
· In primo luogo è la prova documentaria di quanto noi di “Libero Mercato” sosteniamo da tempo: la crisi finanziaria esplosa questa estate sul mercato americano non si è conclusa e non è neanche in via di esaurimento (come hanno detto politici e commentatori italiani) ma pare destinata a protrarsi nel tempo e a colorare la XVI legislatura, ponendo vincoli seri alle politiche economiche che potranno essere attuate da chiunque sia il vincitore delle elezioni del 13-14 aprile.
· In secondo luogo si tratta di un’operazione che nell’area dell’euro non si sarebbe potuta effettuare (e neanche concepire) non solamente per la normativa generale in materia di concorrenza prevista per il funzionamento del mercato unico ma anche per articoli specifici del Trattato di Maastricht e procedure di approvazione da parte del Consiglio della Bce (che rendendone impossibile tempestività e riservatezza, ne avrebbero provocato un aborto naturale). Quando l’Ing. Jean-Claude Trichet (ci si dimentica che l’attuale Presidente della Bce è un ingegnere minerario la cui tesi è stata in idraulica) autorizzò, nella veste di Presidente della Banque de France, un intervento molto più limitato, e molto più semplice, per dare liquidità al Crédit Lyonnais (e salvarlo) l’argomento utilizzato dai francesi (nei confronti delle critiche altrui) fu proprio che il Trattato di Maastricht era stato firmato ma non ancora ratificato – quindi, non ancora in vigore. Una tesi analoga venne sommessamente pronunciato dal Governo italiano a proposito dei salvataggi dei banchi meridionali (di Napoli e di Sicilia)- varati, in effetti, alcuni giorni prima che firme di Ministri venissero apposte al Trattato di Maastricht. Non occorre fare ricorso a complicati testi di interpretazione del diritto internazionale ed europeo se si vuole comprendere le ragioni del divieto. Basta leggere il saggio di Giovanni Magnifico “L’Euro- ragioni e lezioni di un successo sofferto”, Luiss University Press. La Gran Bretagna ha potuto di recente mettere in atto un salvataggio della Northern Rock proprio in quanto è rimasta fuori dall’area dell’euro. Ciò vuol dire che in un mercato finanziario integrato c’è chi può dedicarsi a salvataggi di banche decotte e chi non può.
· In terzo luogo, per mettere insieme il complesso pacchetto per il salvataggio di Bear Stearns le autorità monetarie americane hanno dovuto fare ricorso ad una procedura varata nella metà degli Anni Trenta ai tempi della Grande Depressione- poco utilizzata allora e quasi mai da allora. Uno stratagemma indubbiamente ingegnoso ma che verosimilmente causerà non soltanto polemiche politiche ma anche un labirinto giuridico in cui sarà difficili districarsi (negli Usa le norme e le procedure non utilizzate “tramontano” – ossia decadono – automaticamente dopo un certo numero di anni). Ciò avrà l’effetto di aumentare le tensioni sui mercati (anche su quelli internazionali, e sul nostro) non di contenerle. A monte di tale vertenza giuridica (che si annuncia complessa) c’è il più severo problema economico del fenomeno dell’”azzardo morale”: Bear Stearns operava in un ambiente grigio (e venne pizzicata un paio di volte dagli ispettori della vigilanza Usa), scegliendo i segmenti del mercato finanziario parzialmente de-regolati. Il salvataggio può essere un incoraggiamento a comportamenti analoghi, pur se considerati “disdicevoli” nei “salotti buoni”. Alla Fed (ed ancor più alla Bce e nel variegato molto delle Autorithy italiane) si dovrebbe leggere e meditare il libro di Paul W. Mac Avoy della Yale School of Management “The unsustainable cost of partial deregulation” pubblicato alla fine del 2007 per i tipi della Yale University Press. La lettura sarebbe utile a chi tra poche settimane dovrà pilotare il rilancio economico del nostro Paese.
Oltre a questi aspetti di rilievo per l’area dell’euro e, quindi, per l’Italia, ce ne è uno più immediato relativo a polemiche di politica in atto in questi giorni a casa nostra. Mentre il sistema monetario e commerciale progettato a Bretton Woods - si prenda il brillante lavoro giovanile di Richard Gardner (Ambasciatore Usa in Italia negli Anni della Presidenza Carter) “The Sterling-Dollar Diplomacy” Oxford University Press 1956- era costruito sull’assunto di una liberalizzazione progressiva del commercio internazionale ma su mercati finanziari regolamentati, nonché su controlli valutari e tassi di cambio gestiti collegialmente nell’ambito del Fondo Monetario (proprio per rendere possibile la liberalizzazione degli scambi), ora siamo al suk della finanza internazionale e dei salvataggi (anche di è giudicato “disdicevole” nei “salotti buoni”). Occorre, con benevolenza, attribuire all’entusiasmo dei neo-convertiti al liberalismo la motivazione principale delle reazioni contro le idee (pure di Papa Giovanni Paolo II) dirette a portare un po’ d’ordine.

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