Tanto il programma del PdL quanto quello del Pd pongono l’accento sulle liberalizzazioni per sciogliere l’economia dai lacci e dai laccioli che ne frenano la crescita. E’ in uscita un volume dell’Istituto Bruno Leoni dal titolo “Liberare l’Italia- Manuale delle Riforme per la XVI Legislatura”. Sarà presto in libreria, il “Sesto rapporto sul processo di liberalizzazione della società italiana” predisposto dall’Associazione Società Libera. Il tema sarà al centro del dibattito politico dei prossimi mesi , quale che sia l’esito delle elezioni. Ci sono ormai due convinzioni diffuse e profonde: a) l’aumento dei prezzi dei beni e servizi più frequentemente acquistati dalle famiglie è accentuato dalla ragnatela di regole protezionistiche a tutela di segmenti di mercati; b) senza un forte processo di liberalizzazioni , ulteriori privatizzazioni produrrebbero non un’offerta a prezzi più convenienti per individui, famiglie ed imprese ma rendite di posizione a favore di pochi.
Non è un argomento solamente al centro della politica economica italiana. Proprio in questi giorni l’Istituto Max Planck ha pubblicato un’analisi comparata da cui si conclude – sulla base anche dell’esame di alcune direttive comunitarie (quella sul mercato unico dei servizi, quella sull’Opa, quella sulle regole societarie) – che senza un effettivo processo di liberalizzazione il futuro stesso dell’Ue rischia di essere messo in questione. Un altro lavoro del Max Planck classifica, su 39 Paesi, l’Italia tra quelli ad economia di mercato ed ad alto reddito in cui un giovane imprenditore si scontra con regole più complicate e tempi più lunghi per creare un’azienda. Quindi, se l’Ue non liberalizza scoppia. Se l’Italia non liberalizza ad un tasso più rapido della media Ue, resta indietro (dato che è già in ritardo rispetto agli altri).
Anche se si è d’accordo sulla meta, si è molto meno certi su come raggiungerla. Specialmente nel comparto, molto vasto, dei servizi pubblici locali. Circa 400 aziende, con 200.000 addetti ed un contributo al pil variamente stimato tra l’1% al 6% (molto marcate le differenze regionali). I tentativi di privatizzazione, che avrebbero dovuto avere un impulso con la finanziaria del 2002, sono stati più formali che sostanziali. Ci è mossi in modo discordante in materia di trasporto pubblico locale, gas, energia elettrica e acque.Si fronteggiano due scuole: quella che riprenderebbe le “lenzuolate” della passata legislatura e quella di un “big bang” (liberalizzare tutto insieme per neutralizzare spinte particolaristiche) come proposto in Francia dalla Commissione Attali. Verosimilmente ambedue sarebbero votate al fallimento. Dato che le competenze sono in gran misura a livello comunale (in certi casi regionale) una strategia più promettente sarebbe quella di definire una legge quadro che contenga un percorso (una road map) per le liberalizzazioni , a cui dovrebbe seguire il processo di privatizzazioni (non precederlo, come ipotizzato nel ddl Lanzillotta)
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