sabato 15 marzo 2008

TRITTICO CHEAP& KITSCH

Il nuovo allestimento di “Il Trittico” (coprodotto con il Real di Madrid) è l’omaggio della Scala a Giacomo Puccini per i 150 anni dalla nascita. L’altro spettacolo pucciniano nel 2008 è la ripresa de “La Bohème” firmata Zeffirelli quasi 45 anni fa. Per “ Il Trittico” è stato ingaggiato Luca Ronconi con la sua squadra favorita per scene (Margherita Palli) e costumi (Silvia Aymonino), si è invitato Riccardo Chailly e si sono scritturate le migliori voci su piazza per i circa 40 ruoli solistici. Nonostante l’impegno, gli esiti sono discutibili.
“Il Trittico” comprende tre atti unici complementari e contrastanti: “Il Tabarro”, un grand-guignol di passione e sangue nel proletariato parigino all’inizio del Novecento; “Suor Angelica”, tragedia di maternità occultata in un convento alla fine del Seicento; e “Gianni Schicchi”, farsa nella Firenze del 1299. E’ un poema sinfonico in tre movimenti; un “agitato” (“Tabarro”), un “largo” (“Suor Angelica”) e uno “scherzo” (“Gianni Schicchi”) . Nel primo e nel terzo atto, si avvertono echi di tango e di valzer, di slow-fox e di jazz cabarettistico; nel secondo, il gran sinfonismo post-wagneriano e l’atonale. Ciascun atto ha un colore in sintonia con il visivo dell’epoca: i rossi tramonti di Monet per il primo, l’azzurro dei cieli dei macchiaioli per il secondo, i preraffaelliti (visti con ironia) per il terzo. Negli ultimi 25 anni lo si è visto integralmente solo a Firenze ed a Roma, nonché in una semplice ma efficace produzione che a cavallo tra il 2007 e l’inizio del 2008 ha girato per otto teatri. Un altro nuovo allestimento è in programma in maggio a Palermo in una produzione destinata a viaggiare anche all’estero.
Le grandi aspettative per l’allestimento scaligero (dove “Il Trittico” mancava dal 1983) sono state deluse specialmente dagli aspetti propriamente teatrali. Nonostante La Scala disponga di uno dei palcoscenici più moderni al mondo, si è optato per un impianto unico: da un grande squarcio del fondoscena trapelano cenni a Parigi, una statua della Madonna, litografie di Firenze, l’immagine di Dante. Nessun riferimento al visivo dell’epoca; costumi atemporali. In “Suor Angelica”, infine, l’intero palcoscenico è occupato da una scultura sdraiata di donna (un’altra Madonna? La femminilità ferita?). Didascalica la recitazione , ossia basata sulle didascalie di Giovacchino Forzano per le prime rappresentazioni (nel 1918 a New York, nel 1919 a Roma, nel 1922 alla Scala), tranne che in “Suor Angelica” a ragione dell’ingombrante scultura. In breve, uno spettacolo cheap kitsch, da correggere prima di mostrarlo a Madrid.
Meglio il versante musicale grazie all’abilità di Chailly, dell’orchestra, dei cori e dei numerosi solisti. Non mancano sbavature. Ad esempio, la direzione musicale di Chailly privilegia i protagonisti ed il sinfonismo non dando adeguato rilievo al “conversar cantando”, una delle maggiori innovazioni del lavoro. Inoltre, pare ignorare le anticipazioni atonali nell’”aria dei fiori” del secondo atto. Buone le voci (anche se necessariamente diseguali, data la vastità del cast). Tre “grandi vecchi” della lirica in scena: Mariana Lipovšek, Juan Pons, Leo Nucci. Ancora in piena forma vocale i primi due; il terzo fa supplenza con la recitazione ad una vocalità che ha i segni dell’anagrafe. Tra i “giovani” spiccano Paoletta Marracu, Anna Maria Chiuri, e Vittorio Grigolo.

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