Un lavoro di Antonin Dvořák “Rusalka” , raramente rappresentato in Italia (la prima esecuzione scenica risale al 1992-93 e da allora se ne conta solamente un’altra, due anni fa al Regio di Torino) ha avuto grande successo alla fine di febbraio al Teatro dell’Opera di Roma; tanto che un nuovo allestimento (quello romano proveniva dal teatro di Ostrava, una città di 300.000 abitanti nel Nord della Repubblica Ceca- una sala di circa 600 posti) è in programmazione alla Scala per il 2009. E’ una favola in musica, genere poco frequente nei palcoscenici italiani, dell’inizio del Novecento (la prima è del marzo 1901). Un’altra favola in musica (“Le leggenda dell’invisibile città di Kitez e della fanciulla Feronia” di Nikolaj Rimskij Korsakov) inaugurerà il 24 aprile, in occasione delle Festa di Sant Efisio, la stagione lirica cagliaritana: è una co-produzione tra il Teatro Lirico dell’isola ed il Bolhoi di Mosca. Un’altra favola in musica di inizio Novecento (è del 1907); di Rimskij, prolifico in questo campo, c’è chi auspica una nuova edizione di “La fanciulle di neve” (del 1882, ma già impregnata di canoni novecenteschi), assente dai nostri teatri da circa 50 anni. Sembra imminente, poi, il ritorno sulle scene italiane –negli ultimi trenta anni si è visto, nel medesimo allestimento minimalista di Jean-Pierre Ponelle solamente a Milano ed a Firenze- de “La donna senz’ombra” di Hugo von Hofmansthal e Richard Strauss che, nel 1919 (la prima ebbe luogo il 10 ottobre), lanciava, con una complicatissima favola in cui l’etica cristiana si incrociava con la letteratura orientale, un inno di speranza all’Europa devastata dal primo conflitto mondiale (“la grande guerra” per antonomasia).
In altra sede, mi sono recentemente chiesto perché gli italiani siano parsi refrattari alle favole in musica, nonostante l’opera lirica italiana (Peri, Monteverdi, Cavalli) – tanto quella di corte quanto commerciale- abbia origini nella rappresentazione scenica di fiabe e miti. Dall’inizio dell’Ottocento, con il melodramma verdiano prima e con il verismo, poi, siamo stati lontani da un filone che nel Novecento è stato centrale non solamente all’opera slava e tedesca, ma anche a quella francese ed alla rinascita di quella britannica.
Chiediamoci perché scettici e disillusi nei confronti delle favole in musica, vi ci stiamo adesso riaccostando. Sarebbe banale individuarne la determinante nell’esigenza di evasione di fonte ad un Paese in declino ed in cui, specialmente dopo l’esperienza della XV legislatura, gli italiani si sentono tanto sconfortati da rifugiarsi nelle fiabe. C’è forse qualcosa di più profondo. Lo mostra la relativamente poca attenzione che ha avuto nel 2007 il Quattrocentenario di una delle più importanti favole in musica italiane (“L’Orfeo”) di Claudio Monteverdi ed l’interesse invece per “Rusalka”, gli altri titoli citati e lavori ad essi affini. Soprattutto, i 400 anni da la prima de “L’Orfeo” non sono stati l’occasione per riproporre opere quasi coeve come “La Calisto” di Giovanni Cavalli – di frequente sui palcoscenici europei ed americani dalla metà degli Anni Novanta – in cui lo splendore della musica riveste un intreccio erotico ai limiti del libidinoso e del lascivo.
“Rusalka” e le altre (specialmente “La donna senz’ombra”) hanno, nonostante le differenze di scrittura orchestrale e vocale, di lingua, di fonti letterarie un nesso comune: l’esaltazione del legame di coppia, del matrimonio, della maternità e della paternità. Questi temi esplodono nel grandioso lavoro di von Hofmansthal e Strauss che termina con la doppia ricongiunzione di due coppie e con il “coro dei bambini mai nati” (con cui si è chiuso il primo atto) che nel terzo diventa il “il coro dei bambini sul punto di nascere” con il quale da fuori scena si accompagna un doppio smagliante duetto. Rusalka, Feronia, l’Imperatrice (de “La donna senz’ombra”) Sneguročka (la fanciulla di neve) rinunciano a caratteristiche sovrannanutarali che le renderebbero immortali pur di potere essere mogli e madri. Il tema, pur in guisa di favola, si collega a quello del grande mistero della vita. Attuale nel dibattito etico e culturale, oltre che politico, come non mai in questo inizio di XXI Secolo.
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