VERTICE GRECIA/ I 3 possibili esiti (con relativi costi) della trattativa
Pubblicazione: lunedì 22 giugno 2015
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NEWS Economia e Finanza
Tra qualche ora, i Capi di Stato e
di Governo dell’eurozona terranno una riunione straordinaria per decidere se e
come risolvere il “pasticciaccio brutto” della Grecia, ornai da cinque anni al
centro dell’attenzione dell’Unione europea - un costo elevato di “distrazione”
da temi di maggior rilievo per il presente e il futuro dell’Unione medesima.
I prossimi esiti del vertice sono
tre: a) un accordo che, con una riduzione del debito greco e nuovi
finanziamenti europei, permetta ad Atene di fare fronte ai suoi impegni con il
Fondo monetario internazionale e gli altri, e consenta ai partner che la Grecia
effettuerà il “minimo sindacale” di riforme strutturali (ad esempio, in materia
di pensioni e di Iva, per permettere a tutti di salvare la faccia; b) un
ulteriore rinvio di qualche settimana nella speranza che l’accordo venga
finalizzato in luglio dato che ci sarebbero già gli elementi di base; c) una
rottura delle trattative con possibile uscita della Grecia dall’eurozona e
dalla stessa Ue.
Di queste ipotesi, quella indicata
in b) è la meno auspicabile: trascinerebbe il travaglio, pure sui mercati
finanziari, senza assicurare un’intesa duratura, data la esperienza degli
ultimi mesi (o peggio ancora dell’ultimo lustro). Quella in a) è auspicabile ma
poco realistica dato che ormai è difficile dire che tra la Grecia e i suoi
creditori ci sia il rapporto di fiducia minimo per poter lavorare insieme verso
obiettivi comuni. A mio avviso, l’ipotesi più realistica è c), anche
nell’eventualità che si cerchi di ritardare di qualche settimana la lacerazione
ufficiale e formale (e si chiarisca se uscita dall’Eurozona implichi pure uscita
dell’Ue).
Quindi, è utile esaminare i costi e
i benefici di quest’ultima ipotesi per le parti in causa. I leader greci amano
enfatizzare che i costi sarebbero molto più forti per l’Ue,e per alcuni Stati
creditori, che per Atene. Ma la minaccia, effettuata con toni terroristici, va
presa con le pinze. Indubbiamente, gli Stati che vantano crediti nei confronti
di Atene si troverebbero con carta straccia inesigibile : l’Italia avrebbe una
perdita secca alle ultime stime di 46 miliardi di euro - un enorme buco nei
conti pubblici. Per molti commentatori, però, il costo maggiore per l’Ue
sarebbe la perdita della sacralità dell’irreversibilità dell’euro.
Da mesi, su questa testata, ricordo
che la storia economica dimostra che nessuna unione monetaria è stata irreversibile,
neanche quella “dei Cesari” difesa dalle legioni romane. Anche come dimostra il
caso recente dell’East African Community, un’unione monetaria che perde una
ruota sgonfia (o la sostituisce) può essere più coesa e meglio funzionante.
L’Europa soprattutto non rischia un “effetto domino” come nel 2011,
quando la speculazione si accanì principalmente nei confronti di buoni del
Tesoro di Governi che avevano acquistato, negli anni precedenti, forti carichi
di derivati, ed era facilitata da due altre componenti quali la ripresa del
mercato azionario russo (che attirava capitali alla grande) e l’operazione di
ripulitura di “obbligazioni spazzatura” (in quello americano).
Da allora, poi, la Banca centrale
europea si è dotata di nuovi strumenti di intervento - quali il Qe
(Quantitative easing) e gli Omt (Outright monetary transactions) - che le
consentono d’acquistare alla grande titoli di Stato italiani, ad esempio, ove
la speculazione (come minaccia un Ministro greco) si accanisse nei confronti
nel nostro mercato. Inoltre, la European banking union (Ebu), anche se in
costruzione, è in buona parte partita. Ci sarebbero, però, effetti negativi
sull’economia reale: si spegnerebbero (speriamo solo temporaneamente) i barlumi
di ripresa dell’economia europea.
I costi graverebbero principalmente
sulla Grecia e sui greci. Il sollievo procurato da non rimborsare i creditori
sarebbe minimo e di breve durata, anche perché la Grecia, dopo il salvataggio
del 2011, paga interessi minimi e fruisce di periodi di ammortamento molto
lunghi. Il sistema bancario, tenuto in vita con misure di emergenza della Banca
centrale europea (Bce) nonostante la vera e propria fuga di capitali e depositi
in conto corrente, collasserebbe. Soprattutto, la sostituzione dell’euro con la
dracma, o con cambiali in simil-euro, comporterebbe una boccata di ossigeno di
breve periodo all’export (pari ad appena il 12% del Pil greco) e al turismo
(sempre che moti di piazza e disfunzioni varie non tengano lontani i turisti),
ma comporterebbe una svalutazione del 40-50% con una perdita fortissima del
tenore di vita di almeno tre quarti delle famiglie greche. Le quali potrebbero
voltare le spalle al Governo in carica - pur da loro eletto da pochi mesi. Il
tanto sperato “oro di Mosca” è una favola: la Federazione Russa ha subito una
massiccia svalutazione ed è tormentata da seri travagli interni. Al più darà al
Governo greco una medaglietta da cavaliere. Ci riflettano Tsipras e Varoufakis…
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