L’intesa è possibile superando lo scoglio
pensioni pubbliche
L’interesse degli speculatori 'puri' è l’aspetto più
inquietante e meno noto del negoziato in corso tra la Repubblica Ellenica e
quelle che i suoi leader chiamano 'le Istituzioni' (Banca centrale europea,
Commissione europea, Fondo monetario internazionale). Il gruppo di investitori
'contrarian', ossia controcorrente, guidato dall’americano Wilbur L. Ross jr –
noto per essere diventato multimiliardario (in dollari) tramite operazioni ad
alto rischio – ha investito 1, 4 miliardi di euro nella Eurobank Ergasias, la
terza maggiore banca del Paese, le cui azioni oggi sono considerate spazzatura
(nonostante alcune ardite operazioni contabili negli ultimi bilanci, ad esempio
considerare nel capitale anche sgravi fiscali futuri).
Ciò indica che, nonostante la trattativa sia giunta a un
punto considerato morto, ci sono speculatori disposti a puntare su una
conclusione positiva per fini puramente politici (non chiudere alla Grecia la
porta dell’eurozona). È uno scenario plausibile? Difficile dirlo. Da un lato,
l’andamento negli ultimi giorni del negoziato indica che mancano le condizioni
minime di fiducia reciproca per poter giungere ad un’intesa. Tra i tanti
segnali, il dissidio sulle pensioni: Tsipras accusa le Istituzioni di voler
costringere la Grecia a ridurre ulteriormente i livelli dei trattamenti più
bassi, mentre il documento proposto da Bruxelles (con la collaborazione di Washington
e Francoforte) chiede chiaramente di abolire privilegi (quali il pensionamento
a 55 anni per i dipendenti pubblici) eliminati da anni nel resto d’Europa (e
non solo).
Da un altro lato, un nuovo salvataggio europeo sarebbe molto
costoso e non avrebbe risultati positivi se non accompagnato da un vero
programma di modernizzazione del Paese. Tsipras è stato molto chiaro: Atene
chiede che il debito venga dimezzato (solo all’Italia ciò costerebbe 20
miliardi di euro) e che venga attivato un nuovo flusso di capitali per
sostituire quelli che sono scappati e indurre alcuni a ritornare. Ciò vorrebbe
dire per l’Italia almeno altri 20 miliardi di euro. Alle richieste aggiunge
minacce: se la Grecia è costretta a lasciare l’eurozona, la speculazioni
internazionale si accanirebbe sull’Italia. Il ministro dell’Economia e delle
Finanze, Pier Carlo Padoan, ha già replicato. Una risposta, però, che ha fatto
perdere alla Grecia un possibile mediatore con le Istituzioni e il resto dei
Paesi dell’eurozona. In effetti sarebbe fattibile ridurre (non dimezzare) il
debito e fornire nuovi finanziamenti, ma unicamente sulla base di un programma
ben congegnato e ben monitorato. Alla domanda se si è pronti a morire per Atene
così come in altri tempi ci si detti disposti a morire per Danzica, la
maggioranza degli europei – dicono tanti sondaggi – risponde con un secco 'no'.
Giuseppe Pennisi
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