Il Fondo monetario s’interroga sulla Ue
del decennio perduto
L’Europa potrà uscire dal 'decennio perduto' di crescita
vicina alle zero, produttività mediamente bassa, bolle speculative e crisi
bancarie, nonché, specialmente nella fascia di Paesi meridionali,
disoccupazione crescente? Sono domande che si poniamo in molti, ma è di rilievo
che ora se le ponga anche il Fondo monetario internazionale in due saggi in
uscita sulla sua 'Economic Review'. Il primo è un lavoro di due economisti di
origine asiatica con importanti cattedre alla University of California a San
Diego ed alla Booth School della University of Chicago ( Takeo Hoshi e Anil K.
Kashyao) e riguarda in particolare cosa l’Europa possa imparare dall’esperienza
giapponese per uscire dal decennio perduto. Il secondo saggio è di un
economista di origine asiatica ed uno americano (Anusha Chari e Peter Blair
Henry), anche loro ordinari in università di prestigio (University of North
Carolina e New York University). Utilizzando strumenti differenti giungono a
conclusioni molto simili: non solo numerosi Paesi europei sono stati e sono
lenti nell’affrontare i loro problemi strutturali, ma la politica monetaria
europea è stata «inadeguata». Il modo con cui questa conclusione viene
formulata non è necessariamente una critica alla Bce guidata oggi da Mario
Draghi. È, invece, un rilievo nei confronti di coloro i quali – all’interno
della Bce e soprattutto al di fuori (ricorsi alla Corte suprema tedesca e da lì
alla Corte di Giustizia Europea – hanno frenato una politica più espansionista
con strumenti innovativi quali le Outright Monetary Transactions (OMTs) e
l’allentamento quantitativo (Quantitative Easing). I rilievi riguardano anche i
governi per la loro scarsa tempestività nell’affrontare (e risolvere) le crisi
bancarie e per i tempi biblici nella costruzione dell’Unione bancari.
Dei due lavori il primo è particolarmente severo nei
confronti di Francia, Italia e Spagna per i ritardi nelle ricapitalizzazioni bancarie
e nella tempistica delle riforme. Il secondo punta sulla politica monetaria
'stop-and-go' nell’Eurozona: una fase espansiva nel 2008-2009 come reazione
alla crisi, seguita nel 2010 da una politica fortemente restrittiva che ha
confuso i mercati innescando la recessione. Duro il confronto con i Paesi
asiatici: dopo la crisi del 1997-98 , mantennero una politica monetaria
«accomodante» (tale, dunque, da stimolare la crescita) . Prima delle rispettive
crisi, la differenza tra il tasso di crescita dell’Asia e dell’Europa
meridionale era di 4,21 punti percentuali, ma è cresciuto 7,18 punti
percentuali. Una politica più graduale di consolidamento della finanza pubblica
avrebbe stimolato maggiori crescita dei GIIPS - Grecia, Italia, Irlanda,
Portogallo, Spagna, con particolare beneficio soprattutto per la prima.
Giuseppe Pennisi
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