sabato 13 giugno 2015

Tutte le affinità tra Mafia capitale e scandalo Enron in Formiche 13 giugno



Tutte le affinità tra Mafia capitale e scandalo Enron
13 - 06 - 2015Giuseppe Pennisi Tutte le affinità tra Mafia capitale e scandalo Enron
I cronisti lavorano e vivono per l’immediato. Quindi, hanno la memoria corta. Chi si ricorda dello ‘scandalo Enron’ scoppiato nel dicembre 2001? Fu la più grave bancarotta fraudolenta Usa, sino ad allora, per ben 63,4 miliardi di dollari (superata successivamente da quelle di Worldcom nel 2002 e di Aig nel 2008).
Lo scandalo mise alla luce non solo il malaffare ma anche problematiche connesse con l’introduzione della new economy basata su tecnologia dell’informazione e della comunicazione e su ‘capitale immateriale’. E complicità dei ‘controllori’.
Vennero comminate pene esemplari: il presidente Kenneth Lay fu condannato a 45 anni di carcere e 90 milioni di multa (morì in prigione il 5 luglio 2006); l’amministratore delegato Jeffrey Skilling ebbe una condanna a 24 anni e 4 mesi. Pagarono anche i revisori dei conti: la società Arthur Andersen fu dissolta.
Il Congresso approvò nel luglio 2002 la legge Sarbanes-Oxley con la quale fu riscritto parte del diritto commerciale americano. La legge impone una maggiore trasparenza nei bilanci e una responsabilità personale più stringente degli amministratori. Le società di certificazione non possono più fornire altri servizi a pagamento in parallelo con la revisione dei conti. Allora gli economisti stimarono, con un’attenta strumentazione econometrica, che il danno reputazione al settore dell’alta tecnologia (nell’epoca) era pari a 18 volte il danno finanziario agli azionisti.
C’è più di un parallelo tra la vicenda di Enron (e quelle, ad essa simili, di Worldcom e Aig) con la saga, ancora in corso, di Mafia Capitale. Si tratta di grandi truffe perpetrate ai danni di azionisti e di cittadini con vaste complicità di chi aveva il compito precipuo di controllare (collegio sindacale, revisori dei conti, dirigenti e funzionari pubblici, politici di vari partititi e dei più variegati colori).
L’affinità principale è nel danno reputazionale pari ad un multiplo di quello finanziario. Il danno è tanto più grave in quanto colpisce in un momento in cui il Giubileo straordinario indetto da Papa Francesco pone Roma al centro dell’attenzione mondiale. Inoltre, parte della maxi-truffa riguarderebbe l’alloggio ed il cibo dei migranti, tema che l’Italia ha posto al centro dell’attenzione dell’Unione Europea (UE), chiedendo aiuto; ciò fa inevitabilmente cassa di risonanza in Europa. Non facciamoci illusioni: per fortuna, non tutto il marciume resocontato (come doveroso) sulla stampa italiana, ed in particolare su quella di Roma capitale, viene ripreso dai maggiori giornali stranieri, con il fiume in piena di nuovi dettagli disponibili quasi ogni giorno.
Dalle corrispondenze naturalmente sintetiche si evincono  questi elementi: a) da decenni la capitale d’Italia è governata da sindaci che non si accorgono (o fanno finta di non accorgersi) di una vastissima rete di malaffare nei settori più sensibili; b) il coperchio non è stato scoperchiato dal sindaco in carica ma dalla magistratura; c) un movimento trasversale chiede le dimissioni del sindaco e nuove elezioni, ma il principale partito di Governo (PD) non le concede perché teme il voto popolare ed il suo alleato è alla prese con problemi giudiziari; d) la Santa Sede, interessata al buon andamento del Giubileo, avrebbe fatto chiaramente intendere che almeno l’Anno Santo venga ‘scorporato’ dalle competenze e dalla gestione dell’attuale amministrazione capitolina.
Naturalmente, l’immagine dell’Italia esce gravemente ferita. Il Presidente del Consiglio, che intendeva chiedere ‘flessibilità all’UE nell’attuazione dei parametri del Trattato di Maastricht e del Fiscal Compact, ha poche frecce nel suo arco. Il danno reputazionale è ormai fatto. Ne avrebbe, però, qualcuna di più se, come avviene in tutto il molto ad alto reddito, il sindaco di Roma facesse un passo indietro e si tornasse al popolo elettore per scegliere a chi affidare il governo della Capitale.
Nicola Zingaretti e Ignazio Marino
Matteo Renzi e Ignazio Marino
Matteo Renzi e Ignazio Marino
Ignazio Marino e Nicola Zingaretti
Ignazio Marino
Ignazio Marino
Nicola Zingaretti e Ignazio Marino
Matteo Renzi e Ignazio Marino
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Ignazio Marino
Ignazio Marino
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