BOB DYLAN/ Terme di Caracalla: i messaggi che soffiano nel vento
Pubblicazione: mercoledì 1 luglio 2015
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NEWS ROMA
Si è tenuto alle Terme di Caracalla
di Roma il secondo dei quattro concerti in Italia previsti in questo tour del
settantaquattrenne cantautore americano. Ero nell’affollatissima cavea (circa
4000 persone perché, oltre ai 3700 posti regolarmente previsti nell’anfiteatro
delle Terme, erano state disposte file di poltrona in quella che normalmente è
la buca d’orchestra). Tutti entusiasti (numerosi gli appassionati e gli scritti
ai veri club intitolati a Dylan). Nel pomeriggio, si è temuto un temporale
(forse scioltosi altrove). Invece Roma si è presentata in tutto il suo
splendore: cielo azzurro stellato, luna ridente, venticello da ponente. Quasi,
volesse accogliere Dylan con la sua veste migliore.
Come mai un chroniqueur che
normalmente segue opera lirica, e sinfonica oppure la contemporaneità più
sfrenata, si interessa ad un cantante pop folk del mid-West americano?
In primo luogo ho vissuto a Washington per oltre tre lustri. In secondo luogo,
sono di circa un anno più giovane di Dylan. Quindi la mia vita negli Stati
Uniti ha coinciso con quella in cui Dylan era diventato un personaggio
pubblico: la sua voce contrappuntava le manifestazioni per i diritti civili e
per la fine della guerra in Vietnam (dalla marcia al Pentagono di un milione di
studenti nell’ottobre 1966 al ‘maratoriun’, lunga sfilata di 40.000 persone
dalla Casa Bianca al Congresso nel 1969). Avrei amato ascoltare parte di quelle
canzoni (ad esempio quelle dell’album Bringing it Back Home, di cui ne
ha fatta una sola, She Belongs to Me) che forse dicono molto poco al
pubblico internazionale ma hanno un gran significato per chi ha vissuto,
sofferto e gioito nell’America di quegli anni.
Altro aspetto importante,
probabilmente ignoto a gran parte del pubblico osannante a Roma (e di coloro
che assisteranno ai concerti di Lucca e Torino) è la spiritualità di Dylan.
Pochi sanno che il cantante è stato in vari momenti della sua vita anche
scrittore, poeta e pittore - un intellettuale a tutto tondo anche se ha
lasciato incompiuti gli studi universitari. Nonostante le sue origini ebraiche,
nel corso degli anni si è avvicinato alla fede cristiana: molto interessante a
riguardo il libro di Michael J. Gilmore The Gospel According to Bob Dylan:
the Old,Old Story for Modern Times (Westminster John Knox Press), in cui si
analizza la ‘svolta’ verso un cristianesimo sempre più spirituale tramite le
referenze bibliche nelle sue canzoni.
Il terzo aspetto è la vocalità; a
differenza di altri, penso a Placido Domingo che esibisce una vocalità ormai
sgangherata, Dylan è passato da tenero lirico a baritono mantenendo un’ottima
impostazione, un fraseggio impeccabile, un legato magistrale. Ha sempre cantato
con il microfono, quindi senza lo sforzo richiesto a chi canta senza
strumentazione elettronica. Ciò nonostante, questi esiti indicano grandi
capacità nel gestire la propria voce.
Infine, il pop folk ascoltato
a Caracalla con anche cenni alla chanson francese, indicano
quella fusione tra vari generi a cui sta tornando la musica dell’avvenire. La
fusione tra vari generi è stata la caratteristica per secoli, ove non per
millenni, sino alla separazione nel Settecento. In particolare, nella Londra di
Händel e di Haydn, dove tranne che nel teatro di corte, la musica operava su
base commerciali, i grandi castrati (che andavano per la
maggiore) erano molto simili ai cantautori attorno ai quali si
costruiva uno spettacolo o un concerto. Lo è parimenti in altri continenti: si
pensi alla zarzuela latino americana od all’espansione della
domanda musicale in Asia dove la musica occidentale degli ultimi tre secoli
coesiste e coabita con quella locale, antica, moderna e contemporanea. Un
esempio recente: quando (2014) in Bhutan è stata allestita per la prima volta
un’opera occidentale (Aci e Galatea di Händel) la rappresentazione,
con la Regina tra il pubblico, ha avuto luogo nel cortile-giardino di una
scuola secondaria e la partitura è stata interpolata con musiche e danze
tradizionali per far sì che un lavoro di un compositore sassone del 1717 – 19
per il Duca di Chandos, tratta da un mito greco avesse un significato ed un
messaggio per un popolo ed una società dell’Himalaya .
Questi messaggi si traggono dai
concerti di Dylan.
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