Verdi
“liberale” attraverso Shakespeare
04 - 11 -
2013Giuseppe Pennisi
L’ 8 novembre inizia a Ravenna – dove, come a
Salisburgo, il festival dura tutto l’anno – la trilogia delle opere di Verdi
(Macbeth, Otello, Falstaff) tratte da lavori teatrali di Shakespeare. Tre cicli
verranno presentati al Teatro Alighieri della città romagnola e due al Teatro
Municipale di Piacenza. Una o due delle tre opere andranno nel “circuito
toscano”, a Ferrara ed a Savona. In altra sede, ci siamo occupati delle
caratteristiche del progetto: unica regia, unico maestro concertatore, un
orchestra giovane e solisti giovani. Dopo il primo ciclo, recensiremo i
risultati sotto il profilo musicale e drammaturgico.
In questa sede, credo sia importante trattare di un
tema poco all’attenzione dei musicologi: la trilogia è uno strumento rivelatore
dell’animo “liberale” di Verdi, anche in quanto si articola sull’arco di tutta
la sua vita adulta, del 1847 (prima di Macbeth al Teatro alla Pergola a
Firenze) al 1893 (prima di Falstaff alla Scala). Alcuni anni fa, in un saggio
pubblicato su La Nuova Antologia, ho dimostrato, sulla base dell’epistolario
verdiano e delle sue opere musicale, come il compositore (a differenza ad
esempio di Wagner in Italia) abbia poco partecipato al movimento di unità
nazionale – a cui ha dedicato una sola opera, La Battaglia di Legnano del 1849
commissionatagli dalla breve Repubblica Romana. In altro, sempre su La Nuova
Antologia, mi sono soffermato come la paternità fosse tema centrale delle sue
preoccupazioni e del suo lavoro. Distante dalla politica politicante del
Risorgimento (per quanto svogliato Senatore del Regno), preso da problemi molto
personali, Verdi, pur fedele suddito (di volta in volta) di Maria Luigia di
Parma e Piacenza, del governatore del Lombardo Veneto e del Regno d’Italia,
aveva forti sentimenti liberali.
Il rapporto con Shakespeare è rivelatore. E’ noto che,
per quanto di limitata istruzione formale (a ragione delle povere condizioni
della sua famiglia), Verdi avesse sempre le opere di Shakespeare (in
traduzione) a portata di mano e che uno dei suoi desideri non soddisfatti fosse
la messa in musica di Re Lear.
Cerchiamo di situarci nell’Italia dell’epoca. Il
saggio di Leonardo Bragaglia Shakespeare in Italia – Personaggi ed interpreti
Fortuna scenica del teatro di Shakespeare in Italia 1792 – 2005 prova che il
bardo di Stratford-upon .Avon si affermò nei teatri italiani solamente a fine
Ottocento. In primo luogo, in Italia il teatro era principalmente musicale; la
prosa era in gran parte dialettale o comica anche se tragedie come quelle di
Vittorio Alfieri avevano un loro pubblico tra i ceti colti’. In secondo luogo,
in Italia on c’era un Edmund Kean che fece la fortuna sulle scene inglesi
all’inizio dell’Ottocento od un Frederick Lemaitre che più meno nello stesso
periodo ebbe esiti analoghi i Francia. In terzo luogo, le tragedie di
Shakespeare avevano tutti gli ingredienti per non piacere affatto alle censure
di gran parte degli Stati e statarelli della Penisola: regicidi, adulteri,
tradimenti, postriboli, sangue a iosa. E, soprattutto, il forte spirito
liberale che si respirava nella Gran Bretagna elisabettiana dove si permetteva
al giovane Marlowe di mettere in scena lavori di chiaro contenuto omosessuale.
Un saggio recente di Philip Gosset dell’Università di
Chicago (a lungo nel “direttorio” del Rossini Opera Festival) sottolinea come
Verdi seppe comprendere Shakespeare meglio, ad esempio, di Gounod e di Thomas
ma non sottolinea che i due compositori francesi avevano il Secondo Impero nel
loro DNA, mentre Verdi si era accostato al liberismo degli ‘illuministi
settentrionali’ ed anche per questo motiva era anti-clericale ed anti-politico.
In Macbeth i personaggi di Malcolm e Macduff sono
liberali nella lotta contro l’usurpatore e per il ripristino delle regole. Lo
stesso Macbeth è un ‘liberale’ all’incontrario, portato ai delitti dalla moglie
e dalle streghe che fanno perno sulla brama di potere, appare apprezzato (in
quanto rispettose delle regole del Regno di Scozia) dai propri sudditi.
In Otello il dramma è imperniato sulla discriminazione
nei confronti del “moro” (come ne La Forza del Destino su quella contro il
‘meticcio’ Alvaro). Un eroe liberale – quello dell’Esultate! per avere
sconfitto l’avversario – viene roso, e distrutto, dal mondo illiberale che lo
contorna.
Falstaff è una riflessione liberale sull’esistenza di
un ottantenne il quale conclude che Tutto il mondo è una burla! Ora
corriamo a Ravenna a verificare se la regista ha posto l’accento su questo
tratto.
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