Che cosa si è detto in Bankitalia della legge di stabilità e delle banche italiane…
La mattina del 13 novembre, la sala dell’emeroteca – dove
abitualmente si tengono i seminari organizzati dalla Banca d’Italia –
era più affollata del solito. Un panel di specialisti discuteva il rapporto del
Fondo monetario internazionale (Fmi) sulla stabilità del sistema finanziario
italiano in base di una relazione di Dimitri
Demekas, vice direttore del Dipartimento “Moneta e Mercato dei
Capitali” del Fmi e principale responsabile del documento.
IL SILENZIO E’ D’ORO, PERO’…
I seminari della Banca d’Italia si svolgono con le regole di
riservatezza di Chatham House. Quindi non sarebbe appropriato divulgare i
contenuti del seminario cui partecipavano, come panelist, alti funzionari della
Banca medesima e del Tesoro, nonché esponenti del mondo accademico. Molti
dirigenti e funzionari dell’istituto di emissione, di banche e delle università
che sono intervenuti nel dibattito che ha seguito la relazione di Demekas e un
primo giro di commenti. Un resoconto puntuale della mattinata, in ogni caso,
poco interesserebbe i lettori per due motivi: a) una parte significativa della
discussione è stata di natura tecnico-professionale; b) gli addetti del
mestiere conoscono il documento in quanto le analisi sono state effettuate la
primavera scorsa ed il rapporto Fmi è disponibile da tempo sui siti web del
Fondo e del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
LE NOVITA’ RISPETTO AL DOCUMENTO DEL FMI
Perché tornare oggi sul testo (leggermente aggiornato nella
relazione di Demekas)? Per gli interessati la discussione del documento con un
panel qualificato (e con il suo principale estensore) rappresenta comunque
un’importante occasione di approfondimento professionali. Per gli altri,
rileggere il documento Fmi oggi getta una luce interessante sulla legge di
stabilità in discussione al Senato. Non c’è ovviamente un nesso formale
diretto. Ce n’è, però, più di uno contenutistico. E si tratta di legami importanti.
ELOGI E PERPLESSITA’ CONTENUTI NEL RAPPORTO DEL FMI
Occorre precisare che il lavoro si riferisce al “rischio
sistemico” secondo una metodologia ferrata ed applicata da anni. Non è una
ricerca di strade innovative sul tipo di quella che all’interno del Fondo
stanno, ad esempio, conducendo – proprio sull’area dell’euro – Dominic Quint e
Paul Rabanal
(si veda il loro lavoro IMF Working Paper N0. 13/209 on line dal
12 novembre). Per “rischio sistemico” si intendono i rischi nel settore
finanziario in un’ottica di cerca 24-36 mesi con attenzione speciale alla
situazione di capitalizzazione, alla rete di tutela, alla vigilanza. In questa
ottica, il documento riconosce che quasi tutte le banche italiane (tranne una,
tra quelle di maggior rilievo) hanno aumentato la loro dotazione in capitale
senza far ricorso all’aiuto pubblico (come avvenuto in molti altri Paesi
dell’area dell’euro), sostiene (anzi elogia) gli interventi della Banca
centrale europea (Bce), evidenza perplessità su alcune caratteristiche molto “nostrane”
come le fondazioni e le banche popolari ed è sostanzialmente rassicurante in
merito sia alla qualità della vigilanza esercitata dalla Banca d’Italia sia
alle prospettive per il futuro.
I DUE TEMI CLOU
Emergono, però, due temi (quasi più dalla discussione che dal
documento Fmi):
a) il rischio “sistemico” del sistema finanziario italiano
dipende, da un lato, dalla situazione “debole” delle imprese e, dall’altro, dal
debito sovrano (che le banche hanno in pancia) e dalla sua valorizzazione. Una
legge di stabilità che poco o nulla sembra fare per la crescita (ed ancor meno
per la riduzione del debito) non ha l’effetto collaterale di aumentare invece
che diminuire tale rischio?
b) se la Vigilanza stile Bankitalia è di alta qualità, come
assicurare che non venga diluita quando verrà “europeizzata” (dato che gli
esempi di Francia e Spagna, nonché della stessa Germania sembrano meno positivi
di quello “nostrano”)?
Che ne pensano i lettori di Formiche.net?
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