lunedì 4 novembre 2013

Il travaglio delll'eurozona visto dall'Asia in Formiche mensile novembre

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OEconomicus
di Giuseppe Pennisi
Consigliere del Cnel e docente
presso l’Università europea di Roma
Nel luglio 2012, in questa rubrica,
abbiamo esaminato i “danni
collaterali” dell’eurozona in crisi,
soffermandoci sulle implicazioni per
Paesi associati all’Unione europea
o comunque dipendenti da scelte
di politica economica (e soprattutto
monetaria) su cui non hanno modo
di influire. Il travaglio dell’eurozona
ha un’altra serie di implicazioni, a
cui si dà, a mio avviso, poca attenzione
da parte dell’Ue ma che
riguarda l’area più dinamica del
mondo (il bacino del Pacifico) in cui
il vostro chroniquer ha lavorato per
diversi anni. Soprattutto interessanti
le reazioni dei Paesi dell’Asean
Plus Three, come vengono chiamati
in gergo: l’Asean (Associazione
delle nazioni del sud-est asiatico)
composta da Brunei, Cambogia,
Filippine, Indonesia, Laos, Malaysia,
Myanmar, Singapore, Thailandia e
Vietnam, con l’aggiunta della Cina
Popolare, della Corea del Sud e
del Giappone). L’Asean ha visto
per anni l’Ue come una sorella
maggiore, da imitare sotto il profilo
dell’integrazione economica. Prima
della “crisi asiatica” del 1997-98
(una crisi di debito a breve termine
sia pubblico sia privato), è stata
creata, nel 1992, una tariffa “preferenziale”
comune per gli scambi
all’interno dell’area, da estendere
agli altri tre Paesi associati e diventare
potenzialmente il più vasto
mercato unico del mondo. Tra il
1999 e il 2001, l’Asean si è molto
rivolta all’Europa per esaminare
tematiche specifiche quali la messa
in atto di una rete di tutela sociale
per i più poveri, ossia le categorie
maggiormente afflitte sia dalla crisi
sia dalle politiche di riassetto strutturale
per tornare a essere solvibili
e competitivi. Un gruppo di lavoro di
una struttura chiamata Asem (Asia
Europe meeting) ha tenuto una delle
sue riunioni più importanti proprio
in Italia, nella Reggia di Caserta. In
parallelo, un altro gruppo di lavoro
seguiva con attenzione l’evoluzione
in campo finanziario e monetario. In
Europa pochi conoscono la Chiang
Mai initiative (Cmi, dal nome del
luogo di un vertice Asean nel marzo
2010) che ha dato vita a una
rete di accordi bilaterali in materia
di tassi di cambio e di sostegno
finanziario reciproco in gran misura
modellata sugli accordi di cambio
europei (giornalisticamente chiamato
lo Sme). Uno studio di un
economista asiatico di spessore,
Pradumma B. Rana, pubblicato nel
2002 (Monetary and financial
cooperation in east Asia: the
Chiang Mai initiative and beyond)
preconizzava un’evoluzione su un
percorso analogo a quello che aveva
portato al Trattato di Maastricht
e alla moneta unica, mostrata
come una win-win solution. Ancora
nel 2009 una raccolta di saggi curata
da Michael Plummer e da Chia
Siow Yue per conto dell’Institute of
southeast asian studies, con sede a
Singapore (Realizing the Asen economic
community: a comprehensive
assessment) poteva sembrare
come un programma dettagliato per
andare oltre il mercato unico e verso
un’integrazione finanziaria. Oggi
il clima è ben differente. Un lavoro
di Robert Owen dell’Adb Institute,
Adbi, con sede a Tokyo (Governance
and economic integration - Stakes
for Asia) mostra perplessità.
Ancora più severo uno dei maggiori
specialist d’economia internazionale,
Robert Baldwin dell’Università
di Ginevra: nel libro Lessons from
european spaghetti bowl afferma
chiaro e tondo che l’esperienza europea
non è trasferibile altrove ma
che è meglio non tentare di farlo.
Vista dai centri di ricerca asiatica,
l’eurozona è nata male e rischia di
finire peggio. Sotto il profilo strettamente
tecnico monetario, il Trattato
di Maastricht viene rifatto “a pezzi
e bocconi” senza un disegno comprensibile
su dove si voglia andare
a parare. Ancora più inquietante
l’economia reale: le differenze tra
Paesi ricchi e Paesi poveri sono
aumentate, non diminuite. Al posto
dell’auspicata convergenza c’è stata
una marcata convergenza. In un lavoro
recente (Asean’s new frontier:
integrating the newest members
into Asean economic community in
Asian economic policy review Vol.8,
2013) Richard Pomfret, ora all’Università
di Adelaide, ma a lungo a
Bologna con grande dimestichezza
con il nostro Mezzogiorno, sostiene
che se l’area si integra ancora di
più il Vietnam, il Laos, il Myanmar
e la Cambogia avranno il miraggio
dello sviluppo, ma si impoveriranno
ancora di più.
Il travaglio dell’eurozona
visto dall’Asia

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