Il
Trovatore cinese che entusiasma Roma
26 - 11 - 2013Giuseppe Pennisi
Nella lunga notte in cui i sindacati del Teatro dell’Opera ed il
sindaco di Roma hanno negoziato l’accordo che ha permesso alla fondazione
lirica il 27 novembre con Ernani di Giuseppe Veri, nell’auditorium di
Via della Conciliazione circa 2000 romani assistevano alla seconda replica del
lavoro verdiano più vicino a Ernani, Il Trovatore.
Una grande idea anche perché Ernani venne commissionata dal Teatro
La Fenice (allora istituzione del Lombardo Veneto) dove ebbe la prima
esecuzione il 9 marzo 1844, Il Trovatore è opera romana per eccellenza ;
ebbe la prima al Teatro Apollo a Tor di Nona (ora ricordato da una stele) il 19
gennaio 1853 in una città che era la capitale dello Stato Pontificio ma che
ribolliva di sentimenti risorgimentali e dove Verdi aveva messo in scena La
Battaglia di Legnano scritta e composta su commissione della breve Repubblica
Romana. Una grande idea, quindi, della Fondazione Roma Arte – Musei che
sostiene l’Orchestra Sinfonica di Roma.
Prima di parlare degli aspetti di questo Trovatore, è utile
fare qualche riflessione sull’opera, la seconda della cosi detta “trilogia popolare”
verdiana. Pochi sanno che Il Trovatore è la prima opera di Verdi
che non nasce in seguito ad una commissione di un teatro o di impresario ma
dalla sua volontà di tradurre per il teatro in musica il romanzo di Gutierrez
(autore che ispirò anche Simon Boccanegra); lo sottolinea acutamente il
musicologo francese Jacques Bourgois in una massiccia biografia del
compositore (introvabile in Italia).
Fu poi proprio Verdi che insistette perché l’opera venisse
accettata dal Teatro Apollo a Tor di Nona di Roma. Una vera e propria
provocazione. La censura papalina, ottusa come tutte le burocrazie, non si
accorse di ciò che bolliva in pentola. Ho ritrovato una lettera di Verdi
inviata da Parigi il 14 luglio 1849 (pochi giorni dopo la fine della Repubblica
Romana mazziniana) a Vincenzo Luccardi in cui Verdi parla della
“catastrofe di Roma”. Portare nella capitale dello Stato Pontificio, il 19
gennaio 1853, una fosca vicenda di amore, guerra e morte in un’incredibile
Spagna medioevale voleva dire parlare di rivoluzione e risorgimento a coloro
che per la Repubblica Romana avevano combattuto e sofferto. Sotto questo
aspetto, dopo avere messo a nudo la politica in Luisa Miller” e spogliato il
potere con Rigoletto, Verdi andava dritto al cuore del movimento di unità nazionale
del Risorgimento (pur utilizzando un apologo su un’astrusa vicenda di scambi di
infanti in fasce, stregoneria, duelli tra fratelli ).
Un po’ come aveva fatto, in Francia, Victor Hugo con Hernani. Per
questo motivo ha ragione il musicologo Carlo Casini nel dire che Il
Trovatore è “una chiave di volta tra le opere di Verdi”. Casini
ne sottolinea “l’eccesso di rilievo sottolineato alla musica” – a differenza di
Massimo Mila che ne vede “alti e bassi sconcertanti” -. A mio avviso, non è
solo una chiave di volta musicale (senza aver in testa Il Trovatore, Verdi non
avrebbe dato a “Rigoletto”, commissionatogli da La Fenice, l’impianto musicale
che ha avuto) ma anche nel ruolo politico di Verdi nel movimento di unità
nazionale. Non per nulla Il Trovatore apre la porta a Les Vêpres Siciliennes –
opera chiaramente e decisamente patriottica.
Una notazione. Il carattere rivoluzionario de Il Trovatore
richiede anche una lettura musicale differente da quella, “belcantistica”,
spesso presente nei teatri italiani nella malintesa interpretazione dell’opera
come un momento di passaggio dal melodramma donizettiano a quello della
maturità verdiana.
Questo è il secondo colpo d’ala della produzione vista ed
ascoltata a Roma. E’ frutto della collaborazione tra l’Orchestra Sinfonica di
Roma (ormai annoverata tra le principali orchestre europee) e la China National
Opera House (CNOH) che opera a Pechino dal 1942 in un teatro di circa 2400
posti, ha una compagnia di canto, un coro ed un’orchestra , un repertorio
stabile di una trentina di opere a cui ogni stagione ne aggiunge alcune nuove e
d effettua frequenti tournée. La CNOH è concepita per il teatro in musica
occidentale (o cinese in stile occidentale) non per l’opera tradizionale
cinese.
Già l’anno la Fondazione Roma Arte Musei e l’Orchestra Sinfonica
di Roma portarono nella capitale un’incantevole Turandot . Un conto un’opera
del Novecento ambientata, come precisa il libretto, ‘nella Cina dei tempi delle
fiabe’ . Un conto portare Il Trovatore a pochi passi da dove ebbe la prima.
Inoltre, mentre nel 2012 si trattò di una trasferta completa (e Turandot venne
presentata in forma scenica con anche l’orchestra proveniente da Pechino),
quest’anno Il Trovatore è stato prodotto in forma semi-scenica con coro
ed interpreti della CNOH, ma orchestra della Sinfonica di Roma concertata dal
maestro Yu Feng. Alcune notazioni:
- La capacità di Yu Feng e dell’orchestra romana di fare
sentire le complesse tinte della partitura.
- L’esecuzione melodrammatica (tale da fare sentire i percorsi futuri di Verdi) e non ‘belcantistica’, ossia rivolta al passato.
- La bravura degli interpreti (Ruan Yaquin- Leonora-, Yang Guang – Azucena, Li Shuang- Manrico, Wang Haitao, Il Conte di Luna) e dei caratteristi, tutto (coro compreso con una perfetta dizione in italiano). Meritatissimo il quarto d’ora di ovazioni.
- L’esecuzione melodrammatica (tale da fare sentire i percorsi futuri di Verdi) e non ‘belcantistica’, ossia rivolta al passato.
- La bravura degli interpreti (Ruan Yaquin- Leonora-, Yang Guang – Azucena, Li Shuang- Manrico, Wang Haitao, Il Conte di Luna) e dei caratteristi, tutto (coro compreso con una perfetta dizione in italiano). Meritatissimo il quarto d’ora di ovazioni.
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